di ANDREA FILLORAMO
La morte dell’arcivescovo emerito Ignazio Cannavò permette di riaccendere i riflettori su di lui. Ciò si ritiene utile e necessario per ricordare una figura sicuramente importante dell’episcopato siciliano. Vescovo illuminato, ha guidato per un ventennio la Chiesa di Messina senza clamore, amando profondamente la sua grande diocesi, ritenendola la sua famiglia, il suo clero e tutto il popolo di Dio a lui affidato. Ha cercato di formare dei preti esemplari, continuando sulla scia del suo predecessore, il Servo di Dio Francesco Fasola, che del suo ex Vescovo Ausiliare, aveva grande stima, manifestatami più volte quando spesso andavo a trovarlo al Sacro Monte di Varallo.Fedele, semplice annunciatore del Vangelo, ha impegnato la sua vita nel servizio della Chiesa,“con la limpidezza e la sapienza dei maestri, con l’energia e la fortezza dei pastori, con la fedeltà e il coraggio dei martiri": un modello che fotografa a pieno titolo, a mio parere, l’episcopato del presule. Inoltre, restio agli onori, ha vissuto in modo sobrio e austero, lontano da qualsiasi mondanità. Così l’hanno visto e considerato quanti gli sono stati vicini che adesso lo ricordano con grande tristezza ma nello stesso tempo con la gioia d’averlo avuto a lungo come punto di riferimento nel loro impegno pastorale. Chi scrive, oltre a fare tesoro delle informazioni avute da quanti gli sono stati vicini, fa ricorso a un lungo incontro avuto con lui, molti anni fa, nell’episcopio messinese. Egli non può dimenticare quell’invito fattogli dall’arcivescovo, che adesso considera come il suo personale testamento: “Si può servire Dio e la Chiesa in tanti modi. La scuola ha bisogno di persone come lei. Lavori e faccia del bene”.