Il fine della chiesa: liberazione dalle povertà o salvezza delle anime

Il Vescovo di Roma Francesco (che giova ricordarlo, non vuole essere chiamato Papa, prova ne è il fatto che firma documenti ed encicliche senza apporre l’acronimo papale PP, vale a dire Pater Patrum prima di Francesco) ha deciso che l’opzione preferenziale per i poveri sarà la nuova bussola della Chiesa del terzo millennio. Non a caso, dalle predicazioni di Bergoglio sono completamente scomparse le tematiche care a papa Ratzinger, vale a dire l’emergenza educativa e i principi e i valori non negoziabili. I discorsi di Francesco non si spostano di un millimetro dalle tematiche della povertà, della giustizia e della solidarietà. A dimostrazione che il servizio è più efficace della parola, il 3 luglio dalla cappella di Santa Marta, il vescovo Francesco disse che “la meditazione, il digiuno e la penitenza non bastano per arrivare a Dio, ma solo le opere di misericordia corporale, permettono di toccare le piaghe di Cristo”. Ma non ci avevano insegnato che la Chiesa Cattolica era stata istituita da Gesù Cristo, unicamente per la salvezza delle anime? E’ “normale” che, nonostante Gesù ammonì profeticamente (“I poveri li avrete sempre tra voi.” Giovanni 12, 4-8) chi avesse scambiato la Chiesa per un’agenzia etico filantropica atta a debellare le povertà materiali umane, un “papa non papa” si sia “scordato” che “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”? Matteo 4, 1-11.
Gianni Toffali