“Parigi, o cara…”
Se comincio con la celebre aria della “Traviata” è perché pensando alla capitale francese, mi si risvegliano vecchi ricordi di quando – studente squattrinato – facevo la fila di ore alla Scala e salivo a due a due i gradini del teatro alla conquista dei migliori posti, in piedi, al centro del “loggione”, per godere lo spettacolo e il canto di Violetta e Alfredo o di Rodolfo e Mimì in “Bohème”; Verdi e Puccini, come è noto, ambientarono le due opere a Parigi. Per quelle emozioni, allora, sborsavo 300 lire, bei soldini se è vero che il biglietto del tram ne costava 25 e facevo a piedi il percorso da San Siro alla Cattolica per risparmiarle, sfruttando le scorciatoie! Altro tempo…
Ora le emozioni per scene e melodie create da grandi Musicisti si sono trasformate in paura e terrore per ciò che è accaduto nella capitale della cultura moderna e che potrebbe accadere dovunque nella nostra vecchia Europa. D’ora in poi il riferimento a Parigi e a tutto ciò che essa rappresenta, per quanti sforzi di ottimismo uno possa fare, si vela di tristezza e non può non tenere conto di una data: 13 Novembre 2015, “venerdì di sangue”. Bando, dunque, ai ricordi personali più o meno romantici e ai famosi brani operistici che in questa tragica occasione potrebbero apparire perfino irriverenti, e faccio posto a piccole mie opinioni rimasticate in questi giorni prenatalizi.
Parto da una constatazione. La “vecchia” Europa, specie nell’ultimo cinquantennio, si è andata spogliando – talora con entusiasmo! – di ciò che per secoli era stata la sua divisa: la Cristianità; gli ultimi scampoli di questa li abbiamo visti cadere sotto i nostri occhi con l’avanzata impetuosa del neopaganesimo e del nichilismo; in Francia – madre della Rivoluzione per eccellenza del 1789 – il processo di scristianizzazione impressiona di più non solo perché quella Nazione era considerata “la figlia prediletta della Chiesa”, ma anche perché le sue chiese sono ormai quasi deserte, quelle antiche e meravigliose ridotte a musei per turisti, altre trasformate in moschee e qualcuna in supermercato. In controtendenza c’è solo Lourdes con 5 milioni di pellegrini ogni anno (v. “Il Foglio”, 18-X-2012, “I cattolici praticanti spariscono, le chiese diventano moschee” di Giulio Meotti). E dello stesso articolo riporto una frase sinistramente profetica di Emil Cioran (1911-1995), conosciuto scrittore franco-rumeno: “I francesi non si sveglieranno fino a che Notre Dame non sarà diventata moschea”. Ma quello delle chiese “trasformate” è, però, fenomeno ormai comune a tutta l’Europa del Nord. Di passaggio dico che si tratta di quel Nord da cui negli anni del Concilio provenivano preti-teologi che disprezzavano un certo nostro cattolicesimo latino e “meridionale” fatto anche di processioni, rosari, pellegrinaggi e devozione alla Madonna e ai Santi: a oggi – ad esempio – oltre la metà della popolazione olandese fa parte dei cosiddetti “senza chiesa”, così come i cattolici in quel paese sono diminuiti del settanta per cento e l’Islam è considerato la “religione più praticata”; nella Germania Orientale il 52% si dice non credente; ma lì ha influito il Nazional-socialismo pagano e il Comunismo ateo. Non aggiungo altro.
In Italia, per ragioni storiche, caratteristiche proprie della nostra gente, educazione religiosa, tradizioni, presenza della Santa Sede e, magari, per grazia di Dio, il processo di scristianizzazione incontra qualche ostacolo in più; le chiese non vengono, per ora, svendute e trasformate; la frequenza alle messe è, sì, minoritaria ma ancora notevole; a domanda, la maggioranza degli italiani risponde di essere “cattolica” o “credente”; molte giovani famiglie mandano i bambini al catechismo per la prima Comunione, fanno loro frequentare la lezione di religione a scuola forse perché confusamente intuiscono che ciò gli potrà giovare in futuro… Sono, certamente, segni positivi che – nonostante tutto – resistono anche se qualcuno li paragona a uno stoppino fumigante.
A fronte di tale “resistenza” più o meno passiva, esiste anche in Italia una potente élite di intellettuali post-marxisti che conduce una lotta senza quartiere alla Chiesa e a ciò che Essa ha sempre insegnato; basta vedere l’accanimento con cui questi signori cercano di demolire la Famiglia naturale di sempre e di crearne un’“altra” inventata dal nulla con conseguenze ancora difficili da prevedere. Questa élite accusa di arretratezza la società italiana e guarda ammirata ai “traguardi” raggiunti nel Nord.
Inizio dalla “scristianizzazione” non per ripetere cose già dette meglio da altri, ma per convincermi e convincere che con essa in Europa si è creato un VUOTO pericoloso che qualcuno deve riempire: ciò è puntualmente avvenuto nella Storia nei momenti epocali di passaggio; il segmento di tempo che stiamo attraversando è uno di questi momenti e l’Islam sembra essere deputato a riempire il vuoto. Così, votazioni di Consigli comunali contro il Crocifisso (a Rozzano è avvenuto nel 2010, protagonisti forse gli stessi “politici” che ora dicono di difendere il Natale!); proibizione del presepio e dei canti natalizi nelle scuole per non urtare “sensibilità diverse” di alunni stranieri; trasformazione del Natale nella “festa d’inverno”, pagana; tentativo di cancellazione dei segni cristiani come “il Manifesto”, ancora sottotitolato “quotidiano comunista”, auspicava che avvenisse nell’ateneo di Firenze (11-XII-2014); tentativo di mandare Dio in esilio (“la Repubblica” del 9-III-2015, “La democrazia deve chiedere l’esilio di Dio”), dichiarazioni del tipo “tutte le religioni sono irrazionali” rilasciate da giornalisti di grido (Rai 2, 15-XI-2015) o “io per la Marsigliese morirei, per Cristo Re no!” (“la Repubblica”19-XI-2015) etc.… sono segni, piccoli o grandi, che denotano il “cupio dissolvi”/voglia di autodistruzione di tanti “nostri” intellettuali, stolti, che pontificano boriosi dai giornali e dalle televisioni e forse non sanno di creare questo vuoto. Lo camuffano con parole “talismano” e luccicanti come “libertà”, “tolleranza”, “dialogo”, “democrazia”, “laicità”, “progresso”, “multicultura”, “accettazione del diverso”…
Io, nello spazio del mio “zero-virgola”, ho sempre sostenuto che è un grave errore spogliarsi della propria Religione e sostituirla col materialismo neo-pagano, cioè col niente, perché questo produce non solo il disprezzo di molti islamici “moderati” ma anche la baldanza sanguinaria dei fondamentalisti che combattono ancora “guerre sante”. Così, senza un ritorno alle “radici cristiane” dell’Europa (ma cancellate anni fa dal sinedrio di Strasburgo!) e al coraggio che queste avrebbero potuto infondere, non basterà la “religione laica” con la “Marsigliese” o i cortei, le fiaccole, le scarpe lasciate sulla place de la Republique, il minuto di silenzio, le bandiere abbrunate, il pianto e tanto meno gli inviti a rifrequentare quei locali dove torme di giovani inconsapevoli inneggiano anche al Diavolo e cantano “I love the Devil”. Ci vuol ben altro! A Ratisbona qualcuno aveva tentato di fare chiarezza; ma fu lapidato e dalle masse musulmane a cui gli imam non seppero tradurre le sue parole e dai “nostri” bravissimi giornalisti che non persero tempo per aggredirlo – era Papa Ratzinger il 12-IX-2006 – colpevole di aver chiamato “dittatura” il “relativismo”, loro privilegiata filosofia.
A questo punto è meglio chiudere con le parole di un grande napoletano e italiano: “Quando si perde la Religione non resta più nulla perché i popoli possano vivere in società, né scudo per difendersi, né mezzi per consigliarsi, né alberi a cui afferrarsi, né forma per esistere al mondo” (G.B.VICO, “Principi di Scienza Nuova”, 1725). Buon Natale!
Carmelo Bonvegna