di Ettore Sentimentale
Lentamente stiamo riprendendo, dopo la pausa estiva, il ritmo degli impegni quotidiani. Certamente ogni anno è doloroso rientrare nel clima delle varie attività. Tuttavia questo disagio non deve scoraggiarci, ma al contrario motivarci.
In questa lettera vorrei riprendere gli aspetti più salienti di quanto la Parola di Dio domenicale ci ha proposto, attraverso il confronto serrato con il vangelo di Matteo, conosciuto come “ecclesiale”. La finalità del mio intento è quella di proporre una base comune attorno alla quale riannodare i fili della comunità.
Prendo spunto dalle parole di un inno del vespro (o della compieta) e che alla fine suonano così: “ma donaci la forza anche domani/ di rendere credibile il tuo amore”. La mia riflessione vuole offrire qualche spunto perché la Chiesa, di cui siamo parte integrante, sia sempre più credibile.
Secondo quanto insegna il Concilio Vat. II, la Chiesa è situata nella storia e nella società (aspetto visibile) e nello stesso tempo le trascende. Essa è il campo che Dio coltiva, la sua costruzione realizzata con pietre vive, la sua famiglia, il suo popolo, la dimora dello Spirito santo. L’autorevolezza le proviene da Gesù Cristo e non solamente dagli uomini, i quali nella realtà visibile del popolo di Dio, dovrebbero sempre far trasparire la dimensione spirituale.
Troppo spesso, però, la parola “Chiesa” evoca i ministri ordinati che appartengono all’istituzione, la gerarchia, il magistero e difficilmente il popolo dei credenti che si riunisce. Questa visione si rifà alla storia che vede il popolo di Dio essere diviso fra clero da una parte e laici dall’altra. I primi detengono il potere di insegnare, governare e santificare attraverso i sacramenti, i secondi hanno solo un ruolo rassegnato e remissivo.
Gesù non ha fondato la Chiesa con la forma che noi vediamo. La sua morte, secondo Mt 26,51, aveva simbolicamente squarciato il velo del Tempio che separava il sacro dal profano, il puro dall’impuro. La storia, purtroppo, ha impiegato appena quattro secoli (l’avvento di Costantino) per ricucirlo, cioè per sacralizzare nuovamente la “casta” del clero.
E oggi? La congiuntura attuale, paradossalmente, ci avvicina ai primi tempi della Chiesa. Così com’era prima che il cristianesimo divenisse religione di stato. La diminuzione del numero dei preti potrebbe essere un’opportunità provvidenziale per rivedere il ruolo schiacciante dei ministri della Chiesa.
Davanti alle esigenze delle comunità, tanti laici (uomini e donne) si rendono disponibili per offrire un servizio e ritrovare così il vero senso del ministero. Lo fanno con competenza e generosità. E questo fa sì che il volto della Chiesa appaia più vicino, meno dominatore e moralizzatore, agli occhi dei contemporanei.
Queste brevi provocazioni sulla Chiesa, devono stimolarci ulteriormente per condividere le responsabilità derivanti dall’essere battezzati.
Auguro che ciascun cristiano possa personalmente accogliere l’insegnamento dell’unico Maestro e comunitariamente rendere più credibile il popolo che ha Dio per Signore.