Alcuni sono convinti che il Cristianesimo sia una religione per persone poco virili, permissive, timide ed effemminate, per persone senza “spina dorsale”. Tra l’altro questa sensazione sembra essersi rafforzata con Papa Francesco, per via del suo atteggiamento gioioso, tipico della cultura sudamericana. Al contrario, il nostro credo è roba per uomini veri, lo scrive Roberto Marchesini, psicologo autore del volumetto che ho presentato qualche giorno fa, “Quello che gli uomini non dicono. La crisi della virilità”, pubblicato nel 2011, da Sugarcoedizioni. In pratica c’è una mentalità corrente che non si sarebbe veri cristiani se non si accetta il dialogo a qualunque costo e se non si rinuncia ai principi per non urtare gli altri. Questo è un equivoco secondo il professore Marchesini perché a volte, si mascherano le nostre insicurezze, le nostre paure, da “principi religiosi”, come quelli che magari abbracciano la vita religiosa per fuggire dal mondo, proprio perché si sentono poco virili. E’ diffusa una certa idea che frequentare la Chiesa è roba da donne o da bambini, gli uomini frequentano altri ambienti. Ricordo da bambino che nella Chiesa, gli uomini durante la Messa, occupavano quasi sempre gli ultimi posti.
Per Marchesini, “una certa religiosità ha presentato e presenta ancora oggi Gesù come l’archetipo del bravo bambino, di recente pure politicamente corretto: pacifista, ecologista, privo di ogni spigolosità… Eppure questo non è il Gesù che ci viene descritto dai Vangeli”. Il cristiano non sta alla larga dei conflitti. In Matteo 10,34 Gesù ha detto: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada”. Il cristiano non odia le armi, in Luca 23, 36, Gesù dice: “Chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una”. Il cristiano prende posizione sempre per difendere la verità e non si cura troppo se questo gli procura nemici o odii. Sulla questione del porgere l’”altra guancia”, occorre chiarire che le parole di Gesù non vanno interpretate in senso letterale, come spiega S. Tommaso e S. Agostino. Gesù era buono; ma “bravo bambino non è sinonimo di ‘buono’”. “Il bravo bambino, – spiega Marchesini – è gradevole, passivo, innocuo;in una parola ‘carino’” Invece di solito, chi è buono è attivo, non passivo; e giusto, cioè non sempre gradevole”. Del resto occorre chiedersi chi dei due affronta le ingiustizie e combatte per ciò che ritiene giusto? Marchesini affronta anche la questione dell’umiltà, ne esistono di due tipi: la presunzione e la pusillanimità, quest’ultima è più grave della prima, anzi è peccato. Per fare chiarezza il testo ricorda la parabola dei talenti (Mt 25, 14-30). Gesù era umile ma non pusillanime. “Era un vero uomo, ma anche un uomo vero”. Era un maschio virile e dunque coraggioso. Non esitava fare da scudo ai suoi amici. Antonio Socci nel suo splendido libro, Indagine su Gesù”scrive che Gesù aveva un carattere eroico al sommo grado: è l’eroismo incarnato. A chi lo segue chiede coraggio e decisione, anche se sa che gli uomini spesso sono vili, ma non si stanca mai di esortarli alla nobiltà, a fare come Lui. Questo è il vero Gesù non quello che raccontano certi libri o giornali.
Del resto la Chiesa stessa ha sempre ricordato che la “la vita degli uomini sulla terra è un combattimento”. Non a casa San Paolo ammaestra i suoi discepoli scrivendo: “faccio pugilato, ma non come chi combatte l’aria” (1Cor 9, 26); e fa un bilancio della sua vita usando le parole: “Ho combattuto la buona battaglia”( 2Tm 4, 7). Peraltro le varie cause di beatificazione o di canonizzazione hanno lo scopo di accertare “l’esercizio eroico” delle virtù cristiane e in particolare l’esercizio della fortezza, come quella dei martiri. “La disposizione al martirio è la radice essenziale di ogni fortezza cristiana. Senza questa disposizione non vi è fortezza cristiana”. Certo il cristiano deve essere anche prudente che significa sapere cosa è bene e cosa è male e agire di conseguenza. Di sicuro la prudenza non è moderazione, ma il suo contrario: la radicalità nel bene. Sapere dove sta il bene e non farlo è viltà, un grave peccato.
Il Vangelo riserva parole terribili per i vili, per coloro che non si espongono, che non rischiano, che non si assumono responsabilità. Citando Il Catechismo della Chiesa Cattolica, Marchesini affronta la questione della legittima difesa, che potrebbe scandalizzare i cosiddetti bravi bambini. Il testo conclude l’argomento del 3° capitolo facendo diversi esempi di Cattolicesimo eroico, nello stesso sacramento della Cresima, si parla di soldati di Cristo. Scorrendo il calendario sembra che il mestiere delle armi sia una via privilegiata per la santità. A partire da S. Miche Arcangelo, principe delle milizie celesti, per continuare con S. Sebastiano, ufficiale dei pretoriani, guardia scelta di Diocleziano. S. Giorgio cavaliere, S. Giovanna d’Arco, lo stesso S. Francesco che proveniva dalla vita cavalleresca. S: Bernardo di Chiaravalle che scrisse “l’elogio della nuova cavalleria”, dedicato all’Ordine Templare, la congregazione dei monaci guerrieri nata con lo scopo di proteggere i pellegrini diretti al Santo Sepolcro.
Ma anche S. Caterina da Siena, che esorta il Papa ad Avignone ad essere un uomo virile e non timoroso. E poi S. Ignazio di Loyola, uomo d’arme, che istituisce la Compagnia di Gesù seguendo un modello militare. Mentre il teatino Lorenzo Scupoli, intitolò il suo trattato religioso di formazione ascetica, “Combattimento spirituale”. La stessa S. Teresina del Bambin Gesù, rivolgendosi a Gesù, scriveva: “O mio Sposo divino, morrò nelle tue braccia cantando, sul campo di battaglia, con l’arma in pugno!” Nonostante tutto questo ancora nella Chiesa c’è chi vede il Papa non tanto un crociato medievale, ma una macchietta da cabaret, un “paolotto”, un timido, remissivo, imbranato. “Come è potuto accadere?” Si domanda Marchesini. E’ stato quel processo rivoluzionario, e il femminismo, che anche all’interno della Chiesa, come nella società, hanno associato le caratteristiche virili con sentimenti negativi. Tutto è iniziato anche per Marchesini con la pubblicazione della lettera enciclica “Humanae vitae”. Ecco perché secondo l’autore del libro della Sugarcoedizioni, la de-virilizzazione del cattolicesimo potrebbe essere letta come “pensiero non cattolico”, per usare le parole del papa Paolo VI
DOMENICO BONVEGNA
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