di Roberto Malini
Hamdy Al-azazy, attivista umanitario di Aris (Sinai, Egitto) ha combattuto una lunga e difficile battaglia contro avversari pericolosi, assassini senza scrupoli: i rapitori del Sinai, circondato da ostilità, isolato, avversato dalle stesse associazioni umanitarie. Pochi difensori dei diritti umani hanno lavorato ogni giorno, per anni con lui, inoltrando denunce contro i trafficanti dietro le sue segnalazioni, segnalando i covi e i basisti in tutto il mondo, chiedendo interventi al governo egiziano, alle Nazioni Unite, all’Unione europea. E proteggendo il suo lavoro, la sua immagine, la sua famiglia. Grazie alle tante azioni del "Gruppo di Hamdy" (di cui l’organizzazione umanitaria italiana EveryOne Group è una componente importante), dopo anni di inerzia, le istituzioni e le autiorità egiziane e internazionali hanno finalmente agito, distruggendo i covi, arrestando alcuni capi del traffico e costrigendone gli altri a fuggire, attraverso i tunnel, nella Striscia di Gaza o nel deserto. Oggi il traffico di esseri umani e organi nel Sinai è contrastato con energia e continuità dalle forze armate egiziane, con il monitoraggio costante delle Nazioni Unite, della Commissione europea, della società civile. Tante organizzazioni, che non hanno avuto alcun ruolo in questo risultato di civiltà e che – al contrario – hanno spesso avversato il "Gruppo di Hamdy", concedono interviste ai giornali di tutto il mondo, affermando di aver rivestito un ruolo decisivo nella lotta contro i trafficanti del Sinai. Noi, che abbiamo vissuto con Hamdy momenti durissimi e più volte, grazie anche a FrontLine Defenders (organizzazione che protegge i difensori dei diritti umani nel mondo), abbiamo dovuto operare con urgenza per evitare che l’attivista di Arish fosse ucciso dai trafficanti, noi conosciamo la verità. Conosciamo il coraggio di Hamdy. Conosciamo la solitudine di Hamdy nella grande impresa. Conosciamo l’importanza – spesso misconosciuta – del lavoro umanitario dei difensori dei diritti umani.