Vittorio Messori e il cattolicesimo anacronistico

di ANDREA FILLORAMO

L’articolo di Vittorio Messori, pubblicato sul “Corriere della sera” con il titolo: “I dubbi sulla svolta di Papa Francesco”, è l’espressione più becera di un cattolicesimo anacronistico, al quale da tempo la schiera di alcuni scrittori cattolici, alla quale appartiene lo stesso Messori, hanno abituato i loro lettori. Egli, prolifico scrittore dell’area cattolica, scrive, in virtù della libertà di espressione; ma tale libertà, lo sappiamo bene, è ritenuta da lui pericolosa se adoperata dagli altri ma non da se stesso. In tale articolo, egli utilizzando il criterio del “dire e non dire” cerca di “colpire” il pontefice, suggerendogli tacitamente di “cambiare”, in una “metanoia”, che ritiene necessaria e urgente per il “bene della Chiesa”. L’articolo segue le sue “ apparizioni” in televisione, dove egli non ha il coraggio di opporsi, in modo chiaro, al progetto della Chiesa Cattolica che è di competenza esclusiva ma partecipata del pontefice romano, e, quindi, si trincera dietro il paravento delle sue “lambiccate” espressioni, sul “linguaggio” del suo viso, che esprime spesso disgusto per chi non la pensa come lui. Nell’incompletezza dei suoi giudizi sull’operato di un papa, che sta rivoluzionando il mondo, semina, però, dei dubbi, attraverso quella che lui chiama la sua” riflessione personale, le sue oscillazioni tra adesione e libertà, il suo giudizio mutevole a seconda dei momenti, delle occasioni, dei temi.” Tutto questo, diciamolo pure, accosta il Messori ai seguaci di Lefebvre, che, ne sono certo, sarebbero lieti di accoglierlo fra le loro fila. Basta, infatti, leggere l’”incipit” del suo articolo per giungere a queste conclusioni. Egli, infatti, scrive “ Credo sia onesto ammetterlo subito: abusando, forse, dello spazio concessomi, ciò che qui propongo, più che un articolo, è una riflessione personale. Anzi, una sorta di confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta”. C’è subito da obiettare: “alla richiesta di tale riflessione- confessione, se veramente c’è stata, poteva il Messori rispondere negativamente. Perché non l’ha fatto? Perche ha voluto rispondere? Perché, oltretutto, ha utilizzato lo stile ipocrita o diplomatico o di chi inganna con signorilità, con apparente rispetto per il modo di essere, di pensare di milioni di persone che sono “ attratte” dal papa argentino, ma fortemente critico nei suoi riguardi? Nessuno può dubitare sul fatto che l’intento di Messori sia quello di seminare, in queste persone, dubbi ma non in senso socratico, mezzi, cioè, per arrivare alla verità. La verità è quella che il papa, con il suo originale modo di “evangelizzare”, realizza totalmente il messaggio evangelico e non ha bisogno di ricorrere al “populismo” di cui parla al Missori. Ridicolo è, poi, il suo parere di “ intellettuale di strapazzo”, di osservatore “superficiale”, quando scrive su: “certe omelie mattutine del papa a Santa Marta, le prediche da parroco all’antica, con buoni consigli e saggi proverbi, e persino insistiti avvertimenti a non cadere nelle trappole che ci tende il diavolo”. Con queste parole il Messori dimostra di possedere una fede fatta, non dalle parole del Vangelo che il papa cerca di “sminuzzare”, per farle diventare alla portata di tutti, ma da “pagine” dei teologi che quasi sicuramente lo scrittore conosce solo in parte, essendo la sua formazione non teologica. Antistorico e contrario a ogni criterio adottato dai cattolici, è, poi, il paragone che Messori chiama “bilanciamento” fra Ratzinger e Bergoglio. I cattolici, infatti, pensano che non si possono paragonare fra loro due pontefici, in quanto diverse sono le personalità dei papi, diversi anche i “tempi”o le “ere” da tenere sempre separate anche se conseguenti. Il “bilanciamento”, per il Messori, è a favore dell’amato Joseph Ratzinger. Rammentiamo che, senza volere entrare nel merito delle virtù di Benedetto XVI, durante il suo pontificato, la Chiesa Romana ha toccato il fondo della corruzione, del malaffare, degli scandali. Questa Chiesa, così com’era, che forse piaceva allo scrittore cattolico, è stata consegnata in eredità a Papa Francesco. Grandi meriti ha avuto certamente il papa tedesco durante il suo pontificato,primo fra tutti quello di essersi dimesso. Non possiamo, inoltre, omettere il merito di Benedetto XVI di aver messo un argine, dopo un periodo di incertezza, alla pedofilia del clero. A tal proposito, il Messori, però, deve ricordarsi che, andando contro l’opinione pubblica che condannava senza riserve, i preti che si macchiavano di questo reato, egli, professandosi quasi “ protettore” dei pedofili, cercava di capirli, lasciando un’intervista alla “Stampa” di Torino, dove diceva “Un uomo di Chiesa fa del bene e talvolta cade in tentazione? E allora? Se fosse così per don Pierino Gelmini, se ogni tanto avesse toccato qualche ragazzo ma di questi ragazzi ne avesse salvati migliaia, e allora? La Chiesa ha beatificato un prete denunciato a ripetizione perché ai giardini pubblici si mostrava nudo alle mamme. Queste storie sono il riconoscimento della debolezza umana che fa parte della grandezza del Vangelo. Gesù dice di non essere venuto per i sani, ma per i peccatori. E’ il realismo della Chiesa: c’è chi non si sa fermare davanti agli spaghetti all’amatriciana, chi non sa esimersi dal fare il puttaniere e chi, senza averlo cercato, ha pulsioni omosessuali. E poi su quali basi la giustizia umana santifica l’omosessualità e demonizza la pedofilia? Chi stabilisce la norma e la soglia d’età?” Alla domanda, poi, di un giornalista, che riferendosi alla pedofilia dei preti in USA, chiedeva: ” Un business, come dice Bertone?”, egli rispondeva: “Sì. Negli Usa gli avvocati mettono cartelli per strada: “Vuoi diventare milionario? Manda tuo figlio un anno in seminario e poi passa da noi”. Le diocesi sono facilmente ricattabili, preferiscono pagare anche se innocenti. Temono un danno d’immagine. E l’inquinamento riguarda anche noi. Il politicamente corretto sta prendendo campo anche nel cattolicesimo italiano. E i risultati si vedono, purtroppo”. Questi interventi del Messori certamente non piacciono a papa Francesco e, ovviamente, la dicono lunga sul modo di vedere e di agire dello scrittore, che ovviamente contrastano con il modo di essere del papa attuale che è “ uomo di pastorale e di governo” e non fa sconti a preti e vescovi che si lasciano irretire dalla pedofilia. Da condividere ma non in senso critico nei riguardi del papa, però, è quanto Il Messori, nell’articolo del Corriere della Sera, scrive ancora del papa che “subito dal primissimo buonasera si è rivelato imprevedibile, una imprevedibilità continua”, egli scrive, che turba “la tranquillità del cattolico medio, abituato a fare a meno di pensare in proprio, quanto a fede e costumi, ed esortato a limitarsi a “seguire il Papa”. Non mi scandalizza il fatto che questa imprevedibilità meravigli anche qualche “ cardinale pentito – come scrive il Messori – di essere stato elettore di Bergoglio”. E’ questo soltanto un problema della sua coscienza di cardinale. Veramente “ triste” è, infine, la “lagnanza” che il Messori fa della telefonata a Pannella e dell’intervista a Eugenio Scalfari. Perché il papa non avrebbe dovuto telefonare a Pannella? Perché avrebbe dovuto preferire (Messori non lo dice ma forse lo pensa) lui stesso? Se questo fosse vero si tratterebbe di invidia, non confacente con la coscienza cristiana, che non vede nell’altro il nemico ma il fratello che non bisogna invidiare. E questa, almeno per il papa non è retorica. Rammento che l’invidia genera non solo dolore, ma anche “tristezza per i beni altrui”, che l’invidioso vorrebbe per sé poiché giudica che l’altro li possegga immeritatamente e debba essere punito per questo con l’espropriazione. Il papa sa che, data l’età che avanza, non gli resta molto tempo per completare la “bonifica” della Chiesa. Occorre, quindi, affrettare il passo, certi che il prossimo papa si troverà una Chiesa diversa, forse anche una “Chiesa dei poveri e per i poveri”. Di questa Chiesa gli scrittori cattolici sono invitati a scrivere le pagine più belle.