di ANDREA FILLORAMO
E’ indiscutibile: il fenomeno delle lettere anonime è molto diffuso. Cerchiamo di riflettere…… Il termine “anonimo”, come sappiamo, significa “senza nome”, “sconosciuto”, “innominato”, “che non si fa conoscere” e, quindi, indica assenza di identità, proprio come le Erinni (le Irate). Di esse scrive Euripide, considerato, insieme a Eschilo e Sofocle, uno dei maggiori poeti tragici grecie le definisce" coloro che non si nominano, da non nominare”. Le Erinni, infatti, sono le dee della vendetta e della punizione. L’analogia tra "colui che non si nomina" e le “Erinni” è fortemente calzante. Infatti, per lo psicologo, chi scrive lettere anonime è spinto da aggressività incontrollata che si rivolge verso colui di cui si parla nella lettera. L’anonimo ha bisogno di punire, come le Erinni, ed è spinto dall’ira. Colui che, a sua volta, viene accusato è coscientemente o inconsciamente colpevole. Infatti, generalmente, lo scrivente ha subito un torto dall’accusato oppure e stato respinto, oppure bistrattato, calpestato. “Si può trattare in questo caso addirittura di persone vicine all’interessato, talvolta di persone che ritengono a torto o a ragione di aver subito torti da questo, che indicano il colpevole e chiamano a testimone l’intestatario dello scritto per spingerlo in un vicolo cieco che non lascia altre alternative: o si è dalla parte dell’anonimo ed attraverso la propria autorità gli si da credibilità, o si è contro e allora si entra a far parte direttamente del gioco fino al protagonismo”. Infine si può concludere ricordando che l’anonimo è in realtà un mezzo attraverso il quale si esprimono le convinzioni più recondite dei gruppi sociali, quelle "voci della strada",“dei salotti”, “degli incontri casuali”, che non hanno origine, che non hanno autore, ma che esprimono in se stesse ed in modo confuso le verità profonde colte indirettamente ed inconsciamente da una sensibilità che si rappresenta senza freni. Al destinatario che non riesce a smettere di pensare a ciò che vi è scritto, un unico messaggio “prenditi del tempo per esaminarlo. Chiediti qual è il motivo che potrebbe avere spinto una persona a inviarti una lettera del genere. Se il contenuto è composto solo da critiche e rimproveri in merito alla tua personalità, aspetti o abitudini lavorative, allora affronta queste contestazioni. Hanno ragione di esistere? C’è qualcosa che puoi imparare da questa lettera e puoi cambiare qualche aspetto di te? Puoi considerare il messaggio un campanello d’allarme?” Se, invece riesci a smettere di pensare: “cestina la lettera”. Perché questa lunga ma, a mio parere, necessaria premessa? L’imput mi è stato dato da quanto mi ha detto S.Ecc. Mons. Calogero La Piana, arcivescovo di Messina in un incontro che ho avuto l’anno scorso con lui, quando mi ha confidato di ricevere delle lettere anonime e di sapere che delle lettere anonime erano state inviate contro di lui alla Santa Sede, autori probabili o certi, dei preti. Non so se quanto mi diceva l’Ecc.mo era da intendere una confidenza o un “je accuse” o un’illazione nei confronti dei sacerdoti che allora cercavo di aiutare ad avere un buon rapporto con il proprio vescovo. Propendo per l’ultima ipotesi. Devo, però, dire che, avuta quella notizia o quella informazione, non mi sono assolutamente meravigliato; ho pensato, infatti,che passa il tempo ma non i vizi delle persone e dei gruppi umani e, quindi, anche dei preti. Mi sono subito tuffato nel passato della diocesi quandola diocesi era anche la mia, quando anch’io sono stato vittima e non una sola volta delle lettere anonime, quando appunto per la diffusione non solo fra i preti ma anche fra i laici, di questo “virus”, il peccato delle “lettere anonime”, nella diocesi, era riservato ai vescovi. Oggi non so. Bersaglio delle lettere anonime credo che siano stati tutti i vescovi di Messina. Forse ancheMons. Fasola, Mons. Cannavò e Mons. Marra. Lo sanno i loro segretari che potrebbero confermare o smentire.Sicuramente, come risulta dagli archivi della Santa Sede, lo è stato il grandeMons. Angelo Paino, sul quali vogliamo soffermarci. Già, infatti, dal 1926, appena tre anni dopo la sua nomina a vescovo di Messina su Paino giungeva la prima lettera anonima, A lui era imputata l’assenza dalla diocesi (che non può essere certamente imputata ai suoi successori.) In essa si leggeva: “Eminenza, abbia pietà di questa sventurata diocesi di Messina e le mandi un vescovo che attenda alla salvezza del suo gregge …”. Nel luglio del 1945 a rivolgersi direttamente a Pio XII, con una lettera, è un folto gruppo di sacerdoti che però non si sottoscrivono per timore di ritorsioni della Curia: “Chiedevano che il papa inviasse un visitatore apostolico, perché si rendesse personalmente conto dello stato rovinoso della diocesi, soprattutto delle sofferenze dei sacerdoti spesso disprezzati e abbandonati a se stessi”. Nel 1949 altri dieci sacerdoti, si rivolgono alla Congregazione dei Vescovi con una lettera anonima nella quale:”Con espressioni di accoramento e di urgenza chiedevano l’invio di un visitatore all’archidiocesi di Messina, che, per incuria degli uomini, era ormai in «stato di avanzata putrefazione»”. Nel 1961 un’altra lettera, rivolta direttamente al papa sembra chiudere il cerchio con quella del 1926.“L’arcivescovo Paino, ormai novantaduenne, sta quasi sempre a Roma, e quando è in sede esce soltanto per andare a visitare le Ancelle Riparatrici. Non riceve mai il clero, che non lo conosce se non per sentito dire. Ha sempre ignorato il Consiglio diocesano e il Capitolo. Ha regnato sempre un regime di paura che ha sempre irretito tutti, perché convinti della reazione immediata ed implacabile. Finiscono col dire che tutti si assiste impotenti aspettando che qualcuno intervenga e ponga fine ad una situazione insostenibile”. Per saperne di più leggere: “Celebrate con me il Signore” di Luigi Porsi, Città Nuova editrice, che non schiude soltanto le porte della santità a Don Antonino Celona, fondatore misconosciuto, per mezzo secolo, delle Ancelle Riparatrici, ma osa aprire «senza timori reverenziali» tante finestre sull’operato dell’uomo simbolo del dopo terremoto, del vescovo Angelo Paino. Altre lettere anonime sono state inviate alla S.Sede contro mons. Guido Tonetti sul quale si erano poste le speranze di un qualche cambiamento nella diocesi, ma il suo periodo (1950-1957) come vescovo coadiutore con diritto a successione a Messina, si conclude con una sostanziale ammissione di impotenza, di sconfitta e, anche per le lettere anonime, dovette abbandonare Messina e accettare Cuneo, una piccola diocesi piemontese. Come si può osservare Mons. La Piana è in buona compagnia e saprà come difendersi o come soccombere. Come si può facilmente osservare, al di là delle lettere anonime ricevute, dalle quali chiunque di noi può anche imparare e cambiare qualche aspetto di sé, tutti gli arcivescovi di Messina citati, vengono ancora ricordati: chi per essere stato il grande “costruttore”, chi per la “santità della vita”, dato il processo do beatificazione in corso“ chi per l’umiltà sempre dimostrata, chi infine per l’intelligenza e la lungimiranza.Anche Sua Eccellenza Mons. Calogero La Piana sicuramente sarà ricordato, ne sono certo!Si spera e si augura che venga ricordato come un vescovo che ha amato i suoi preti, che li ha sostenuti nei momenti di difficoltà, totalmente distaccato dai beni materiali, custode attento della sua diocesi, disponibile, vero, che, come S. Paolo, possa, infine, dire: “Bonumcertamen certavi, cursumconsummavi…”.