Colpire al cuore i fattori di rischio, raggiungendo gli obiettivi fissati dalle linee guida ONU potrebbe salvare 37 milioni di vite tra il 2010 e il 2025. Uno studio dell’Imperial college di Londra, condotto in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Università di Toronto e quella di Auckland, appena pubblicato su Lancet, stima a questi livelli la riduzione della mortalità per i famosi big killer: malattie cardiovascolari, tumori, diabete e malattie polmonari. I fattori di rischio per queste patologie sono diversi, ma è dalla correzione dell’ipertensione e dallo smettere di fumare che gli esperti prevedono che potrebbero derivare i maggiori benefici per la salute.
Nel 2011 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è posta l’obiettivo di ridurre la mortalità derivante dalle quattro principali malattie croniche, mettendo a punto degli obiettivi, relativi ai fattori di rischio chiave: fumo, alcol, ipertensione arteriosa, diabete, obesità, consumo di sale. I ricercatori dell’Imperial College hanno analizzato l’impatto che potrebbe avere il raggiungimento degli obiettivi per ogni singolo fattore di rischio. Si arriverebbe così a una riduzione dei decessi prematuri derivanti dalle patologie croniche, entro il 2025, del 22 per cento tra i maschi e del 19 per cento tra le femmine.
Gli obiettivi indicati dalle Nazioni Unite prevedono una riduzione dei fumatori del 30 per cento, la riduzione del consumo di alcol per il 10 per cento e del sale nella dieta per il 30. Secondo gli autori dello studio, ridurre il numero dei fumatori del 50 per cento consentirebbe di abbattere la mortalità per malattie croniche del 25 per cento tra gli uomini e del 20 per cento tra le donne. I benefici maggiori si registrerebbero nelle nazioni più povere e l’impatto principale della riduzione dei fattori di rischio sarebbe sulle patologie cardiovascolari e su quelle polmonari croniche. Raggiungere gli obiettivi prefissati consentirebbe inoltre anche di arginare la marea montante dei casi di diabete nel mondo.
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