Non è facile raccontare la storia di una guerra civile, tanto meno di quella spagnola del 1936-39. Ha tentato di farlo Arturo Mario Iannaccone con il suo “Persecuzione. La repressione della Chiesa in Spagna fra seconda Repubblica e Guerra Civile (1931-1939), pubblicato da Lindau (2015). Sono troppe le questioni aperte. Tra le tante c’è quella di poter accedere a una storiografia seria ed obiettiva. Infatti, in conclusione del suo ben documentato volume, Iannaccone scrive, che “ancora oggi, nonostante quanto emerso negli ultimi anni, c’è chi sostiene che vi sia una visione scorretta di ‘storici clericali’ distorta e deformante[…]Come se l’obiettività storica non fosse un ideale di tutti gli storici, cui bisogna avvicinarsi cercando di non tradire i dati a disposizione e cercando un’interpretazione onesta dei fatti”. Anche se il testo di Iannaccone non pretende di dare risposte sugli aspetti politici della cruenta contesa tra i nazionalisti del generale Franco e i miliziani repubblicani anarco-comunisti. Tuttavia, riesce, utilizzando i numerosi contributi di storici di varia formazione, documenti e i dati oggettivi, di dare un’immagine chiara della posizione della Santa Sede e di tutta la Chiesa spagnola. “Ne emerge che la Santa Sede tentò a lungo di mantenere l’equidistanza prima dello scoppio della guerra civile e dopo”.Eppure vi sono ancora storici che seguendo una lunga tradizione storiografica prettamente ideologica, sostengono che “la Chiesa fu presa di mira perché pendette decisa da subito su un fronte” (leggasi quello franchista). A questo proposito è abbastanza duro monsignor Carcel Ortì, autore di una monumentale opera di ben 2500 pagine, sui martiri in Spagna: “la storiografia tradizionale non serve più. I libri di storia sono praticamente tutti scritti da autori di parte: destra o sinistra che sia. Ma così si fa solo ideologia. Io credo, invece, che si debba partire dalle fonti”. Ecco perché per il religioso occorre fare riferimento all’apertura dei Documenti dell’Archivio Segreto Vaticano relativi al pontificato di Pio XI, che permette di analizzare con il massimo rigore i fatti accaduti in Spagna dal 1931 fino al 1939. Monsignor Ortì è ancora più chiaro, certamente oggi conosciamo bene come si sia evoluta la storia della Spagna, dalla dittatura militare di Francisco Franco fino alla democrazia, ma“non possiamo però commettere l’errore di giudicare le scelte fatte prima di questi eventi alla luce di ciò che è accaduto dopo. Voglio essere ancora più chiaro: nel preciso momento storico in cui la Santa Sede nel 1938 riconosceva il Governo nazionale di Franco, questi rappresentava l’unica scelta in quanto stava salvando la Chiesa spagnola dalla persecuzione religiosa”. Peraltro gli stessi vescovi spagnoli, nonostante i massacri di religiosi, aspettano un anno prima di pronunciarsi e prendere posizione. “Sono già stati massacrati oltre 6500 ecclesiastici e praticamente distrutte tutte le chiese che si potevano distruggere e si assiste a un pericolo reale di annientamento totale della Chiesa e di tutto ciò che ha riferimento con la Chiesa (opere d’arte, libri, documenti, e così via)”. La lettera dei vescovi viene interpretata come un appoggio morale alla causa nazionale contro quella repubblicana. Ma ancora una volta occorre insistere, ”I vescovi, in quel momento di persecuzione totale vedono nei nazionali l’unica possibilità di salvezza per la Spagna che rischia di finire nelle mani del comunismo stalinista”. Ecco perchè il cardinale Vicente Enrique y Tarancon, arcivescovo di Madrid, nelle sue memorie scrive: “In quei momenti la Chiesa aveva il dovere di essere belligerante, cioè di schierarsi perché c’erano due Spagne: la rossa che ti ammazza e l’altra che ti salva”. Pertanto in quel momento storico Francisco Franco rappresentava la salvezza per la Chiesa, che rischiava l’estinzione fisica.
“Carta colectiva de los Obispos espanoles a los todos el mundo con motivo de la guerra en Espana”
Ecco che arriva il 1° luglio 1937 la famosa“Carta colectiva”. Qualcuno ha messo in discussione la compattezza dei vescovi, sostenendo che due non avevano firmato la carta. Sono critiche ingannevoli perchè i due erano in esilio e invece auspicavano la vittoria di Franco. Mentre mancano la firma di 12 vescovi, perchè nel frattempo erano stati uccisi dai repubblicani, alcuni in modo atroce e dopo aver subito supplizi inenarrabili e amputazioni di parti del corpo.
Al paragrafo dove si spiega la posizione dei vescovi sulla guerra, si ricorda che la Chiesa dopo il cambio di regime nel 1931 “è rimasta accanto al potere costituito, nonostante gli attacchi, raccomandando sottomissione e pace. L’inizio della guerra è stato condannato, la Chiesa non ha voluto la guerra e va condannata l’accusa alla chiesa di essere belligerante come ripetono alcuni giornali stranieri. “Se oggi, collettivamente, – scrivono i vescovi – formuliamo il nostro verdetto sulla complessissima questione della guerra spagnola è, in primo luogo, perché sebbene la guerra abbia un carattere politico o sociale è stata così grande la sua repressione dell’ordine religioso ed è apparso tanto chiaro, sin dagli inizi, che una delle parti belligeranti mirava all’eliminazione della religione cattolica in Spagna […], è stato male interpretato dagli stranieri […]”. Poi i vescovi spiegano le questioni che hanno agitato la società spagnola portandola alla guerra, facendo un po’ la storia del quinquennio che precedette la guerra. Si racconta della laicizzazione forzata, delle violenze, della vittoria del fronte Popular con 118 deputati in più nonostante avesse ricevuto 500.000 voti in meno a causa di una legge truffa. I vescovi fanno riferimento a San Tommaso e la sua dottrina della difesa giusta. In merito all’alzamiento militar, i vescovi notano che la sollevazione militare si è prodotta con la collaborazione della parte sana della popolazione entrata in massa nel movimento che può essere definito per questo civico-militare. Sembrerebbe che le forze del Fronte Popular stavano preparando una rivoluzione marxista, anche se non si può dimostrare che fosse stata fissata una data precisa. Pertanto, la questione era che “le forze più radicali controllavano ormai le piazze e le strade. L’alzamiento fu una reazione, un plebiscito armado, che aveva le sue radici nel febbraio del 1935 quando ‘la mancanza di coscienza politica del Governo nazionale regalò arbitrariamente alle forze rivoluzionarie un trionfo che non avevano guadagnato alle urne’.
Inoltre nella Carta, i vescovi richiamavano la presenza delle forze russe come agenti di influenza, tra le fila dei rivoluzionari spagnoli, ben prima dei militari tedeschi e italiani. Ad un certo punto a parere dei vescovi sembrò che in Spagna, come scrivevano del resto acuti osservatori, ci fosse “una gara di velocità fra il bolscevismo e la civiltà cristiana”, una nuova tappa decisiva “nella lotta tra rivoluzione e Ordine”, dalla quale “dipende la sorte dell’Europa”. Tuttavia per i vescovi spagnoli, “l’alzamiento civico-militare fu in origine un movimento nazionale di difesa dei principi fondamentali di tutta la società civilizzata;[…] contro l’anarchia coalizzata dalle forze al servizio del Governo[…]”.
Così appare evidente che la Chiesa non ha voluto e non partecipava alla guerra, ma nello stesso tempo non poteva essere indifferente. Era evidente a tutti che “da una parte si voleva sopprimere Dio dall’altra lo si difendeva; l’alzamiento (levantamiento civico-militar), si affermava, s’è prodotto dal fondo della coscienza popolare per il suo carattere patriottico come unico modo per salvare la Spagna e per il sentimento religioso; unica speranza per la Spagna di riconquistare pace, giustizia e libertà religiosa è il trionfo della parte ‘civico-militar’.
Nella Carta ancora i vescovi descrivono i caratteri della “revolucion comunista” elencando lo stermino clericale, le distruzioni e violenze in odium fidei che sono state confermate dalle successive beatificazione, entro il 2014, di oltre 1500 persone”.Mentre sono esagerate le cifre di 300.000 morti attribuiti ai soli repubblicani; dai recenti studi si attribuiscono circa 20.000 e più giustiziati nelle repressioni postbelliche di Franco.
I vescovi si soffermano sul carattere del movimento nacional,“così chiamato perchè accettato dalla maggioranza della Nazione e perchè garanzia della continuità dello Stato spagnolo”. Il documento fu poi firmato da una quarantina di vescovi. In poco tempo sarebbe stato approvato da più di 850 vescovi di tutto il mondo.
Dunque dal 1° luglio 1937 la Chiesa si lega ai nazionali, lo ha fatto “come gesto disperato, – lo sostiene monsignor Carcel Ortì in una intervista – come unica opzione possibile di sopravvivenza […]senza poter sapere quale sarebbe stata l’evoluzione politica successiva”. Iannaccone propone ampie parti dell’intervista allo studioso del martirio della Chiesa spagnola, che spiega bene la differenza tra il martire cristiano e chi muore magari da eroe in guerra, o chi muore vittima della repressione politica e ideologica, e nella guerra di Spagna fu durissima da ambo le parti. I martiri cristiani , uccisi per motivi religiosi di fede, sono “martiri perché non impugnarono mai le armi, non fecero la guerra contro alcuno, non manifestarono mai le loro idee politiche né fecero parte di gruppi o movimenti politici; morirono perdonando e perdonarono amando a imitazione di Cristo in croce”. Furono uccisi perché cristiani, “altrimenti non si spiega – aggiunge Ortì – perchè furono invitati, prima di morire e come condizione per salvare la propria vita, a rinunciare alla loro fede, a bestemmiare, a sputare sul Crocifisso o sulle effigi mariane. Altrimenti non si spiega perchè tanto accanimento anche contro i simboli della religione: chiese, conventi, immagini e oggetti sacri”.La Chiesa ha il diritto e il dovere di mantenere viva la memoria di coloro che diedero la loro vita con il martirio per difendere la propria fede e, quindi, non beatifica i martiri dell’una o dell’altra parte, ma semplicemente coloro che furono trucidati in odium fidei, in odium Ecclesiae, senza alcun rancore verso i persecutori e senza alcuna intenzione politica perché i martiri non hanno colore politico”.
Potremmo continuare appassionatamente a raccontarvi se volete anche un piglio polemico questa grande tragedia, forse poco conosciuta anche dagli stessi uomini di Chiesa, ma chiudo il mio studio con una raccomandazione, rivolta soprattutto ai cattolici: Attenzione ricordatevi di queste argomentate riflessioni, che ho tratto dal corposo testo di Iannaccone, quando il prossimo anno si celebrerà l’80° anniversario dello scoppio della guerra civile spagnola. Si perchè con molta probabilità saremo accusati falsamente e odiosamente di “collaborazionismo coi fascisti”.
Domenico Bonvegna
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