Prima di dare giudizi affrettati sulla Chiesa e dintorni è fondamentale conoscere la sua storia. Lo scrive Francesco Rossi De Gasperis, autore del pamphlet, “Un Pellegrino che comincia da Gerusalemme”, pubblicato dalle Paoline (2015). Peraltro,“Molte ideologie e maggiorazioni d’importanza di cose relative provengono, infatti, da una grande ignoranza”. Infatti, continua De Gasperis, “Per conoscere la traditio divina- cioè il modo in cui la parola di Dio è consegnata, compresa e vissuta nella Chiesa – bisogna conoscere la storia, ed è questo che ci libera dagli appesantimenti delle ‘tradizioni di uomini’. Tuttavia, “quando, poi, si potranno e si dovranno rispettare anche delle tradizioni di uomini, la conoscenza della storia ci preserva dal litigare sul colore delle calze o delle scarpe”. Per il religioso occorre cercare sempre l’unità nella Chiesa, “aprendoci all’evento del Vaticano II, fedeli al suo spirito e alla sua lettera, senza fargli violenza per rafforzare nostre ideologie ad esso estranee”. Tra le resistenze al Concilio Rossi De Gasperis annovera sia quelli che “vogliono propagare un’idea di Chiesa aliena dalla tradizione” e sia quelli che “rigettano il Concilio” come i lefebvriani. Piuttosto occorre “conoscere davvero il Concilio e viverlo”. Per esempio nella Chiesa italiana in molti luoghi il Concilio non è stato compreso. Gli abusi del post-concilio. Padre Francesco inoltre riflette sui “non pochi abusi, infedeli al Concilio, che, per leggerezza o malizia, ne hanno contaminato l’eredità”. Così dopo il 1968, in Occidente, sotto l’influsso del pensiero marxista e dell’ideologia comunista, molti cristiani hanno pensato di abbracciare cause sociali “rivoluzionarie” e così hanno pensato, che “non bastava più- così sembrava – ‘cambiare le situazioni attraverso la conversione delle libere coscienze delle persone’- come l’evangelizzazione richiede di procedere. Ora “Bisognava cambiare i ‘sistemi’ politici, economici, educativi, culturali…”.
Il gesuita condanna la lettura sociologica di certi movimenti collettivi che hanno attaccato come “sistemi iniqui”: la famiglia, la scuola etc. Inoltre condanna quei cristiani che hanno svalutato il peccato personale per farlo confluire in un non meglio precisato peccato sociale. Così in pratica,“combattimento spirituale per la libera conversione delle coscienze- alle quali propriamente si rivolge l’evangelizzazione- è stato tradotto in lotta (compresa quella armata) di classe o di masse popolari per conquistare una ‘liberazione’ variamente interpretabile e definibile”.
E qui padre Francesco sottolinea che per troppo tempo nel mondo cattolico la parola “liberazione”, ha preso il posto della “redenzione”. Con troppa ambiguità si è ridotta l’evangelizzazione” a una “promozione della giustizia”. Indubbiamente sarebbe un guaio imperdonabile dimenticare l’Evangelo! Per fortuna, Paolo VI ci ha lasciato nel 1975 la mirabile esortazione apostolica Evangeliinuntiandi”.
Ritornando all’Italia il padre gesuita criticai vescovi, che a fronte della scomparsa del “partito politico dei laici cattolici”, intervengono nella vita politica e si prendono “la responsabilità , l’autorità e il diritto di gestire direttamente la vita civile di tutti i cittadini, cattolici o no”. Padre Francesco fa riferimento a certi interventi politicistonati che farebbero aumentare l’endemico anticlericalismo italico, che presto si trasforma in anticristianesimo o in un abbandono della Chiesa stessa. Piuttosto la Chiesa può influire sulla società italiana “solamente attraverso la testimonianza dei cittadini cristiani, secondo la loro consistenza numerica e le loro capacità reali, sia come cittadini sia come cristiani”.
Tuttavia a Chiesa nell’attento “servizio della creazione non deve dimenticare il servizio della fede, che le è proprio…”. Pertanto, su questa terra, la Chiesa “continua a passare non come una componente di una qualunque civilizzazione umana, ma come ‘straniera e pellegrina’, diretta verso la patria ‘celeste’, rispettosa degli ordinamenti socio-politici che gli uomini intendono darsi, secondo i tempi e i luoghi, ma prontaanche al martirio, nel caso che questi fossero inaccettabili dalla sua coscienza dinanzi al Signore”.
Padre De Gasperis conclude il capitolo con un appello: “I cattolici tornino a sentirsi prima di tutto cristiani”, e invita a riflettere su quanto è successo in Europa dopo il 1989. In particolare con la caduta del comunismo e con la Chiesa del silenzio che ha ripreso la parola, si sono aperti nuove occasioni di ecumenismo cristiano e si sono posti altrettanti segni di integrazione fraterna tra le Chiese di Oriente e di Occidente. L’unificazione di tutta l’Europa, può rappresentare una nuova opportunità per la Chiesa, potrebbe essere “una splendida occasione per sanare con umile ragionevolezza i suoi scismi e le sue divisioni, più o meno insensati”. Un’opera iniziata da san Giovanni Paolo II, proseguita poi con Benedetto XVI e oggi con papa Francesco.
Domenico Bonvegna