di Arianna Tascone
Un elenco. Un lungo, interminabile elenco di nomi. Ma quello non è un elenco come tutti gli altri, perché è un elenco di morte. E quei nomi, sono tutti nomi di donna. Andando a leggere la vita che c’era dietro quel nome trovi la donna delle pulizie, la cassiera, la dottoressa, la prostituta. Trovi bambine, ragazze, anziane. La violenza di genere è una livella infallibile, non fa distinzioni di condizione sociale o età, l’unica certezza è che la vittima sarà una donna.
La violenza sulle donne è un argomento talmente complesso e ampio che una qualsiasi analisi risulterebbe inadeguata. Eppure occorre, seppur con dolore, immergersi in quelle storie e capire come possa un uomo arrivare ad uccidere una donna in quanto tale.
La mia personale e inadeguata analisi del fenomeno si basa su un approccio di tipo darwiniano. Una primordiale sensazione di superiorità maschile, giustificata dalla innegabile maggiore forza fisica, può portare a un pericoloso rapporto fra predatore e preda. Un istinto quasi animale quello che fa credere di poter disporre della vita di una donna solo perché, grazie alla maggiore fisicità, se ne può disporre della morte. L’istinto predatorio diviene istinto omicida quando la preda si allontana, cioè quando una donna rifiuta tale sottomissione.
Negli ultimi mesi si è parlato molto della violenza contro le donne e la parola più (ab)usata è: emergenza. Eppure leggendo le statistiche non c’è un effettivo aumento dei casi di violenza, tanto che molti parlano più giustamente di emersione del fenomeno. Fino a qualche decennio fa il concetto di violenza domestica era molto diverso da quello attuale e la disuguaglianza tra uomo e donna decisamente più marcata. Uno stesso caso che oggi definiremmo di femminicidio, sarebbe stato giudicato come delitto d’onore. Si è avuta dunque un’importante e veloce evoluzione della società in tal senso a cui però non è corrisposta sempre un’evoluzione nella coscienza dei cittadini. In taluni, evidentemente, è rimasto quell’istinto animale di prevalere e pretendere perché più forti. Ogni manifestazione di detta forza è un nome che si aggiunge a quella lista di morte. Pur essendoci le leggi, le sanzioni, il giudizio dell’opinione pubblica, l’istinto prevale.
Ma allora come combattere un nemico così insidioso e nascosto? Con l’educazione, partendo dalle scuole e insegnando ai bambini a non sentire mai la loro forza o intelligenza come una superiorità da imporre sugli altri.
Oggi è 26 novembre, non è nessuna “Giornata internazionale contro/per…”. Oggi è solo un giorno qualsiasi, ma se nelle scuole e nelle famiglie si trasmettono quegli insegnamenti, non avremo più bisogno di Giornate dedicate alle donne o a qualsiasi minoranza sopraffatta perché debole.