Nel mese di agosto scorso ho avuto modo di scrivere una lettera ai Vescovi delle diocesi attraversate dalla strada Statale 106 Ionica calabrese. La mia non era solo una lettera ma era anche un appello rivolto agli alti prelati affinché la Chiesa in Calabria potesse determinarsi in difesa del valore della vita che sempre più viene a perdersi sull’asfalto della “strada della morte”.
In realtà ero convinto che il Vescovi delle diocesi di Cassano allo Jonio, Rossano – Cariati, Crotone – Santa Serverina, Catanzaro – Squillace, Locri e di Rggio Calabria – Bova fossero pronti a recepire i messaggi del Pontefice e, più in generale, della Chiesa di Roma.
In Calabria, invece, è ormai un dato di fatto: non solo c’è una classe politica che è decisamente agli antipodi rispetto a quella dell’Italia e che segna, quindi, una controtendenza nella misura in cui non riesce ad interessarsi al nostro territorio producendo fatti concreti e tangibili che possono permetterci di poter vantare loro anche solo un merito!
In Calabria, è dura ma è così, abbiamo anche una Chiesa che è in contro tendenza rispetto a quella di Papa Francesco che – giusto per fare un esempio – nella Giornata Mondiale della Gioventù di quest’anno a Rio esortava tutti ad «essere rivoluzionari», ad «andare controcorrente» e, soprattutto, a «ribellarsi” a questa «cultura del provvisorio» che, in fondo, «crede che non siate in grado di assumervi responsabilità, che non siate capaci di amare veramente».
Il messaggio del Pontefice è chiaro: «Abbiate il coraggio di andare contro corrente. Abbiate il coraggio di essere felici». Peccato che non viene recepito dalla Chiesa calabrese! Incapace di avere quel coraggio necessario per “sganciarsi” dalle stanze del potere, di ribellarsi a logiche antiche e deleterie per la nostra comunità regionale e, soprattutto, non adatta ad innescare quella rivoluzione culturale che deve porre al centro dei problemi la difesa della vita ed insieme il diritto alla mobilità dei calabresi.
È una Chiesa, quella calabrese, perfettamente omologata alla politica calabrese. «Si è più beati nel dare che nel ricevere» (Atti 20,35): è un concetto che questa nostra Chiesa regionale sembra non considerare ed in questo.
Alla mia lettera, ovviamente, nessuno dei Vescovi a risposto! Probabilmente, se l’avessi inviata a Papa Francesco, non avrebbe esitato un attimo a telefonarmi se proprio non poteva rispondermi. A me, invece, è stato riservato dalla mia Chiesa calabrese solo silenzio ed indifferenza.
Per questa ragione vorrei riconoscermi non più nella Chiesa degli alti prelati calabresi ma in quella dei “piccoli” parroci come don Giovanni Zampaglione che oggi alle 18:30 ha organizzato una fiaccolata per ricordare tutte le vittime della strada Statale 106 Ionica calabrese. Don Giovanni, parroco di Roghudi (provincia di Reggio Calabria), è riuscito a coinvolgere la sua comunità parrocchiale ed, insieme, molti fedeli delle comunità vicine che oggi, partendo appunto dalla Piazza comunale di Roghudi si ribelleranno, andranno contro corrente e si assumeranno la responsabilità di essere tutti, insieme, dei rivoluzionari così come a Rio, pochi mesi fa, ha chiesto il Papa Francesco.
Don Giovanni Zampaglione ha spiegato che «la strada della morte, in questi ultimi anni ha mietuto troppe vittime» e che attraverso questa fiaccolata si vuole «dire BASTA alle troppe vittime di incidenti stradali, BASTA all’atroce scia di sangue sulla statale 106, BASTA ai fiori sull’asfalto, diamo precedenza alla vita! ».
Il parroco di Roghudi ha poi precisato che è necessario «l’impegno delle istituzioni, affinché la S.S. 106 non rimanga “l’eterna incompiuta” ed, insieme, l’impegno degli automobilisti al rispetto delle regole” ed a poi invitato a presenziare ed a vivere la fiaccolata di oggi perché «serve la collaborazione da parte di tutti».
Questa sera, per impegni precedentemente assunti, non potrò partecipare da cittadino calabrese e, soprattutto, da cattolico alla fiaccolata di Roghudi. Tuttavia, sarò presente idealmente e spero ed, inoltre, prego che la fiaccolata possa raccogliere l’adesione di tante donne e uomini che spinti anche dall’appello di Papa Francesco decideranno di “ribellarsi” civilmente contro coloro i quali sono corresponsabili delle tante vittime della “strada della morte”.
Sono convinto, infatti, che una forte partecipazione possa essere utile anche a dare il giusto esempio affinché anche la Chiesa calabrese, distante anni luce dalle migliori istanze di cambiamento che provengono dalla Chiesa di Roma, possa svegliarsi e decidere di “andare contro corrente” difendendo senza riserve il valore della vita che non può morire in uno schianto sull’asfalto della strada Statale 106 Ionica calabrese.
Fabio Pugliese