La Rivista “Giustizia insieme” del Movimento per la Giustizia-articolo 3, (Aracne editrice) si propone di parlare del mondo della giustizia sempre attraverso “Due voci. Ogni tema, appartenente alle vaste problematiche del mondo della giustizia, sempre trattato a due voci. Una interna alla magistratura; una a lei esterna, competente sul tema per esperienza di vita, professionale o di studio, di aree culturali anche tra loro diverse.”
Il fondatore e direttore della casa editrice, dottor Gioacchino Onorati, ha avuto il coraggio di dare voce anche a chi non ce l’ha e tempo fa mi ha chiesto di scrivere un articolo sulla mia vita da ergastolano.
Ho accettato e ho scritto la mia testimonianza dal dentro, senza sapere chi sarebbe stato il mio interlocutore. Solo dopo la pubblicazione di questi giorni sono venuto a sapere che il mio interlocutore è il Dott. Paolo Canevelli, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Perugia, che due anni fa mi aveva concesso un permesso di necessità (previsto dalla legge in casi particolari di eventi gravi, irrepetibili, anche di lieta natura) di undici ore da uomo libero, per discutere la mia tesi di laurea.
Ricordo che in quel periodo, nei giorni antecedenti al permesso, nel mio diario avevo scritto:
La speranza per gli uomini ombra è solo creata dai loro sogni. Sono venti anni che sogno, ma fra due giorni, anche se per solo poche ore, il mio sogno diventerà realtà. Credo che in venti anni di carcere il mondo sia andato avanti, mentre io sono rimasto indietro e il mio cuore s’è fermato. Domani il mio cuore riprenderà a battere. E saranno undici ore d’amore. Poi, forse, l’Assassino dei Sogni (il carcere) mi divorerà per sempre. E pazienza se dopo il mio cuore si fermerà di nuovo. Dopo anni perduti, smarriti, disperati, domani sarà il giorno più bello e più difficile della mia vita.
(da “Undici ore d’amore di un uomo ombra” Gabrielli Editori).
Il Giudice nel suo contributo di questo numero di “Giustizia insieme” scrive:
L’ergastolo non è una pena assimilabile alla reclusione, ma è una pena qualitativamente assai diversa, assai più simile alla pena di morte“. “Le motivazioni per le quali un condannato all’ergastolo ostativo non effettua la “scelta” di collaborare con la giustizia non sempre coincidono con il desiderio o la necessità di rimanere legato al gruppo criminale di appartenenza, ma possono trovare spiegazione in diverse considerazioni, quali il rischio per la incolumità propria e dei familiari, il rifiuto morale di rendere dichiarazioni di accusa nei confronti di uno stretto congiunto o di persone legate da vincoli affettivi o di parentela, il ripudio di un concetto di collaborazione utilitaristica che prescinde da un effettivo interiore ravvedimento”.
L’uomo ombra nel suo contributo di questo numero di “Giustizia insieme” scrive:
“A volte per tentare di vivere devi saper morire. Ed io inizio a morire appena mi sveglio al mattino. Spesso un uomo ombra in carcere è troppo impegnato a sopravvivere. E non ha tempo di pensare al male che ha fatto. Piuttosto pensa sempre al male che riceve dai buoni, tutti i giorni. Ogni volta che le guardie mi chiudono il blindato in faccia provo un brivido di paura nella schiena, invece quando me lo
aprono, provo sollievo ed è come se mi aprissero la mia cassa da morto. Nessuno dovrebbe essere
colpevole per sempre. La cosa peggiore per un uomo ombra è continuare a vivere, eppure, non si sa per quale mistero, lo facciamo lo stesso. E non è vero che lo facciamo per le persone cui vogliamo bene, perché con il passare degli anni diventiamo un peso anche per loro. L’unica pena che potrebbe davvero cambiare le persone è di amarle perché l’amore è la migliore delle medicine per far guarire i cattivi. Peccato che i buoni non conoscano questa medicina.”
Carmelo Musumeci