Il professore Introvigne nell’agile volumetto, “Islam. Che cosa sta succedendo?”, pubblicato da Sugarcoedizioni, dopo aver descritto l’influenza di facebook sulle rivolte delle cosiddette “Primavere Arabe”, si occupa delle innumerevole rivolte scoppiate apparentemente senza nessuna programmazione tra il 2010 e il 2011. A partire dalla Tunisia di Ben Ali e dall’Egitto di Mubarak, la guerra in Libia di Gheddafi, in poche settimane sono caduti regimi dittatoriali che sembravano saldissimi. Dopo queste rivolte, il professore si chiede: “Chi vince?” Una risposta non è facile anche perché, sociologi di lungo corso del mondo arabo affermano di non essere in grado, di tracciare una mappa, per esempio, delle forze che sono insorte contro il colonnello Gheddafi. La tentazione di questi sociologi è di trasferire al mondo arabo le categorie socio-politiche del mondo occidentale. Invece secondo Introvigne, qui occorre guardare le realtà etniche e tribali, soprattutto per quanto riguarda la Libia. Certamente in questi Paesi, governati da regimi nazionalisti laici, da dittatori, ormai a “fine corsa”, che magari un tempo, soprattutto, nel clima di “Guerra fredda”, venivano tollerati e sostenuti dai governi occidentali. Oggi si è scelto la via di “pilotare la caduta” di questi dittatori, “ma pilotare la caduta – scrive Introvigne – significa sapere esattamente chi, come, quando e dove mettere al loro posto”. Molti di quelli che hanno abbattuto Gheddafi, cioè quelli del “Tutto Tranne Gheddafi” (che ricorda un altro “Tutto Tranne Berlusconi”), non lo sanno. Piuttosto, “si limitano a esprimere una fiducia quasi messianica nelle ‘magnifiche sorti e progressive’ che dovrebbero conseguire necessariamente a ogni rovesciamento di un tiranno. Lo pensava anche Carter. Dovette tornare a coltivare noccioline”. Pertanto a questo proposito, è interessante riflettere sul dopo-Gheddafi. Sicuramente il colonnello libico era “un vecchio tiranno con le mani sporche di sangue”. Ma i fatti hanno dimostrato che non basta essere contro Gheddafi, o di un’altra delle tribù che si contendono il controllo della Libia, per avere diritto alla patente di ‘moderati’ o ‘democratico’, e che anche alcuni dei suoi oppositori hanno un curriculum in materia di diritti umani che non dovrebbe lasciare tranquillo nessuno”. Tra l’altro per Introvigne, non si può neanche credere alla favola della guerra “umanitaria”. “Ci sarebbero tanti interventi umanitari da fare, da Cuba all’Iran e alla Corea del Nord”. Nei capitoli finali il professore Introvigne si occupa della morte di Osama bin Laden, il 2 maggio 2011, sostenendo che la fine del miliardario saudita, capo di Al-Qa’ida, non significa che il terrorismo è finito, anzi continua e si fa sentire eccome, basta vedere i continui attentati e massacri di questi giorni. Certo l’organizzazione terroristica avrà subito qualche mutamento dopo l’uccisione del suo capo carismatico, sicuramente, è un’importante vittoria nella lotta contro il terrorismo, che probabilmente renderà difficili, ma non impossibili, attentati in grande stile, come quelli dell’11 settembre a New York. Tuttavia però occorre sempre tenere conto che Al-Qa’ida è un network, una specie di coordinamento dell’attività di altri gruppi terroristici. Secondo Introvigne, “l’organizzazione al centro del network creato da Osama bin Laden operava piuttosto come un editore. Questi può certamente avere le sue idee su quali libri potrebbero avere successo, e commissionare specifici manoscritti. Ma, nella maggior parte dei casi, riceverà proposte da potenziali autori, le valuterà e le incoraggerà e finanzierà nel caso gli sembrino promettenti”. Pertanto a Bin Laden, l”editore”, si avvicinavano gruppi radicali che avevano già un loro progetto di azione terroristica, lui li ascoltava, accettava o rifiutava il progetto, in caso affermativo dava suggerimenti, invitava, i terroristi ad addestrarsi nei suoi campi e li riforniva di armi. Comunque sia anche se la “testa”è stata decapitata, le “gambe” possono continuare a scalciare, secondo il professore torinese. Esempio concreto sono la guerra in Siria, e i recenti atti terroristici, in particolare quello presso il centro commerciale Westgate mail di Nairobi. A questo proposito c’è un articolo significativo su La Stampa del 22 settembre scorso di Domenico Quirico che vede una guerra incombente contro l’Occidente, da parte dell’Islam radicale. “La Spagna – scrive Quirico – come mi hanno raccontato gli uomini di Al-Qa’ida di cui sono stato prigioniero, è ‘terra nostra e la riprenderemo’. All’Occidente, spaurito e volutamente distratto e saldamente deciso a seguire il mito di un Islam moderato, educato che esiste solo nei libri (e nelle bugie), disperatamente aggrappato al calendariuccio delle nostre nobili comodità, sfugge la semplicità brutale del problema”. L’islam fanatico ormai è un problema militare e a Nairobi, secondo il giornalista de La Stampa, “ci sono i primi morti della guerra che verrà”.
Nel prossimo intervento ci occuperemo dell’esodo degli immigrati
DOMENICO BONVEGNA
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