La Divisione dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità per la Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini, in occasione della Festa della Donna, alla vigilia della 59° Commissione delle Nazioni Unite sullo Status delle Donne (9 al 20 marzo a New York) e a 20 anni dalla Dichiarazione e Piattaforma di Pechino, presenta le 10 sfide per la salute della donne in Italia e nel mondo.
“Quando penso alle donne e alla loro salute ritengo che abbiamo fatto molti progressi negli ultimi 20 anni – ha dichiarato Flavia Bustreo, Vice Direttore Generale, Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini presso l’OMS – con la Divisione dell’OMS che dirigo abbiamo ottenuto dei risultati importanti in molti paesi nel mondo, sia per la salute riproduttiva e sessuale che per l’educazione. Ma la strada da fare è ancora lunga per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere poiché in molti paesi, il potere e la salute delle donne è ancora una chimera e non solo loro ne pagano le conseguenze”.
Al primo posto tra le minacce, ricorda Flavia Bustreo, Vice Direttore Generale OMS, è la lotta a due tra i tumori più comuni che colpiscono il genere femminile – e possono essere sconfitti con la diagnosi precoce – quello al seno e al collo dell’utero, che continuano a mietere oltre un milione di vittime ogni anno, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, dove lo screening, la prevenzione e il trattamento sono quasi inesistenti. Altra sfida importante, quella relativa alla salute sessuale e riproduttiva che rappresenta un terzo dei problemi sanitari per le donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni. I rapporti sessuali non protetti, infatti, continuano ad essere un altissimo fattore di rischio, in particolare tra le donne e le ragazze nei paesi in via di sviluppo dove si stima che circa 222 milioni di donne non abbiano accesso ai servizi per la contraccezione.
Sono ancora troppe le giovani donne che lottano per proteggersi contro la trasmissione sessuale del virus dell’HIV e per ottenere il trattamento di cui hanno bisogno, lasciandole anche particolarmente esposte e vulnerabili alla tubercolosi, una delle principali cause di morte nei paesi nel mondo tra i 20 e i 59 anni. Sul tema delle malattie sessualmente trasmissibili, oltre all’HIV e al papilloma virus (HPV), è fondamentale fare un ulteriore passo in avanti per la prevenzione e la cura di malattie come gonorrea, clamidia e sifilide. Una sifilide non trattata è responsabile di più di 200 mila bambini nati morti e di morti fetali precoci ogni anno, oltre che per la morte di oltre 90 mila neonati.
Inoltre, nonostante molte donne stiano traendo beneficio dei progressi fatti durante il secolo scorso per quanto riguarda l’assistenza durante la gravidanza e il parto, nel 2013 quasi 300 mila donne sono morte a seguito delle complicanze durante la gestazione e il parto. Morti che si sarebbero potute evitare se queste donne avessero avuto accesso ad esempio alla pianificazione familiare e ad alcuni servizi sanitari di base. La salute sessuale e riproduttiva è poi una sfida soprattutto per le adolescenti. Circa 13 milioni di ragazze (di età inferiore ai 20 anni) partoriscono ogni anno. Le complicazioni di tali gravidanze e il parto sono una delle principali cause di morte per le giovani madri e tante soffrono le conseguenze di aborti non sicuri.
Un’altra questione prioritaria, all’attenzione dell’OMS, è quella relativa alla violenza sulle donne: oggi, nel mondo, infatti, una donna su tre sotto i 50 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale con gravi ripercussioni sulla salute fisica e mentale, nel breve e nel lungo termine. Tra le donne che hanno subito violenza domestica hanno il doppio delle probabilità di cadere vittima della depressione o della dipendenza dall’uso di alcol. Hanno 4,5 volte più probabilità di tentare il suicidio. Il rischio di partorire neonati sottopeso è del 16% superiore alla norma e, in alcune regioni del mondo, 1,5 volte in più è il rischio di contrarre una infezione sessualmente trasmissibile incluso l’HIV rispetto alle donne non abusate. La violenza contro le donne ha anche conseguenze sui loro bambini, con dati relativi a più alti tassi di mortalità infantile, più probabilità di problemi di sviluppo e comportamentali.
Infine, le donne sono attualmente le più inclini a disturbi di ansia, depressione e malattie psicosomatiche. La depressione è sicuramente il problema di salute mentale più comune e il suicidio una delle principali cause di morte per le donne che ne soffrono, sotto i 60 anni. Aiutarle e sensibilizzarle su tutto quello che riguarda i problemi di salute mentale, dando loro la fiducia necessaria per richiedere l’assistenza necessaria, è per l’Organizzazione Mondiale della Sanità una delle sfide del 2015.
Nel 2012, circa 4,7 milioni di donne sono morte – la maggior parte delle quali in paesi in via di sviluppo – prima di raggiungere i 70 anni a causa di incidenti stradali, di abuso di tabacco, alcol, sostanze stupefacenti e obesità (in quest’ultimo caso, più del 50% delle donne in sovrappeso vivono in Europa e in America).
Far in modo che le ragazze e le donne adottino stili di vita sani è la chiave per una vita lunga e sana.
Le donne più anziane, che spesso hanno lavorato principalmente in casa, corrono poi il rischio di avere pensioni e sussidi più bassi e un minor accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi sociali rispetto agli uomini. Il maggiore rischio di povertà, insieme alle patologie correlate all’età come la demenza, fa sì che le donne anziane rischino maggiormente di subire abusi e, in generale, di vivere in cattive condizioni di salute.
LA SITUAZIONE IN ITALIA E LA CONVENZIONE DI ISTANBUL
La violenza domestica è un crimine che in Italia non viene denunciato in oltre il 90 per cento dei casi. A infliggerla sono gli uomini di casa, mariti, compagni, fidanzati, padri e ad esserne vittime sono sempre le donne. Di queste, oltre 100 ogni anno vengono uccise per mano di un uomo. Nella maggior parte dei casi il colpevole è un partner o un ex partner, solo in rare circostanze si tratta di uno sconosciuto.
L’Italia è stato uno fra i primi paesi a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (conosciuta come Convenzione di Istanbul), entrata in vigore solo recentemente nell’Agosto 2014. Nonostante questo importante passaggio, sono ancora molti i paesi che non hanno ratificato il testo e, data la grande attenzione che l’Italia continua a riporre su questo tema e l’intenso dibattito sul piano sociale e politico, sarebbe interessante pensare all’Italia come promotrice e capo fila nel processo di allargamento della ratifica.
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica costituisce il primo strumento internazionale vincolante sul piano giuridico per prevenire e contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica. È stata ratificata da 16 paesi, compresa – nel settembre 2013 – l’Italia. Il testo della Convenzione si fonda su tre pilastri – prevenzione, protezione e punizione – ponendo particolare enfasi sui primi due, gli unici in grado di sradicare una violazione dei diritti umani ormai sistemica in Europa e particolarmente grave.
L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
L’OMS con la Divisione per la Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini, lavora per rafforzare i sistemi sanitari e di garantire un numero sufficiente di operatori sanitari qualificati in tutto il mondo. Con le Nazioni Unite e i partner mondiali sta lavorando per sviluppare una nuova strategia globale per la salute di donne, bambini e adolescenti e assicurarla anche dopo gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite del 2015. Ciò significa non solo la definizione di obiettivi e indicatori, ma un impegno costante in termini di politica, finanziamento e azione, al fine di garantire che il futuro porterà la salute a tutte le donne e le ragazze, chiunque esse siano, ovunque esse vivano.