di ANDREA FILLORAMO
La Chiesa che papa Francesco cerca, in mezzo a tante difficoltà, di costruire, è la chiesa voluta dal Concilio Vaticano II e non è – lo dico col la riverenza verso chi recentemente è stato proclamato santo – quella di Giovanni Paolo II. Il papa polacco passerà alla storia per la sua personalità carismatica, per la sua passione per l’uomo, la sua coraggiosa denuncia dei mali del mondo, la difesa e la promozione dell’umanità, la sua azione per rispondere alle attese e alle speranze dei popoli, e particolarmente per aver contribuito nella caduta del “muro di Berlino”, ma non per la costruzione della Chiesa come voluta dal Concilio Vaticano II. Egli, inoltre, nell’era dell’immagine e dell’”apparire”, sarà sopratutto ricordato per la sua capacità di attrarre l’attenzione di un’ampia schiera di studiosi, giornalisti, teologi, storici, politologi di tutto il mondo. Egli, quindi, non ha coltivato, il sogno della “Chiesa dei poveri”, cioè la Chiesa di papa Francesco, in quanto come ha scritto un prete, riferendosi al pontefice polacco,“Il papa imperatore non poteva accettare una Chiesa “spirituale”, cioè carismatica in ogni credente. Il suo ideale fu e restò il Medioevo, anzi la “Potenza” medievale, che riusciva anche a imporre la propria volontà “al braccio secolare”, di chi si adattava al suo imperio per opportunità o timore”. Le cose non cambiano con il successore di Giovanni Paolo II, al quale è data in eredità una chiesa degli scandali, dei rapporti con la mafia, dello Ior, di una Curia “arrivista” e “ingorda”, della tolleranza e del silenzio sui preti pedofili. Benedetto XVI, il più stretto collaboratore del papa polacco nel ruolo decisivo di prefetto della Congregazione della fede, nell’accettare l’esito del veloce conclave che l’ha eletto come pontefice e, quindi, di successore di Giovanni Paolo II, conosceva bene se stesso e i suoi limiti, conosceva il concetto, che anche lui ha contribuito a determinare, di “ecclesìa” del suo predecessore e, come attivo "padre conciliare”, conosceva tutti i documenti del Concilio. Forse siamo troppo vicini a questo papato e, quindi, non ci è lecito esprimere giudizi conclusivi, ma non ci possiamo esimere dal definire che quelli di Benedetto XVI furono anni “bui”, troppo “bui” e nel “buio” è caduto lo stesso pontefice. In quegli anni il papa, lentamente, infatti, mentre veniva travolto dagli effetti del suo “ governo”, si rendeva sempre più consapevole dei suoi errori, fatti anche nella scelta dei suoi diretti collaboratori (per esempio del Card. Bertone), della sua incapacità di comprendere la complessità del mondo e della stessa chiesa e, quindi, onestamente “abbandonava il campo” e si dimetteva. Il “fallimento“ del pontificato del papa Benedetto XVI è sotto gli occhi di tutti, anche dei cosiddetti “tradizionalisti”, che cercano oggi di osteggiare papa Francesco, che non vuole, non accetta e non tollera che la Chiesa continui ad essere affidata, come nei due pontificati precedenti, agli “affaristi”, all’”Opus Dei”, ai “Milites Christ”i, ai “Neocatecumenali”, ai “Lefebviani”. A questi ultimi, Papa Benedetto aveva promesso, addirittura, il riconoscimento giuridico di affidare una “ diocesi personale”. Nel decreto relativo ai vescovi seguaci di Lefebvre, infatti – come già in un memorandum precedente redatto dal Vaticano, da loro non sottoscritto –il papa non chiedeva espressamente, di riconoscere“ senza se e senza ma” le decisioni del concilio Vaticano II. Si tenga conto che Levebvre e i suoi seguaci si erano staccati dalla Chiesa proprio per il loro rifiuto di accettare il Concilio. Non parliamo poi del “ripristino” della Messa in latino, che ha causato insanabili rotture fra i fedeli, fra vescovi e preti e preti fra di loro. A chi è giovato quel “decreto pontificio” nessuno lo sa. In parole povere: Ratzinger si è reso sempre disponibile ad aprire le porte ai “tradizionalisti” mentre da cardinale e da papa ha sempre “bacchettato” quanti volevano una Chiesa più “conciliare”. Adesso sul “soglio di Pietro“ c’è papa Francesco, che nessuno può dire che sia, da un punto di vista “dottrinale”, un papa “rivoluzionario”, né si può pretenderlo. E’ certo, però, che egli sta indicando un percorso opposto a quello dei due papi precedenti. Per lui la Chiesa “imperiale” di Giovanni Paolo II e quella “tridentina” di Benedetto XVI sono fuori del tempo e della storia.