Mt 13,24-33
Espose loro un’altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: "Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?". Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". "No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio"".
Espose loro un’altra parabola, dicendo: "Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami". Disse loro un’altra parabola: "Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata".
di Ettore Sentimentale
Il brano evangelico proposto è la continuazione materiale di quello della settimana scorsa. Anche per la pericope in oggetto è stato operato un taglio rispetto all’intero brano (Mt 13, 24-43). Le tre parabole proposte alla nostra attenzione, destinate alla comunità primitiva a cui Matteo indirizza il suo racconto, sono strettamente ricollegabili alle tentazioni di Gesù nel deserto (Mt 4,1-11) e delle quali il nuovo popolo di Dio deve stare in guardia. Sintetizzo la prima parabola, visto che nei versetti “tagliati” viene spiegata da Gesù, per soffermarmi sulle altre.
La metafora del grano e della zizzania, insegna che la Chiesa corre sempre il rischio di vedersi come una comunità autoreferenziale, di eletti, ove è ammesso solo il grano ed emarginato il loglio. L’esperienza mostra chiaramente che il troppo zelo di tanti buoni cristiani “respingenti” nei confronti dei “diversi” provoca nei primi il desiderio di estirpare repentinamente il male prodotto dagli ultimi. È una manovra alquanto spericolata che si rivela più dannosa della zizzania stessa.
Spesso i “nuovi servi” operano senza nemmeno consultare il “padrone”. Lo fanno di propria iniziativa, con il pretesto di fare un po’ di pulizia, della quale spudoratamente vanno fieri.
La seconda “tentazione” di cui parla la parabola del chicco di senape è la cartina di tornasole per quantificare la sete di potere e di trionfalismo che aggredisce i cristiani, trasformando questa loro attitudine in una velata imposizione (sugli altri) del proprio modus vivendi. Cosa ha di speciale questo seme? Che è il più piccolo di tutti, ma quando cresce diventa un arbusto molto grande. Il regno di Dio – oggetto della parabola – al cui incremento deve lavorare anche la Chiesa, ha avuto degli inizi molto umili. Basti pensare che l’attività missionaria di Gesù in Galilea era fatta di gesti di bontà e giustizia, mai di grandiosità e spettacolarità. Il lavoro che i seguaci del Signore realizzano non può non avere la stessa “insignificanza”, ignorata dai centri di potere. Oggi, invece, a più livelli, si parla ambiguamente di “visibilità” dei cristiani nella vita sociale, politica, amministrativa… Ma c’è un altro rischio: se pensiamo sia inutile lavorare per un mondo migliore, allora commettiamo gli stessi errori di sempre, perché non siamo capaci di captare la lenta crescita del regno di Dio. Simile dinamica contiene la parabola del lievito che seppur in piccolissima dose è capace di fermentare una massa grandissima di farina. La stessa cosa succede con il progetto umanizzante di Dio: una volta “impastato” con il mondo ne trasforma silenziosamente la storia. Dio non compie il suo piano imponendosi dal di fuori, ma attraverso la vita degna, giusta e fraterna dei suoi figli. Propongo un’applicazione del messaggio delle parabole, sulla falsariga di quanto va dicendo papa Francesco: aiutiamo la Chiesa a essere meno potente, sprovvista di privilegi, più libera per continuare a seminare con abbondanza i semi del Vangelo.