Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama…

di Ettore Sentimentale

Il Natale del Signore bussa alle porte del nostro cuore invitandolo ad accogliere e a vivere l’annuncio della notte santa: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Lc 2,14). Questo appello ci sprona a condurre la nostra vita in modo trasparente, cioè far intravedere la gloria che avvolge Dio dandole il peso umano della pace, dimensione che dovrebbe sempre connotare le relazioni con ogni persona che incontriamo.

La vita quotidiana, però, è costellata da tanti fatti e misfatti che rimandano sempre più insistentemente al detto latino: “homo homini lupus” (l’uomo è lupo per il suo simile).

È vero che oggi il lupo è in via d’estinzione e viene tutelato, ma è più vero che tantissimi individui camuffano bene la zampa del lupo con la soffice lana dell’agnello. In questo modo viene a mancare la sfida di segno opposto al suddetto motto: “homo homini Deus”, cioè “l’uomo è Dio per il suo simile”. In realtà è questo – in estrema sintesi – il mistero del Natale. Dio si fa uomo perché l’uomo diventi come Lui, o meglio perché l’uomo ridiventi pienamente uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio.

Se questa è la finalità del Natale, sorge spontanea la domanda: cosa fare davanti alla crudele ferocia dei vari branchi di lupi? Dar loro la caccia? Barricarsi in casa? Sospendere qualsiasi attività e impegno?

A queste domande rispondono “I fioretti” del poverello di Assisi al cap. XXI, allorquando raccontano “Del santissimo miracolo che fece santo Francesco quando convertì il ferocissimo lupo d’Agobbio (Gubbio)”. Non trascrivo interamente il racconto – facilmente scaricabile dal web – ma vorrei rileggere il fatto in chiave simbolica. D’altronde si tratta di una leggenda che, al di là della veridicità, vuol trasmettere un insegnamento.

Dietro il lupo feroce si possono scorgere i gruppi di nemici o qualche terribile delinquente di allora, un periodo contrassegnato dalle lotte fratricide. Oggi dovremmo allargare la zumata: corrotti di ogni tipo, ladri autorizzati rintanati nelle pubbliche amministrazioni, delinquenti di varia estrazione, stupratori e seviziatori di bambini (con nutrita rappresentanza clericale,) etc… E l’elenco dovrebbe essere aggiornato in tempo reale.

Tutto questo è “normale” nelle nostre città spaventate, nel nostro pianeta armato fino ai denti…come gli abitanti di Gubbio. La violenza però non spaventa le varie facce del terrore. Che danni incalcolabili quando ci guardiamo gli uni gli altri come nemici, quando dobbiamo essere sempre “attenti al lupo!”. E dire che Francesco d’Assisi riuscì ad ammansire il lupo “facendo il segno di croce” e dicendogli “Vieni qui fratello lupo”. È interessante questa metodologia perché fa emergere come il Poverello confidò nel crocifisso che è morto indifeso e perdonando, più che sulla minaccia delle armi e dei castighi.

Comprendo bene che il discorso potrebbe scivolare in un ingenuo populismo (frutto di chi sulle disgrazie altrui vuol farsi solo pubblicità e avere un tornaconto), ma penso che a Natale dobbiamo avere il coraggio di fissare lo sguardo innocente del Bambino e chiederci serenamente se crediamo in Dio e nel suo immenso e tenero cuore che vorrebbe trapiantarsi nel nostro, così incerto e pauroso.

Scrutiamo bene, fratelli miei, l’irriducibile bontà di Dio con la quale scopriremo che il lupo più feroce e assassino che c’è, in verità è un povero essere umano pieno di necessità, errori e ferite che attendono di essere medicati dal nostro balsamo.