Michele Brambilla da www.comunitambrosiana.org
Si è svolto a Milano, all’auditorium intitolato a Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) in via Isernia, l’atteso convegno sulla legge contro l’omofobia. Introdotto da Marco Invernizzi, il convegno si è svolto di fronte a circa quattrocento persone e seguito in diretta streaming da quasi duemila videoascoltatori, mentre all’esterno della sala gremita una notevole presenza di polizia e carabinieri ricordava la recente violenta contestazione di un analogo convegno promossa da militanti gay e lesbiche a Casale Monferrato. Il convegno milanese è effetto lungo del manifesto Unioni di fatto e omofobia: 5 punti fermi, pubblicato a maggio. Nel suo piccolo, accanto ad altre iniziative, fra cui la raccolta di firme promossa da Tempi e da La nuova Bussola, il manifesto ha contribuito a modificare gli eventi aiutando a far emergere un dissenso popolare nei confronti della legge contro l’omofobia, già votata alla Camera e attualmente in attesa di essere discussa in Senato. Il primo relatore, il sociologo delle religioni Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario della stessa Alleanza Cattolica ha ricordato la propria contrarietà e quella di ogni persona normale a qualsivoglia atto di violenza nei confronti degli omosessuali in quanto tali e come questo tipo di reati abietti merita certamente le aggravanti del caso. Pertanto, si chiede Introvigne, perché stiamo reagendo alla legge antiomofobia? Perché, ha proseguito il sociologo, così come la legge è stata concepita, alle già previste aggravanti per “motivi abietti” di un’aggressione fisica, aggiunge la nuova figura del “discorso discriminatorio”. Così però si crea un reato d’opinione.
Introvigne ha così esemplificato: se si legge la ormai celebre sentenza della Corte Suprema statunitense riguardo alle nozze gay, si noterà che essa considera discriminatoria la sola affermazione che il matrimonio possa esistere unicamente tra uomo e donna. Negli USA, in Francia e in altre nazioni già viene represso il dissenso all’ideologia gay: è punita, cioè, la semplice esternazione di un’idea. In Italia non dobbiamo permettere che chi sostiene quanto annuncia il Catechismo della Chiesa cattolica in tema di omosessualità e matrimonio vada in galera per reato d’opinione. Secondo Introvigne bisogna essere grati al relatore della legge antiomofobia, il deputato Scalfarotto, perché all’Espresso, il 26 agosto, ha detto chiaramente che la legge antiomofobia è una logica premessa all’introduzione delle nozze gay. Si tratta quindi di una misura per prevenire il dissenso che le nozze omosessuali scateneranno. “Noi (rivolto alla platea) siamo assolutamente contrari al riconoscimento giuridico delle nozze gay” sulla scorta di quanto già definito dal magistero della Chiesa, appena ribadito dal card. Angelo Bagnasco alle Settimane sociali dei cattolici italiani tenutesi a Torino in settembre. Ciò che si deve aiutare a comprendere è che siamo di fronte alla violazione del diritto naturale, non a qualcosa che offende soltanto la fede dei cattolici. Se un ladro deruba un passante e viene arrestato, non può difendersi dall’accusa di furto dicendo che, come non credente, non riconosce il comandamento di non rubare: sarebbe ridicolo! La Chiesa quando tratta di vita e famiglia usa esattamente lo stesso criterio. Introvigne nel finale del suo intervento ha rivolto un’obiezione a chi dice che è una battaglia persa, perché il flusso storico degli avvenimenti va inesorabilmente in direzione delle nozze gay: “chi crede che la verità è figlia del tempo ha già ceduto alla dittatura del relativismo”. La “scienza della razza”, l’eugenetica, era negli anni Trenta in auge anche negli Stati Uniti, ma è stata fortunatamente cestinata. La Chiesa, condannando quell’ideologia, è stata ancora una volta preveggente. Il bene ed il male sono opzioni quotidiane con cui si confronta la vita di ciascuno, quindi questa è una battaglia anche per i non credenti, è una battaglia di libertà. Papa Francesco risponde a chi gli dice che il Decalogo è la legge dei no che esso è, invece, la cultura dei si con un no. Se dico si al valore della vita, dico no a ciò che si oppone ad esso.
Ha quindi preso la parola Assuntina Morresi, dell’università degli Studi di Perugia e del Comitato nazionale di Bioetica. Dopo aver ammesso che è “difficile in 20 minuti raccontare l’evoluzione della dottrina del gender” ha ricordato come il processo culturale di ribellione contro la realtà della natura umana di cui ora vediamo le conseguenze è cominciato con lo psicologo neozelandese John Money (1921-2006), che negli anni Settanta ammetteva l’esistenza dei due sessi in natura, ma riteneva che parallelamente gli individui seguissero vie di maturazione della propria identità sessuale, assumendo a piacimento modi più maschili o femminili. Money faceva riferimento al caso di due gemelli maschi, uno dei quali aveva perso il pene: egli convinse i genitori a far crescere quest’ultimo come se fosse una femmina. La vicenda finì tragicamente, con un suicidio, dopo che a 13 anni il povero ragazzo scoprì la sua storia. Nel mondo di oggi, ha spiegato la Morresi, si sta perdendo completamente la percezione del dato reale e si divarica ulteriormente la distinzione tra Sesso e Genere. Nasce così la categoria Queer (strambo, ambiguo), come ulteriore segno di trasgressione e di rifiuto del dato naturale dopo aver inventato la classificazione LGBT, che sta per lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Di teorie folli ce ne sono state tante nella Storia, ma quando nel 1978 nacque la prima bambina concepita in provetta, completando il percorso che scindeva procreazione e sessualità, qualcosa è cambiato. Se fino ad allora era ovvio che i figli nascessero da un uomo ed una donna attraverso un atto sessuale, con la fecondazione in vitro si può fingere una nascita “neutra”. A Padova, nel 2013, una donna ha potuto dire che la sua partner era il “padre” perché ha comprato il seme con cui ha concepito il bambino. Il “figlio” di Elton John è in realtà frutto del gamete del compagno e dell’utero della donna che lo ha prestato. Così si può fingere che i sessi si equivalgano e superare la sterilità intrinseca delle coppie gay. Già papa Paolo VI, condannando nel 1968 con l’enciclica Humanae vitae la separazione tra sesso e procreazione, aveva intuito che l’obbiettivo era la radicale trasformazione della persona umana.
Il magistrato Domenico Airoma, di Cosenza, ha quindi descritto il quadro giuridico europeo in cui la legge antiomofobia si muove. L’art. 12 della Convenzione europea (1950) stabilisce in tema di diritto familiare che ci sia la distinzione tra i sessi e che il matrimonio sia il fondamento della società. Inoltre, si deve ricordare che la legislazione sul matrimonio è di competenza dei singoli Stati. La Costituzione italiana (1948) definisce la famiglia “società naturale fondata sul matrimonio”, sottolineando quindi la naturalità del rapporto. Sia la Convenzione che la nostra Costituzione sono tutt’ora formalmente vigenti. Ma allora che cosa è intervenuto?
Le istituzioni UE e la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ormai da diversi anni, hanno abbracciato l’ideologia del gender, introdotta e proposta ai governi degli Stati dalla conferenza internazionale promossa dall’ONU al Cairo, nel 1994. Tali istituzioni, attraverso l’affermazione che non si deve discriminare, pretendono di modificare tutto. La UE si è adoperata affinché nella Convenzione di Nizza (1999) sparisse ogni riferimento alla natura. Queste cose si chiamavano un tempo “bizantinismi”, oggi sono “giurisprudenza evolutiva”. “Artificioso” diventa quello che la natura esprime, mentre vale soltanto il desiderio dei singoli.
La UE ha modificato il quadro giuridico e vuole imporlo a tutti gli Stati europei. Nel 2012 ha considerato la coabitazione e le nozze gay come iniziative lodevoli per superare l’omofobia. Il principio è addirittura imposto come obbligatorio agli stati che vogliono entrare nella UE. Le leggi antiomofobia in Europa hanno permesso di nascondere il dato naturale e di formulare una neolingua. Si parte dalla norma antiomofobia per giungere alle nozze gay ed all’adozione di bambini da parte dei gay. Le scuole statali vengono obbligate dai governi ad alterare la stessa educazione dei ragazzi. Il Nord Europa ha già capitolato. La Mitteleuropa resiste di più e così anche l’Est. In Francia c’è stata un’accelerazione incredibile del piano inclinato: in poco tempo si è passati dalla legge antiomofobia al matrimonio gay e ai nuovi programmi scolastici laicisti. Non c’è nulla da temere? Attraverso sentenze europee si incide comunque sulle legislazioni nazionali e si impone agli Stati di riconoscere gli atti stipulati in altri Stati UE, compresi quelli in materia familiare. I giudici italiani si appellano a Strasburgo nelle loro sentenze creative, in una sorta di “shopping giudiziario” che prende solo ciò che piace ed ignora richiami molto più scomodi, come quelli della Corte di Lussemburgo riguardo alla riforma della giustizia. Il celebre giurista e storico Arturo Carlo Jemolo sosteneva che la famiglia è un’isola che la giurisprudenza dovrebbe solo lambire con rispetto, ma oggi non sembra molto ascoltato.
Il magistrato Alfredo Mantovano, esponente di Alleanza Cattolica e già sottosegretario agli Interni, ha supportato la sua esposizione con apposite diapositive, apprezzate dal pubblico in sala soprattutto quando hanno trattato con ironia arcigni politici nostrani ed esteri (Fornero ed Hollande).
Mantovano ha così ricordato come la repressione sia già scattata in Francia, ma anche in Canada, dove hanno deciso di "silurare" preventivamente i laureati di un’università cristiana solo perché detta università, coerentemente, crede e pretende il rispetto, negli ambiti di sua competenza, della sacralità della vita e del matrimonio. In Italia abbiamo già avuto il caso Cerrelli, il vicepresidente dei Giuristi cattolici violentemente attaccato sulla stampa per aver difeso in Tv i diritti della famiglia naturale, un caso che ha esemplificato che cosa accadrebbe se la legge entrasse in vigore. C’è stato poi il convegno di Casale Monferrato, interrotto da militanti lesbiche e gay. “Anche ora”, aggiunge con puntualità, “siamo qui grazie alla tutela della polizia”.
Già la Fornero ci ha vincolato con un tavolo che punta ad inserire l’ideologia LGBT nelle scuole statali. Ma Scalfarotto è stato ancora più esplicito. Di fatto, si pretende il sigillo della Repubblica italiana su un percorso ideologico. Augusto Del Noce (1910-1989), ha ricordato Mantovano, aveva visto in atto la manipolazione della lingua italiana e una concomitante grande operazione ideologica quando il PCI sostituì la parola “capitalista” con “fascista”. Fascisti così divennero tutti gli anticomunisti. L’operazione omofobia in corso segue le medesime modalità per i medesimi scopi, l’egemonia culturale.
“Lobby non è una brutta parola”, ha spiegato Mantovano. Così come esiste una lobby gay, dobbiamo fare lobby per difendere la vita e la famiglia. “Il Family day (2007) c’è stato, il che vuol dire che può esserci ancora”.
Nella seconda parte del convegno, il giornalista Andrea Morigi ha presentato l’ospite più atteso, Tugdual Derville, portavoce della Manif pour touts francese, l’associazione che è riuscita a portare in piazza milioni di francesi contro la legge Taubira che ha introdotto le nozze gay nel Paese transalpino. Una reazione, spiega il portavoce che è anche segretario del movimento pro-life Alliance Vita, imprevedibile per tutti. La Manif fa il verso al titolo della legge, “Marriage pour tous” che, secondo il relatore, in realtà procede anche verso un altro obiettivo: procreazione artificiale ed utero in affitto. La mobilitazione per fermare la demolizione dei pilastri della società è stata spontanea, un genuino movimento sociale. Ha coinvolto perfino omosessuali dichiarati ed esponenti di altre religioni. Derville ha ricondotto il momento iniziale della Manif alla preghiera scritta il 15 agosto 2012 dall’arcivescovo di Parigi, card. Vigt-Trois, affinchè ogni bambino potesse godere dell’affetto “di un papà e di una mamma”. L’apporto della Chiesa è stato importante, ma la parte maggiore l’ha fatta il laicato. La legge Taubira tocca nel profondo l’identità di ognuno. La compagine della Manif ha dato prova di unità e creatività, come nell’invenzione dei Veilleurs, i manifestanti silenziosi che occupano le piazze o si pongono davanti ai Palazzi del potere. L’approvazione della legge non ha scoraggiato la Manif, perché un “movimento sociale non si ferma” e ha già trovato nuovi metodi per rendersi presente.
Infine, il convegno ha visto lo svolgimento della tavola rotonda nella quale alcuni politici italiani hanno affrontato le vicende in corso della legge sull’omofobia, incalzati dalle domande di Morigi e accompagnati dalle conclusioni del Presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti.
Il senatore del Pdl Maurizio Sacconi ha ricordato come gli atti di violenza omofobi sono punibili senza bisogno di ideare una legge-clava volta a disarticolare ulteriormente i valori della nazione, dalle forti radici cristiane, sui quali occorre invece puntare per superare l’inverno demografico e la crisi economica, strettamente intrecciati con la deriva antropologica. Ha quindi rievocato l’agenda bioetica della legislatura 2008-11, dalle restrizioni al mercato procreativo al no all’eutanasia, espresso nel tentativo di salvare la vita di Eluana Englaro (2009).
Dopo l’intervento del sen. Sacconi ha preso la parola l’on. Gregorio Gitti, di Scelta Civica, il quale, in un intervento che ha fatto molto discutere per la sua non contrarietà alla legge, che il suo partito ha votato, ha esaltato i "paletti" introdotti nella legge sull’omofobia con un emendamento di cui è stato il primo firmatario, che secondo il deputato bresciano garantiranno la libertà delle associazioni e delle scuole confessionali di educare ai propri valori nei rispettivi ambiti.
Eugenia Roccella (PDL) ha invece rifiutato subito un criterio che le sembra di auto-ghettizzazione e si è chiesta: “Possiamo parlarne in chiesa o in un’associazione, ma fuori di questi luoghi Barilla può parlare?”. In Italia, ha detto, siamo un po’ clericali: aspettiamo che sia la Cei a dare direttive, invece è ora di cominciare a muoversi per certe cose come laicato, sull’esempio francese.
Dopo di lei, Alessandro Pagano (PDL), in un appassionato e applauditissimo intervento, ha ricordato come due o tre deputati siano riusciti a portare all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda della legge sull’omofobia, i cui promotori avevano tentato di fare in modo che venisse approvata "come di nascosto", prima facendole passare l’iter della Commissione in poche ore e nel cuore dell’estate, poi troncando ogni dibattito e quindi velocizzando in maniera assolutamente inconsueta l’iter parlamentare. Grazie a poche oche del Campidoglio, oggi l’opinione pubblica comincia ad avvertire il carattere liberticida di questa legge e come essa preluda all’approvazione dei matrimoni gay. Carlo Fidanza, europarlamentare del partito Fratelli d’Italia, non si stupisce delle direttive UE in senso bioetico, perché gli organismi europei sono il crogiuolo di più ideologie anticristiane. Sintetizzando gli stimoli degli altri relatori, Fidanza auspica che contro certe leggi ci sia il lavoro di lobby positive, espressione di un autentico movimento popolare. Infine, alla conclusione della tavola rotonda, il presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti, ha citato il celebre dissidente ceco e primo Presidente della Cecoslovacchia libera dopo il 1989, Vaclav Havel, autore del testo che mise in crisi il regime comunista, "il potere dei senza potere", per descrivere l’opera svolta dalla Manif in Francia e per auspicare che qualcosa di simile accada anche in Italia, con l’aiuto di tutti. L’assemblea si è quindi sciolta con un invito a partecipare alla prima veglia silenziosa contro la legge sull’omofobia, promossa dalle Sentinelle di Milano, sabato 12 ottobre.