L’8 marzo si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale della donna. In questa occasione il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha rivolto il suo ringraziamento a tutte le donne impegnate nel Servizio sanitario nazionale nel tutelare la salute dei cittadini e combattere, nei diversi ambiti, la sfida più dura degli ultimi cento anni: la pandemia causata dal virus Sars-CoV-2.
“Una dottoressa – ha dichiarato il ministro Speranza – ha individuato per prima il virus in circolazione nel nostro Paese. Tre scienziate lo hanno sequenziato per la prima volta in Italia. Sono per la maggior parte donne le professioniste del nostro Servizio Sanitario Nazionale che si prendono cura di tutti noi. Oggi, e tutti i giorni dell’anno, grazie, grazie, grazie.”
Le donne nel Servizio Sanitario Nazionale
In Italia i dati al 31 dicembre 2019 del Conto Annuale Igop – Ragioneria Generale dello Stato, evidenziano che sono oltre 428mila le donne che lavorano con contratto a tempo indeterminato nel Servizio sanitario nazionale, quasi il 68% del personale del Servizio sanitario nazionale. Medici, operatrici sanitarie, biologhe, ricercatrici, tecniche di laboratorio, impiegate amministrative, etc. che ogni giorno profondono tutto il oro impegno nel tutelare la salute delle persone e che sono in prima linea nel fronteggiare un’emergenza sanitaria planetaria.
La presenza femminile è tuttavia molto variabile a seconda della categoria professionale cui si fa riferimento. Se, ad esempio, quasi il 78% del personale infermieristico è costituito da donne, tra i dirigenti medici con contratto a tempo indeterminato le donne sono solo il 48,1%. Inoltre, solo il 9,1% delle dirigenti medico donna riveste il ruolo di direttore di struttura (complessa o semplice), contrariamente a quanto rilevato per i dirigenti medici uomini che sono a capo di una struttura semplice o complessa in circa il 21,5% dei casi.
Nel corso dell’anno 2019 tra il personale a tempo indeterminato e personale dirigente assunto in servizio le donne sono state 20.932, pari al 64,4% del totale degli assunti. Tra i medici il 61,3% degli assunti sono donne, nel personale infermieristico la percentuale sale al 75,1%.
La violenza sulle donne
Le donne, purtroppo, sono più degli uomini, vittime di aggressioni. Anche nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, in particolare nelle postazioni di guardie mediche e nei Pronto soccorso. Per contrastare questo fenomeno inaccettabile il 14 agosto 2020 il Parlamento ha approvato la Legge n.113 che dispone misure di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni.
La violenza sulle donne non riguarda però solo il posto di lavoro ma anche la vita privata.
Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3.
In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri, indicano i dati Istat, sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner.
La Polizia di Stato ha registrato nel mese di marzo 2019, in media, ogni 15 minuti una vittima di violenza di genere di sesso femminile. Maltrattamenti, stalking, abusi sessuali, fino alla forma più estrema di violenza: il femminicidio, commesso nella maggior parte dei casi in ambito familiare.
I dati Istat sugli omicidi riferiti al periodo 2019, pubblicati a febbraio 2021, evidenziano che in ambito familiare o affettivo le vittime aumentano: su 150 omicidi nel 2019, 93 vittime sono donne, l’83,8% sul totale degli omicidi. I femminicidi sono stati 101, pari al 91% degli omicidi di donne.
La violenza sulle donne nel periodo marzo – ottobre 2020, quindi durante la pandemia da Covid-19, i dati Istat sulle chiamate al numero verde antiviolenza 1522 (promosso e gestito dal Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio) evidenziano che il numero delle chiamate valide sia telefoniche sia via chat è notevolmente cresciuto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+71,7%), passando da 13.424 a 23.071. La crescita delle richieste di aiuto tramite chat è triplicata passando da 829 a 3.347 messaggi. Tra i motivi che inducono a contattare il numero verde raddoppiano le chiamate per la “richiesta di aiuto da parte delle vittime di violenza” e le “segnalazioni per casi di violenza” che insieme rappresentano il 45,8% delle chiamate valide (in totale 10.577). Nel periodo considerato, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, esse sono cresciute del 107%. Crescono anche le chiamate per avere informazioni sui Centri Anti Violenza (+65,7%).
Il ministero della Salute nel 2017 ha approvato le Linee guida nazionali per Asl e aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza. Salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza (rosso o equivalente), alla donna deve essere riconosciuta una codifica di urgenza relativa (codice giallo o equivalente) così da garantire una visita medica tempestiva e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari. È previsto inoltre che la donna presa in carico debba essere accompagnata in un’area separata dalla sala d’attesa generale che le assicuri protezione, sicurezza e riservatezza.
In considerazione dell’importanza di rafforzare le competenze degli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime, mediante specifici programmi di formazione, nel periodo 2019-2020, il Ministero della Salute con l’Istituto Superiore di Sanità ha aggiornato ed esteso a tutti i Pronto Soccorso presenti sull’intero territorio nazionale il Programma di Formazione a distanza (FAD) “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali”.
Per saperne di più: Pagina Violenza sulle donne
La sfida della medicina di genere
Il concetto di Medicina di Genere nasce dall’idea che le differenze tra uomini e donne in termini di salute siano legate non solo alla loro caratterizzazione biologica e alla funzione riproduttiva, ma anche a fattori ambientali, sociali, culturali e relazionali definiti dal termine “genere”, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nella quale il “genere” è inteso come il risultato di criteri costruiti su parametri sociali relativi al comportamento, alle azioni e ai ruoli attribuiti a un sesso e come elemento portante per la promozione della salute.
L’esigenza di questo nuovo punto di vista, da includere in tutte le specialità mediche con un approccio che tenga conto di tutte le fasi della vita, nasce dalla crescente consapevolezza delle differenze associate al genere, con il fine ultimo di garantire ad ogni persona, la migliore cura, rafforzando il concetto di “centralità del paziente” e di “personalizzazione delle cure”.
Questo cambio di prospettiva tiene in considerazione il fatto che, come un bambino non è un piccolo adulto e l’anziano ha caratteristiche cliniche e bisogni specifici, l’attenzione all’universo femminile non va circoscritta alle patologie esclusivamente femminili che colpiscono mammella, utero e ovaie, ma deve essere prevista e sostenuta ovunque, in ogni ambito e settore, poiché le differenze tra donna e uomo trovano espressione nei meccanismi che regolano la fisiologia, la fisiopatologia, l’insorgenza e le caratteristiche dei sintomi, le risposte ai trattamenti e la loro gestione. Nello stesso tempo le differenze, in particolare di genere socio-economiche e culturali, governano i comportamenti a rischio e protettivi, e vanno tenute in considerazione anche in ambito preventivo.
Questi aspetti sono emersi in tutta la loro importanza anche in corso di pandemia da COVID-19. Le statistiche infatti rilevano che l’infezione da SARS-CoV-2 produce effetti diversi negli uomini e nelle donne, per spiegare i quali sono state chiamate in causa differenze di tipo ormonale, genetico, relative all’efficacia della risposta immunitaria e agli stili di vita.
In Italia con Decreto del ministro della salute del 13 giugno 2019 è stato adottato il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere, dando attuazione alla Legge n. 3 dell’11 gennaio 2018, Art 3. Il Piano ha l’obiettivo di sostenere e garantire la prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione ad ogni persona con un approccio che tenga conto delle differenze di genere in tutte le fasi della vita e in tutti gli ambienti di vita e di lavoro.
Inoltre, con Decreto del Ministero della Salute del 22 settembre 2020, in attuazione dell’articolo 3, comma 5, della legge 11 gennaio 2018, n. 3, è stato istituito, presso l’Istituto Superiore di Sanità, l’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere, allo scopo di monitorare l’attuazione delle azioni di promozione, applicazione e sostegno alla Medicina di Genere nel nostro Paese, previste dal Piano.
Durante la pandemia da Covid-19 si è avvertita l’esigenza di tutelare i percorsi assistenziali continuando a garantire appropriatezza e qualità all’assistenza e alla cura della donna. Pertanto, si è provveduto alla riorganizzazione dei percorsi assistenziali per la prevenzione. Si è rafforzata la collaborazione con esperti, associazioni, famiglie, per il raggiungimento di obiettivi prioritari posti a garanzia della salute della donna in tutte le fasi della vita. In particolare, ci si è rivolti agli aspetti connessi all’organizzazione della rete perinatale, alla gestione dell’infezione in gravidanza, alla possibile trasmissione materno-fetale dell’infezione prima, durante e dopo il parto, alla sicurezza della gestione congiunta puerpera-neonato e all’allattamento materno.