Corvi, invidiosi, delatori…

di ANDREA FILLORAMO

Le origini delle lettere anonime, che includono in sé la calunnia, la dilazione o anche l’interpretazione malevola nei confronti di qualcuno, sono molto antiche. Tacito parla a più riprese, negli Annales, della figura del “delator”, che riferisce vastamente diffusa nel Senato di Roma. I senatori, dice lo storico latino, erano disposti a tutto per fare carriera o per salvarsela e sempre trovavano un “princeps”, cui riferire le altrui segrete cose. Anche Plinio il Giovane, nel “Panegirico di Traiano”, evidenzia quanto questa piaga, soprattutto se prestata contro mercede, stesse continuando a pervadere l’Urbe, esaltando il suo attuale imperatore, giacché vi aveva posto deciso freno. La sua pratica era stimolata nella Repubblica di Venezia, come attesta il “mascherone” che, come una buca per le lettere, ornava Palazzo Ducale per accogliere le denunzie degli spioni. L’anonimo nella comunicazione contenente calunnie, accuse o altro non fu mai abbandonato e fu particolarmente restaurato nel 1486, quando diventò un obbligo per il clero porre nelle chiese per la denuncie anonime nello sterminio delle streghe, volute da Innocenzo VIII. Le streghe colpite da tali denunce venivano “invitate” se non lo facevano venivano torturate, quando confessavano venivano bruciate. Quello che avveniva allora è un ricordo. Oggi La cassetta di un tempo considerato lontano, è stata sostituita dalle lettere anonime, da recapiti e-mail operanti dappertutto. Sono cambiati i tempi, i mezzi e le tecnologie, ma il meccanismo e i risultati sono identici: si demonizza l’altro, diffondendo informazioni malevoli. Le streghe venivano buttate nelle acque legate mani e piedi, se annegavano erano innocenti, se galleggiavano considerate colpevoli. Oggi la “vittima” del mittente anonimo del cosiddetto “ corvo”, viene buttato nell’oceano dei media; innocente o colpevole che sia, non ha alcuna speranza di salvarsi da un simile tritacarne. Ed è qui che il sistema certamente non funziona. “Nella penombra di una chiesa del quindicesimo secolo il delatore, spesso mosso da invidia, gelosia o risentimento, poteva mantenere facilmente l’anonimato mentre infilava la sua denuncia anonima nell’apposita cassetta, certo che la sua vittima, risucchiata e stritolata nel disumano meccanismo inquisitorio, difficilmente avrebbe scoperto chi l’aveva denunciata. Ma nel terzo millennio mantenere l’anonimato è un’impresa ben più complessa. Troppi sotterfugi per recapitare le denunce anonime, troppe mani ricevono le lettere riservate, troppi occhi leggono le e-mail diffuse. Le denunce anonime esistono e si usano ancora, sia nel mondo “ laico”, sia in quello “ clericale”. Volendo continuare a scrivere su IMG PRESS di questioni che riguardano la Chiesa, e nessuna “email“ anonima me lo può vietare, mi permetto di affermare che il nascondesi dietro lo schermo dell’anonimato, è molto diffuso ancor oggi nella Chiesa. Basta pensare al “corvo” del palazzo pontificio di Benedetto XVI. Sarebbe interessante “scrutare” negli archivi della Santa Sede, degli episcopati, per leggere quanti sono gli “scritti” dei preti, che, per omertà o vigliaccheria, non rivelano il loro nome, con cui “menzionano”, “segnalano”, “accusano” o “ calunniano”. Tali notizie mi sono state confermate in un recente incontro con un alto prelato di una diocesi, che sosteneva che lettere anonime contro di lui e dei suoi più stretti collaboratori ne erano circolate tante e molte anche erano pervenute alla S. Sede. Basta ancora accedere ad internet per osservare che le lettere anonime da parte del clero invadono molte pagine della Rete. Di ciò vogliamo una prova? Si tratta della notizia (vedi:www.unionesarda.it) “di un volantino anonimo carico di veleno e di minacce velate contro il vescovo Mosè Marcia, vescovo di Nuoro di un fantomatico “Gruppetto” che graviterebbe intorno alla Curia e darebbe cattivi consigli al prelato. Il volantino, scritto con un computer in un solo foglio e su entrambe le facciate, si conclude con un annuncio: «Alla prossima. Il popolo in attesa». Il messaggio del “Corvo della diocesi” è stato distribuito in città nelle prime ore del mattino. Anzi più che distribuito, lanciato per strada, probabilmente da un’auto in corsa”. Ma che cosa c’è scritto sul volantino del “Corvo della diocesi”? «…mentre il Papa richiama a comportamenti evangelici, Lei (il vescovo, ndr) e il suo Gruppetto continuate a perdere tempo dimenticando di pascere il gregge… parliamo del Gruppetto… gli obiettivi nascosti, l’ipocrisia latente, la miseria umana di certi personaggi del mondo laicale e sacerdotale. Un microcosmo in cui sono immersi anche presbiteri che aspettano ritorni in termini di onori e carriera. Lupi nascosti dietro un talare, un clergyman o impettiti dentro un loden e con un cappello da sir o dietro i vestitini griffati di qualche dama… Non vogliamo sacerdoti amici dei politicanti che si dilettano in incontri improduttivi con la cosidetta intellighenzia. … Eccellenza, si affranchi da tutti questi personaggi…». E’ certo che, leggendo questo e molto altro in Internet, pervengo alla convinzione che l’anonimato, anche quella del clero, come una sorta di garanzia d’impunità, è uno schermo dietro il quale chi scrive si nasconde, dando sfogo ai sentimenti. È una situazione nella quale, il destinatario non riesce ad identificare l’interlocutore e, quindi, si sente impotente ma anche il mittente è sconfitto dalla sua stessa scorrettezza. Si realizza, in un certo senso la “ figura” del “ servo padrone” della fenomenologia dello spirito di Hegel. E’ certo che la causa di tutto è la mancanza di un dialogo vero e costruttivo, che richiede innanzitutto la trasparenza in ambedue i “ fronti”. Occorre, però, volendo ancora fare riferimento a quanto è scritto in quel “volantino”, e lo dico “ a voce bassa” per non essere accusato di mancanza di umiltà” o di permettermi di dare dei “ consigli” ad un soggetto che per me è solo mediatico e simbolico, che quel vescovo, di cui nel volantino, si ponga il problema, come richiesto, della presunta presenza nella sua diocesi di “obiettivi nascosti, ipocrisia latente, miseria umana di certi personaggi del mondo laicale e sacerdotale. Un microcosmo in cui sono immersi anche presbiteri che aspettano ritorni in termini di onori e carriera”. Non trascuri, inoltre, gli altri punti del “ volantino”, per verificarne la veridicità.