Le linee guida sulla gestione della febbre e del dolore nel bambino

Il mal di testa, o cefalea, è un sintomo molto frequente in età pediatrica, specialmente in età scolare. Alcune statistiche dimostrano che circa il 30% dei bambini hanno mal di testa almeno una volta a settimana e il 6% dei bambini più volte a settimana o addirittura tutti i giorni.
Il tema sarà ampiamente discusso oggi pomeriggio in una sessione dedicata alle novità in ambito neurologico, durante il 34° Congresso di Antibioticoterapia.

“E’ importante riconoscere i differenti tipi di mal di testa – sostiene il Dott. Piero Pavone, Unità Operativa di Pediatria ed Emergenza Pediatrica, AUO Policlinico-Vittorio Emanuele, Università degli Studi di Catania – per indagare con tempestività sulle possibili cause del malessere e intervenire con prognosi e terapie adeguate. Esistono, infatti, diversi tipi di mal di testa con evoluzione e implicazioni terapeutiche completamente diverse”.
La prima distinzione da fare è quella tra cefalee primarie e cefalee secondarie: le prime sono legate a una predisposizione genetica, mentre nelle seconde il mal di testa è il sintomo di una malattia che deve essere identificato e curato.
Le cefalee primarie costituiscono la maggior parte dei tipi di mal di testa in età pediatrica e si distinguono in: emicrania, con e senza aura; cefalea tensiva; cefalea a grappolo (più rara in età pediatrica).
L’emicrania rappresenta la più frequente cefalea primaria del bambino, almeno fino all’adolescenza. È tipicamente legata ad una predisposizione genetica e può manifestarsi a qualsiasi età. Sintomi di accompagnamento sono il fastidio per la luce (fotofobia), per i rumori (fonofobia) e per gli odori (osmofobia) e, talvolta, nausea, vomito, dolori addominali e pallore. Inoltre, durante l’attacco emicranico il bambino appare particolarmente astenico, a volte sonnolento e può accadere che egli interrompa le sue attività, anche quelle ludiche.
Nella forma di emicrania con aura, molto più rara rispetto alla prima, il mal di testa è preceduto, o accompagnato, da veri e propri sintomi come disturbi della vista, formicolii e riduzione della sensibilità di un arto o di metà del corpo e disturbi del linguaggio.
La cefalea tensiva colpisce per lo più nel periodo adolescenziale. In questo caso il dolore risulta generalmente di intensità medio-lieve, bilaterale e costrittivo, come una morsa, ed è solo eccezionalmente associato a fonofobia, fotofobia e nausea. L’adolescente sembra in grado di proseguire le sue attività.
La cefalea a grappolo è molto rara in età pediatrica e si manifesta con episodi di dolore intenso, della durata di circa 30 minuti, a carico di una regione orbitaria. Spesso si associa a nausea, vomito, fonofobia e fotofobia, lacrimazione intensa, arrossamento congiuntivale, abbassamento della palpebra (ptosi) e ostruzione nasale.
Riguardo le cefalee secondarie, le malattie che possono causarle sono varie e di diversa gravità: rinosinusiti; infezioni delle prime vie aeree (sindromi influenzali, faringiti, riniti); patologie infiammatorie meningo-encefalitiche; tumori cerebrali (comunque piuttosto rari in età pediatrica).
La profilassi della cefalea può essere farmacologica e non farmacologica; igiene del sonno, dieta e sport aiutano nella prevenzione degli attacchi cefalici. Bisogna inoltre, ricordare che esistono delle terapie comportamentali e psicologiche che possono aiutare nel trattamento delle patologia. In generale, la risonanza magnetica cerebrale, l’EEG, le indagini oftalmologiche sono pratiche diagnostiche utili per rivelare un evento patologico precoce che può cambiare il significato prognostico del mal di testa e per contribuire, al tempo stesso, ad alleviare l’ansia nei genitori.

Al Congresso, nella giornata di domani, saranno discusse poi le Linee guida sulla gestione della febbre in età pediatrica e si parlerà della gestione del dolore nel bambino, sulla base di uno studio realizzato dall’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura del Policlinico dell’Università degli Studi di Milano, diretta dalla Prof.ssa Susanna Esposito.
La febbre è definita come un incremento della temperatura corporea centrale e, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la temperatura è considerata normale se è compresa fra 36,5 e 37,5°C. In generale, secondo i dati emersi dallo studio, risulta che i genitori, se pur abbastanza informati su come gestire la febbre nei bambini, nella realtà adottano invece comportamenti errati affidandosi al passaparola o alla saggezza popolare. Tra gli errori più comuni, i dati evidenziano per esempio che quasi il 60% dei genitori somministra farmaci antipiretici senza il consulto con il pediatra e che oltre il 60% utilizza mezzi per ridurre la temperatura come panni imbevuti di acqua fredda. Inoltre, ben il 50% dei genitori ritiene che il dolore sia uno strumento educativo per la crescita del proprio figlio e che per questo un dolore anche lieve debba essere sopportato.
“La febbre è uno dei più frequenti motivi di richiesta di visita pediatrica – sottolinea la Prof.ssa Susanna Esposito, Presidente del Congresso, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura del Policlinico dell’Università degli Studi di Milano e Presidente WAidid, Associazione Mondiale Malattie Infettive e Disordini Immunologici – ma spesso non viene gestita nel modo più raccomandato da parte dei genitori che tendono a somministrare farmaci non adatti o addirittura espongono i loro figli a sottodosaggi o sovradosaggi. Raccomandiamo sempre di non impiegare nel bambino farmaci per gli adulti e ricordiamo che i farmaci per contenere la febbre, come gli antipiretici, vanno somministrati sempre in base al peso e non all’età”.

In accordo con le Linee guida sulla gestione della febbre in età pediatrica, qui di seguito le 10 raccomandazioni che i pediatri rivolgono ai genitori per gestire correttamente la febbre nei bambini:
1. Per i bambini fino a 4 settimane si raccomanda la misurazione ascellare con termometro elettronico; per i bambini oltre le 4 settimane, si può utilizzare la misurazione ascellare con termometro elettronico o quella timpanica con termometro a infrarossi.
2. La via di misurazione rettale della temperatura corporea non dovrebbe essere impiegata di routine nei bambini con meno di 5 anni a causa della sua invasività e del disagio che comporta.
3. La misurazione orale della temperatura corporea è da evitare.
4. L’impiego di mezzi fisici per la terapia della febbre (spugnature con liquidi tiepidi, bagno, esposizione a correnti di aria fresca, applicazione di borse del ghiaccio, frizione della cute con alcool) è generalmente sconsigliato, ad eccezione dei casi di ipertermia.
5. Paracetamolo e ibuprofene sono gli unici antipiretici raccomandati in età pediatrica, sono farmaci generalmente sicuri ed efficaci e devono essere utilizzati a dosaggi standard.
6. I farmaci antipiretici devono essere impiegati nel bambino febbrile solo quando alla febbre si associ un quadro di malessere generale
7. L’uso combinato o alternato di ibuprofene e paracetamolo non è raccomandato sulla base delle scarse evidenze scientifiche disponibili riguardo la sicurezza rispetto alla terapia con un singolo farmaco.
8. Il paracetamolo od ibuprofene non devono essere utilizzati nei casi di convulsioni febbrili
9. L’acido acetilsalicilico non è indicato in età pediatrica per il rischio di Sindrome di Reye
10. Non è raccomandato considerare l’entità della febbre come fattore isolato per valutare il rischio di infezione batterica grave, tuttavia la febbre di grado elevato può essere considerata predittiva di infezione batterica grave in particolari circostanze (per esempio nei bambini di età inferiore ai 3 mesi).