A rafforzare la tesi di Danilo Quinto su LaNuovabq.it segnalo altri due interventi apparsi sul giornale online siciliainformazioni.com, il primo fa riferimento ai recenti scandali della formazione in Sicilia, dove sono coinvolti politici e familiari. “E in questo caso, ci si rende conto che la ferita è molto profonda e in un certo senso è strutturale al sistema regionale (…). Dall’analisi attenta del settore della formazione, emerge con chiarezza che questo settore era stato ridotto ad una fabbrica di impiego che si trasforma a sua volta in fabbrica di consensi elettorali (voto di scambio?) e di condivisione famigliare e sociale. Ampliando l’analisi agli altri settori, ci si rende conto che la stessa dinamica vale anche per quello dei forestali, delle imprese pubbliche o a partecipazione regionale… Esaminando il bilancio della Regione e degli Enti pubblici o quello degli Enti privati falliti o salvati in extremis, ci si rende conto che oltre l’80% del bilancio regionale è costituito dal pagamento degli stipendi”. (E. Coniglio, Dagli scandali della formazione ai nuovi modelli. Sicilia scossa dagli scandali: c’è una classe burocratica da eliminare, 19.7.13, siciliainformazioni.com). “In una parola, – scrive Coniglio – la Sicilia consuma un reddito che non produce; è stata trattata come una colonia funzionale al sistema produttivo del Nord e del Centro d’Italia. E’ mancato dal dopo guerra ad oggi l’elaborazione per la Sicilia di un piano organico ed efficiente di sviluppo economico sostenibile. Non si è voluto creare un sistema produttivo vocato alle risorse e una adeguata e conseguente cultura gestionale senza la quale nessun sviluppo è ragionevolmente possibile. E questo non è stato fatto neppure nel 2001 quando ben 61 deputati siciliani di Forza Italia sono andati compatti al parlamento italiano e potevano cambiare radicalmente le cose”. Peraltro non c’è da scandalizzarsi troppo secondo Coniglio se i siciliani disoccupati o privi di reddito che non vogliano morire di fame e vogliano trovare un lavoro e vivere dignitosamente, si aggrappano a tutte le opportunità offerte nella terra in cui hanno avuto la ventura di nascere non certo per loro libera scelta. Piuttosto,“ c’è da scandalizzarsi e far saltare il tavolo verso quelle persone e quelle istituzioni siciliane e non siciliane che hanno provocato questo disastro strutturale nel corsi dei decenni e che naturalmente emerge in maniera impietosa e con maggiore forza nei momenti di gravissima crisi mondiale come quella attuale”. L’editorialista di siciliainformazioni.com si affretta a ribadire che“non si vuole certo giustificare chi ha violato la legge e ne ha tratto profitti illeciti ma non ci si può fermare a questo. Occorre rimuovere le cause strutturali, individuare i responsabili di questo disastro strutturale che dura da decenni complicandosi sempre di più e voltare definitivamente pagina”. Ma come potrà accadere? ”Occorre un nuovo ordine strutturale che assicuri solide convinzioni etiche, una ampia formazione nei settori trainanti, l’uso massiccio della innovazione e investimenti produttivi nazionali ed internazionali tali da mettere in moto un nuovo modello di sviluppo. Occorre eliminare una intera classe burocratica. Ancora più perniciosa rispetto a quella politica.
“Un lavoro da far tremare i polsi – scrive Coniglio – e che ci convince che lo scandalo e l’atto di scandalizzarsi in fondo sono atti puerili se non vengono accompagnati in maniera sinergica da una ferma volontà di riscatto e di rinascita che rimetta al centro dell’impegno di tutti la Sicilia nelle sue componenti locali e globali (…)non certo della finanza internazionale e delle multinazionali che fino ad ora hanno trattato la Sicilia come terra di conquista”.
Il secondo intervento fa riferimento al degrado del capoluogo siciliano, Palermo: una pallida metafora dell’isola che non c’è.“Non ci sono soldi, ci sono problemi irrisolti da decenni. Mancano servizi decenti, la città non offre opportunità’ di lavoro, le imprese e i negozi boccheggiano o chiudono. L’istruzione è modesta, la sanita’, con eccezioni lodevoli, è povera”. (Palermo infelicissima vuol diventare capitale di tutto, 21.7.13, in siciliainformazioni.com)
Pertanto scrive l’editoriale del giornale online:“Se la Sicilia è la metafora del Paese, Palermo è la metafora della Sicilia. Si sente il sale della terra mentre rinuncia a se stessa. Riflettete per un istante: Palermo è una citta’ di mare, ma coloro che la abitano il mare non lo vedono mai. Palermo ha più verde, o quasi, di ogni altra metropoli italiana, ma i parchi e le ville vivono una vita appartata, da separati in casa, si nascondono agli abitanti, si negano alla vista”. Il fondo del giornale insiste, Palermo dovrebbe essere una città d’arte come Firenze, Venezia, Roma, invece niente, “La cultura, il mare, l’arte sono negati da barriere di cemento invalicabili, montagne di rifiuti immondi, lo stato di abbandono delle periferie, dalla soffocante quantita’ di autovetture, dall’insicurezza e dall’abuso”. E questa è la “capitale” della Sicilia, figuriamoci le altre città.
DOMENICO BONVEGNA
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