Per rimanere nell’attualità tra le letture liturgiche della XVII Domenica del tempo ordinario (Anno C), di oggi 28 luglio, c’è quella della distruzione di Sodoma e Gomorra. Dio mette a conoscenza dell’intenzione di distruggere le due città. Ma Abramo dialogando con Dio, tenta di intercedere per la loro salvezza in una sorta di ardita trattativa. Dio avrebbe risparmiato le città se avesse trovato un gruppetto di giusti, anche 10 giusti. Sappiamo come è andata a finire, non si trovarono neanche 10 giusti e le due città furono distrutte. Il brano della Genesi che è stato letto oggi, trova un’applicazione nel sacrificio che hanno compiuto il 13 agosto 1480, gli “Ottocento martiri di Otranto”, massacrati dai maomettani. Lo scrive Alfredo Mantovano sull’ultimo numero della rivista “Cristianità”: “L’Europa, ma in particolare la sua città più importante, Roma, vengono risparmiate dalla distruzione non ‘per riguardo’, bensì ‘per il sacrificio’ di ottocento sconosciuti pescatori, artigiani, pastori e agricoltori di una città periferica”. (A. Mantovano, Otranto: il martirio (1480) e la canonizzazione (2013), in Cristianità, Aprile-Giugno 2013, n.368)
A Otranto, Antonio Primaldo, “sarto di professione”, esorta i suoi 812 compagni, in catene come lui, a “(…)credere tutti in Gesù Cristo, figlio di Dio, a essere pronti a morire mille volte per lui” e così rifiuta la proposta di Ahmet pascià di avere salva la vita in cambio della conversione all’islam. “Hanno scelto la fede – scrive Mantovano – ritenendola più importante di qualche decennio o di qualche anno di vita terrena, e per questo sono entrati nella storia”. Quello dei martiri di Otranto è stato un gesto semplice e diretto, nonostante fossero tutti analfabeti. Il racconto del martirio viene ripreso dal cronista don Saverio De Marco, tutti furono decapitati, per primo Primaldo, ma il suo busto restò in piedi: “immobile, finché tutti non furono decollati”.
Il sacrificio degli ottocento martiri di Otranto, ha un valore civile, lo ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II, in un suo discorso ai giovani: “I Beati Martiri ci hanno lasciato- e in particolare hanno lasciato a voi – due consegne fondamentali: l’amore alla Patria terrena; l’autenticità della fede cristiana. Il cristiano ama la sua Patria terrena. L’amore della patria è una virtù cristiana”. Un discorso che dovrebbero leggere certi laicisti che a partire dall’ottocento criticano la Chiesa Cattolica e quindi i cattolici italiani di scarso amore per la Patria. Gli 800 martiri di Otranto sono dei veri patrioti, che meritano rispetto anche da parte delle istituzioni civili. Peraltro in continuità con il Pontefice beato, Papa Francesco ha ricordato il legame fra Antonio Primaldo e i suoi e l’intera nazione italiana: “I Martiri di Otranto aiutino il caro popolo italiano a guardare con speranza al futuro, confidando nella vicinanza di Dio che mai abbandona, anche nei momenti difficili”. Il martirio di Otranto ha un significato straordinario, non solo per l’Italia, ma anche per l’Europa. Certamente non sono mancate testimonianze di fede e di valori civili, di uomini e donne che hanno affrontato prove estreme. “Mai però é accaduto un episodio di proporzioni così vaste: un’intera città dapprima combatte come può e tiene testa per più giorni all’assedio; poi risponde con fermezza alla proposta di abiura. Sul Colle della Minerva, al di fuori del vecchio Primaldo, non emerge alcuna individualità, se è vero che degli altri martiri non si conosce il nome, a riprova del fatto che non sono pochi eroi, bensì è una popolazione intera che affronta la prova”. Gl’idruntini che si trovano di fronte alle scimitarre ottomane, con naturalezza,“non invocano la distrazione dei re per motivare un proprio disimpegno; forti della cultura nella quale sono cresciuti, pur se la gran parte di loro non ha mai conosciuto l’alfabeto, sono convinti che resistere e non abiurare costituisca la scelta più ovvia (…)”. Oggi che l’Europa è attaccata dall’ultrafondamentalismo islamico, da tanti terroristi “fai-da-te”, sobillati da seminatori di odio, “non è fuori luogo chiedersi – scrive Mantovano – quanto vi è oggi in Occidente, in Europa e in Italia, di quella ‘naturalezza’ che ha portato un’intera comunità ‘a difendere la pace della propria terra’, fino al sacrificio estremo”. Tra l’altro, ricorda Mantovano, che“se oggi tante testoline allegramente agnostiche girano liberamente, senza essere costrette ad avvolgersi nei burka, ciò accade anche perché qualcuno a suo tempo ha speso tempo, energie, e perfino la vita, per la buona causa”.
DOMENICO BONVEGNA
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