Io non voglio doni, non amo frutti amari

di ANDREA FILLORAMO

L’attività di aggiramento dell’altrui volontà, che viene appellata “dolo”, assume nell’ambito testamentario il termine più specifico di “captazione”. Essa consiste nell’orientamento del volere del testatore, effettuato con mezzi fraudolenti e inteso a suscitare una falsa rappresentazione dei dati della realtà. Non sono sufficienti semplici blandizie, suggerimenti, consigli; occorrono condotte ingannatrici o comunque intese a deviare l’intento del disponente, tenuto conto delle condizioni di età e del suo stato di salute fisiopsichica. L’idoneità della condotta a ingannare, a captare l’intento del testatore deve essere valutata nel caso concreto. Essa si può desumere anche da comportamenti e da accadimenti altrimenti incomprensibili, come ad esempio l’improvvisa e immotivata diffidenza del testatore nei confronti dei parenti più stretti e la redazione, negli ultimissimi momenti della vita, di un testamento che favorisca altri soggetti. Questa premessa giuridica, anche se giurista non sono, è da considerare una mera considerazione, che ci aiuta a comprendere dei fatti di aggiramento e, quindi, di captazione, di persone anziane. La captazione, purtroppo e ci dispiace, è operata, come nel lontano passato, anche nel presente, da appartenenti al clero che, scavalcando ogni regola morale, hanno indotto e inducono persone anziane a sottoscrivere dei testamenti a loro favore. A questi potrebbe aggiungere anche qualche appartenente all’”alto clero”, anche se – e lo sappiamo- di un vescovo non è sempre lecito parlare. Un testamento pubblico, però, non può passare sotto silenzio. Prima o dopo sarà portato a conoscenza di quanti lo condanneranno sicuramente al “ludibrio”. Vogliamo fare qualche riflessione su qualche caso di ipotetica captazione?. Essa è leggibile nella Rete, nella quale c’è scritto: ”Lettera di Radio Maria agli ascoltatori: fate testamento a nostro favore, un lascito anche piccolo. Una lettera per chiedere agli ascoltatori anziani di fare testamento a favore dell’emittente, “un lascito anche piccolo” che rappresenti “un atto d’amore”. Ed è ovviamente polemica. La campagna lanciata da Radio Maria non passa inosservata e solleva forti critiche. Così anche Repubblica stigmatizza la singolare iniziativa che, effettivamente, lascia abbastanza perplessi. La lettera inviata agli ascoltatori con la firma del direttore padre Livio Fanzaga, spiega, in sette punti, come redigere un testamento olografo. Lo scandalo è stato sollevato dal figlio di una vecchia signora, fan dell’emittente, dopo che l’uomo aveva trovato la mamma intenta a compilare il questionario allegato alla lettera inviata dalla radio. Sette, come si diceva, le domande contenute nel questionario. Eccole: condividi l’idea che Radio Maria ti informi su lasciti e testamenti? Sai che ai tuoi cari resterà comunque una quota? Sai che per fare un testamento olografo basta un foglio bianco e una firma di proprio pugno? Quali motivi ti trattengono ancora dal devolvere parte della tua eredità a Radio Maria? Pensi che costi o non hai un notaio? Possiamo inviarti un opuscolo che possa spiegarti come fare? Vuoi che una persona di Radio Maria ti contatti direttamente? Ovviamente non mancano le indicazioni su come agire dopo la compilazione. E’ sufficiente inviare il questionario, completo dei dati personali e dei recapiti, tramite la busta allegata e preaffrancata. E se poi si volesse anticipare le decisioni e cominciare a diventare concreti, nessun problema, c’è il bollettino allegato per fare una bella donazione” Vogliamo un altro cao? Lo leggiamo ancora in Internet: “Un reato grave, pesante, per chiunque. Figuriamoci per un parroco. Circonvenzione d’incapace: ovvero trarre profitto dal disagio mentale di una persona; approfittare di lei per spillarle soldi o impossessarsi dei suoi beni. E l’accusa avanzata a un anziano prete di una parrocchia riminese che ieri è stato rinviato a giudizio, su richiesta della Procura, dal gup Vinicio Cantarini. Secondo gli inquirenti, infatti, il religioso avrebbe indotto una benestante riminese di 100 anni a redigere un testamento olografo col quale, alla sua morte, tutti i suoi beni, una villa e tre appartamenti nel centro di Rimini, per un valore complessivo di oltre un milione di euro, sarebbero andati alla Chiesa. Insomma, il solito lascito a fine di bene: da tempo, infatti, secondo quando sostenuto dalla difesa del parroco, la signora aveva espresso al religioso, che aveva iniziato a frequentare la sua abitazione per somministrarle i sacramenti, la volontà di dare tutto ai poveri (in quel periodo erano continui i litigi tra la centenaria e la sorella 84enne). (…) Vistasi diseredata, infatti, la congiunta della deceduta nomina un legale e impugna immediatamente, in sede civile, il testamento, facendo, quindi, causa alla Diocesi. Mentre in sede penale denuncia per circonvenzione d’incapace il sacerdote. (…)”. Qualcuno potrebbe chiedermi: “e del vescovo non ci dici nulla?” Riferisco quanto mi è stato riferito: “un ricco signore, un mese prima della sua morte, fa un testamento pubblico, e nomina suo erede universale ed esecutore testamentario un vescovo. Il patrimonio ereditato si aggira attorno a 6 milioni di euro. Si spera che sia una “bufala”. A conclusione cito uno “stralcio” del Discorso 355 sul comportamento dei chierici – Discorso Primo di S.Agostino: “A noi si unì anche il presbitero Ianuario. Di quello che appariva sua onesta proprietà aveva fatto quasi totalmente generose elargizioni, ma non aveva distribuito tutti i suoi beni. Gli era rimasto un gruzzolo in argento che diceva appartenere a sua figlia. Questa figlia, con la grazia di Dio, è in un monastero femminile e dà buona speranza. Il Signore si degni di aiutarla con la sua guida perché arrivi a compimento ciò che di lei speriamo per la divina misericordia, più che per i suoi meriti. La figlia è minorenne e non era il caso che disponesse lei di questo denaro. Noi che eravamo spettatori della sua splendida scelta temevamo pur sempre la instabilità della giovinezza, perciò venne conservato quel denaro nominalmente per la fanciulla che ne avrebbe disposto quando avesse raggiunto l’età legale, così da poterne essa fare l’uso migliore, come si conviene ad una vergine di Cristo. In questo tempo di attesa Ianuario cominciò ad appressarsi alla morte finché non fece un testamento come per un diritto suo, non della figlia. Fece testamento – dico – un presbitero membro della nostra comunità, uno che viveva con noi dei beni della Chiesa, che faceva professione di vita comune. Fece testamento, istituì degli eredi. O dolore di noi tutti nella comunità! O frutto nato non dall’albero che piantò il Signore! Ma fu proprio la Chiesa a essere istituita erede. Io non voglio tali doni, non amo frutti amari. Io lo avevo cercato per il Signore. Aveva fatto "professione " nella nostra comunità: a quel patto doveva attenersi, a quella comunità doveva mostrarsi fedele. Non possedeva nulla? Non doveva far testamento. Possedeva qualcosa? Allora non doveva fingersi povero di Dio, membro della nostra comunità. Io ne ho un gran dolore, fratelli, e per questo dolore, lo dichiaro alla vostra Carità, ho deciso di non accettare tale eredità per la mia Chiesa. Ciò che ha lasciato vada ai suoi figli. Ne facciano essi quello che vogliono. Se l’accettassi io, mi vedrei complice di un fatto che deploro e che mi addolora. Ho voluto che ciò non fosse ignorato dalla Carità vostra. La figlia di quest’uomo è in un monastero femminile, il figlio in uno maschile. Li ha diseredati ambedue: lei con tributo di lodi, lui con una clausola del testamento che ha del biasimo. Ho raccomandato alla Chiesa di non consegnare questa somma ai due diseredati finché non siano in età legale. La Chiesa tiene in serbo per loro questo deposito. Intanto tra i figli è sorta una lite che mi affligge, che mi dà tribolazione. La fanciulla dice: "E` roba mia, lo sapete, mio padre lo diceva sempre". Il ragazzo protesta: "Si deve credere al testamento di mio padre. Non poteva mentire in punto di morte". Questa contesa è deplorevole. Tuttavia se gli stessi figli sono veri servi di Dio, confido di poterla presto comporre. Li ascolterò come un padre, anzi forse meglio del loro vero padre. Studierò la materia della contesa e, come Dio vorrà, istruirò la causa fra di loro insieme con alcuni fratelli fedeli e onorati, scelti con l’aiuto di Dio fra di voi, di questo popolo dico, e concluderò come il Signore mi farà grazia di stabilire.