di ANDREA FILLORAMO
Il silenzio da parte dell’arcivescovo di Messina sul fatto ritenuto storico dell’elevazione alla porpora cardinalizia di Franco Montenegro, al quale i messinesi sono affettuosamente legati, ha sollevato critiche, “mormorii”, “accuse” nei confronti di Mons. Calogero La Piana, del quale il neo cardinale è stato, anche se per breve tempo dopo la successione di Marra, vescovo ausiliare. Essi abbondano nei social network, particolarmente in Facebook, da dove mi permetto raccogliere soltanto un breve ma significativo ” florilegio” dei messaggi facilmente leggibili da quanti sono soliti navigare in internet. Inizio con quanto scrive il sacerdote Santi Gigante. “Giornata storica…… Non sono riuscito a capire perché a livello ufficiale di diocesi si sia data poca, pochissima risonanza, visibilità a questa….. giornata storica. Mi sono già lamentato con il Direttore di Scintilla, il carissimo Giò. Ci sunnupetrinta lenticchia? “ RispondeSilvio Cucinotta: “ Ci sunnu, ci sunnu! E picchì non lisannulivari! E’ megghiucanciari u cuocu!” Afferma Lory Nesi: Ci sunnucchiù petri chi lenticchia SICURAMENTE”. Conclude infine Santi Gigante: “Nvidiuzzi…..gelusieddi…. picchì a iddusi e a mia no…..Chi voli conchiudiristu Papa…e via dicennu….” Signore, perdona loro, non sanno o non vogliono sapere quel che fanno” E perdona anche me”. Le domande, piuttosto retoriche, poste dai vari Gigante, Cucinotta, Nesi e ancora altri, sono chiare nella loro più semplice formulazione: “ perché l’arcivescovo di Messina non ha dato risonanza al fatto, ritenuto a ragione storico, della nomina a cardinale del messinese Franco Montenegro?” “Ci sono veramente “petrinta lenticchia”?, espressione tipica sicilianache significa che circolano tanti chiacchiericci su fatti che non si vogliono far conoscere? Sembra, secondo i sopra citati iscritti a Facebook, proprio di sì. Essi, addirittura affermano che il motivo della mancata risonanza della porpora data a Franco Montenegro sia da ricercare nell’invidia e nella gelosia, riassunte nell’espressione-domanda: “picchì a iddu e non a mia?” applicata all’arcivescovo di Messina. Non intendo entrare nel merito dei giudizi, estremamente negativi nei confronti di un vescovo, che come ho scritto più volte ecome mi risulta da molte testimonianze, non è amato da tutti e che Silvio Cucinotta, vorrebbe sostituire: “è mugghiu canciari u cuocu “.Certo che considerare il proprio vescovo invidioso di un suo confratello, scelto dal Papa meritatamente a indossare la beretta cardinalizia, è un fatto che indubbiamente ci fa pensare. Fino a oggi so di non aver provato questo sentimento, so però, che l’invidia per chi l’esperimenta, è penosa, perché comporta il vivere in pieno sentimenti negativi; è uno dei sette vizi capitali. Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia, non mette gli invidiosi nell’Inferno ma nel Purgatorio. Essi hanno le palpebre cucite dal fil di ferro perchè nella loro vita hanno guardato con gelosia la condizione altrui, per questo Dante toglie loro la luce. Dante era consapevole che, sanzionando mortalmente gli invidiosi, ben pochi elementi dell’umanità si sarebbero salvati. L’invidia, infatti, si può dire che colpisca in modo permanente o in modo temporaneo, più o meno tutta l’umanità, universalmente. Ma è possibile che un vescovo, chiunque egli sia, soffra di invidia e di gelosia nei confronti di un altro vescovo? Certamente, lo dice anche papa Francesco, in un discorso ai vescovi, quando fa la lista dei loro difetti e fra questi mette: “ll rodersi della gelosia, l’accecamento indotto dall’invidia, l’ambizione che genera correnti, consorterie, settarismo” Parola del papa.