I padri italiani sono sempre più coinvolti nella cura dei figli, ma quando si tratta di fare delle rinunce sul lavoro, è ancora la donna a fare maggiori sacrifici. Ed anche sul piano della comprensione e sull’educazione del bambino gli uomini hanno qualche incertezza tra un atteggiamento autoritario, più vicino a modelli del passato, e uno amichevole, non sempre efficace. Sono questi alcuni dei risultati emersi dal sondaggio on line lanciato dal mensile Focus e dal portale Nostrofiglio.it con la collaborazione scientifica dell’Eurispes per delineare il profilo dei nuovi papà italiani. L’indagine conferma una più equa distribuzione delle mansioni domestiche: per la quasi totalità degli intervistati è del tutto normale per un padre dia da mangiare ai figli (91,5%), legga o racconti loro favole (88,3%), li accompagni alle attività extrascolastiche (85,2%), cambi i pannolini (83,9%); solo una minoranza ritiene lo svolgimento di queste attività da parte dei padri sia “a volte necessario”, o addirittura inopportuno o una necessità legata alle circostanze. Ma ben il 45,4% del campione si dice bastanza convinto che ci siano attività legate alla cura dei figli più adatte alle donne che agli uomini e, per quanto riguarda invece l’ipotesi che un uomo rimanga a casa dal lavoro se i bambini sono ammalati, è del tutto normale solo per il 44,2%, mentre è a volte necessario per il 50,5% e inopportuno per il 5,3%. La maggioranza del campione (52,6%) si dichiara molto d’accordo sul fatto che l’uomo dovrebbe contribuire alla cura dei figli affinché la donna non sia costretta a sacrificare il proprio lavoro, mentre il 36,2% concorda abbastanza, l’8,3% poco ed il 2,8% per niente.
Se i padri non sembrano disposti a porre limiti alla propria carriera per i figli, non sembrano andare meglio nel dialogo con la prole. Solo il 55,2%% delle intervistate equipara le capacità di comprensione dei due sessi, e anche il 35,3% degli uomini attribuisce ancora oggi un primato alle madri nella sfera dell’empatia; questo sembra confermato anche dai temi dei quali padri e figli parlano con maggior frequenza: in testa ci sono il tempo libero e lo sport (per il 69,9% ne discutono spesso), la scuola (per il 65,3% ne discutono spesso), i progetti per il futuro (per il 49,7% spesso, per il 44,1% occasionalmente) mentre è interessante osservare come alcuni temi delicati, secondo molti intervistati, non entrino mai nelle conversazioni tra padri e figli; questioni legate alla sessualità non vengono mai discusse secondo il 34,1%, droga per il 28,1%, amore e relazioni sentimentali per il 23,3%, la politica per il 20,9%, problemi e preoccupazioni personali per il 15,1%. E se per la maggioranza del campione un padre dovrebbe essere amico dei figli (60,6%), per il 51,3% dovrebbe dare uno schiaffo, in certe occasioni. Ne deriva un’immagine articolata del padre moderno, che dovrebbe coniugare la funzione educativa a quella affettiva, la complicità ed il rispetto all’autorità. Un connubio ed un equilibrio evidentemente difficili da raggiungere e mettere in pratica. Un ruolo, quello del padre moderno in Italia, dal profilo ancora decisamente confuso.