CIRCOLI DI VITA NO-PROFIT: LA STRETEGIA DELLE API CONTRO QUELLA DEI RAGNI

All’inaugurazione del Circolo Vita di Messina (di cui abbiamo già scritto: http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=74090&idsezione=4 l’intervento principale, dal punto di vista dei contenuti legati al tema: “Del cooperare… tra inclusione sociale e sviluppo sostenibile”, è stato quello del prof. Stefano Zamagni, il quale ha esordito elogiando l’evento organizzato dalla dott.ssa Furnari per aver fatto sì che tanti rivoli sociali confluissero in un’unica iniziativa. Il prof. Zamagni ha introdotto la sua relazione richiamando un saggio, poco conosciuto in Italia, di Alexis De Tocqueville dal titolo: “Memoria sulla povertà”. In tale saggio il filosofo francese osserva che i modi di fare beneficienza, sviluppati dall’uomo per alleviare il dolore della società, sono due: “attraverso mezzi propri”, questa modalità “il cristianesimo l’ha fatta diventare una virtù divina e l’ha chiamata carità”, oppure attraverso una “meno istintiva, più razionale, meno entusiasta, spesso più potente” azione “prodotta e regolarizzata dalla società”.
Si tratta di due modi di fare beneficienza che non sono alternativi, bensì complementari e ugualmente importanti. Se però, come suggerisce il filosofo francese, «dobbiamo occuparci con maggiore attenzione della seconda modalità, allora dobbiamo innanzitutto aver chiaro – avverte il prof. bolognese – che ogni società normale è divisa in tre principali sfere: sociale, politica ed economica e che queste tre sfere, a differenza della pre-modernità quando risultavano fuse l’una con l’altra, nella modernità sono state separate col risultato che il loro significato è stato sminuito. Per cui noi oggi identifichiamo la sfera economica con il mercato, la sfera politica con le istituzioni politiche e la sfera del sociale solo ed esclusivamente con gli ultimi della società». Una tale «riduzione e separazione delle tre sfere oggi rappresenta un grave problema poiché la crisi che stiamo attraversando – spiega Zamagni – sta facendo transitare il mondo dall’era moderna a quella post-moderna e noi purtroppo stiamo entrando in questa nuova fase con una mentalità vecchia. L’equivoco generato dalla separazione delle tre sfere ci farà soffrire ancora per molto tempo». Attenzione però che «per uscire da quest’equivoco – continua Zamagni – non bisogna tornare a unire le tre sfere, è invece necessario perseguire la strategia della complementarizzazione e il soggetto storico che può perseguire e realizzare tale strategia è l’imprenditore sociale». Per Zamagni, dunque, il fattore innovativo nel passaggio tra modernità e post-modernità è l’imprenditore sociale, in quanto «la post modernità non sa più cosa farsene dell’operatore sociale, mentre ha bisogno dell’imprenditore sociale. L’impresa sociale però non può e non deve essere considerata come una strategia redistributiva della ricchezza perché, anche se può suonare strano, l’impresa sociale è produttrice di ricchezza».
A chi obietta che l’imprenditore sociale ha difficoltà a reperire risorse, Zamagni risponde: «Mi chiedo come si possa sostenere che non vi siano risorse! Pensiamo al numero di risorse umane disponibili che potrebbero tranquillamente svolgere dei lavori utili e che invece rimangono improduttive, come disoccupati, anziani e affetti da handicap non gravi; pensiamo alle innumerevoli risorse pubbliche come gli edifici pubblici, i beni culturali e altro che si preferisce far marcire piuttosto che utilizzarli destinandoli al no profit; si pensi soprattutto alla risorsa rappresentata dalla cultura d’impresa: sono molti gli imprenditori desiderosi di collaborare e di esprimere una diffusione di competenze verso le altre sfere della società».
Ascoltando il prof. Zamagni il dubbio dal quale si viene subito colti è che si possa trattare di un bel libro dei sogni difficile da concretizzare e applicare. Anche se per «realizzare tutto quanto ho appena esposto – chiarisce Zamagni – non c’è bisogno di inventarsi chissà cosa, bisogna solo cambiare modo di vedere la realtà e prendere consapevolezza che la logica della separazione delle tre sfere è stata superata. Noi Italiani possiamo farcela meglio di altri, perché siamo stati noi a inventare tutte le forme di welfare realizzate nella storia. Oggi anche l’Europa si sta muovendo in tale prospettiva e il documento: “Per una dimensione sociale dell’Unione Economica e Monetaria”, di cui relatore è stato l’Italiano Luca Jahier, ne è un’evidente prova. Dobbiamo allora decidere se fare come quel giapponese sull’isola il quale finita la guerra aspettava ancora il nemico da combattere, oppure se riprendere in mano le caratteristiche peculiari della nostra cultura sociale e d’impresa: oggi abbiamo bisogno di una sussidiarietà che non sia più assistenziale, bensì circolare».
Concludendo il suo intervento e prima di incamminarsi verso Catania per poi rientrare a Bologna, il prof. Zamagni ha chiuso il suo intervento ringraziando l’attenta platea con un simpatico consiglio: «Ci troviamo a essere un po’ come le api, che perseguono una strategia produttiva, e i ragni, fautori di una strategia improduttiva: vi consiglio di imitare la strategia delle api, anche se so bene che la tentazione di fare come il ragno è forte. Sappiate però che il ragno è sempre triste, mentre le api sono contente… a voi la scelta se essere contenti come le api o tristi come i ragni». Dopo aver ascoltato le parole pronunciate dal prof. Zamagni ci si sente meno impotenti di fronte alle difficoltà che il momento di crisi che stiamo vivendo ci impone, anche se un dato è certo: passare da una mentalità assistenzialista a una mentalità sussidiaria richiede tempo e pazienza. Il cambio culturale richiesto da un passaggio del genere è troppo forte per essere assimilato nel giro di pochi mesi. In ogni caso, se queste sono le premesse culturali dei Circoli di Vita non si può che essere favorevoli ed entusiasti di una simile iniziativa.

Nicola Currò  
nicola.curro@yahoo.it