Ancora una volta il Papa, nel giorno del protomartire Santo Stefano è costretto a ricordare ai troppi distratti dal consumismo natalizio che i cristiani in tutto il mondo sono i più perseguitati. Lo ha fatto all’Angelus del 26 dicembre Papa Francesco in Piazza S. Pietro. Casualmente in questi giorni ho dato un’occhiata a un libretto scritto da Francesca Paci, “Dove i cristiani muoiono”, edito da Mondadori. Il libro è datato, è stato scritto quattro anni fa, ma è sempre attuale, perché le storie che racconta la giornalista de “La Stampa”, si ripetono sempre, sono molto simili a quelle che i cristiani stanno affrontando in queste ore.“Avrei voluto raccontare mille storie”-scrive la Paci -, ma ho dovuto scegliere e ho privilegiato quelle che conoscevo per averne incontrato i protagonisti e verificato le difficoltà”. Quindi si racconta la persecuzione dei cristiani in Iraq, Egitto, in Palestina, in Indonesia, nell’Orissa, ma anche nella Corea del Nord, in Somalia, in Nigeria. Restano esclusi alcuni Paesi.
Naturalmente anche nel 2011, quando è stato pubblicato il volume, i cristiani soffrivano maggiormente in Medio Oriente, per esempio nell’Iraq, che aveva visto l’esercito americano affrontare la dittatura di Saddam Hussein e poi il difficile dopoguerra contro le varie milizie islamofondamentaliste che si contendono il Paese. Ancora non era iniziata la guerra in Siria, ma già si poteva paventare lo scontro. In tanti si sono quasi scandalizzati, perché solo nel 2015 c’è stato oltre 1 milione di profughi e immigrati, che in tutti i modi hanno raggiunto il continente europeo.
Lo scandalo si dissolve se abbiamo tempo e voglia di leggere non solo il testo della Paci, ma anche tutti gli altri libri e articoli che lei ha messo nella nutrita bibliografia, alla fine del suo testo. Ci sono decine e decine di giornalisti, storici ed esperti di tutto il mondo che da tempo hanno affrontato la questione persecuzione e quindi la diaspora dei cristiani, soprattutto dal Medio Oriente. Basta leggere alcuni titoli: “Chiesa d’Oriente assediata”, “Rischiamo un secolo di martirio cristiano”, “Iraq, caccia al cristiano”, “L’ONU: vogliono distruggere tutta la comunità di fedeli”, “I cristiani e il Medio Oriente. La grande fuga”, “Baghdad, strage nelle case dei cristiani”, “Perché i cristiani vengono massacrati nei paesi islamici?”, e tanti altri, io ho citato soltanto alcuni titoli in italiano.
Francesca Paci inizia con l’esperienza di Fatima, una ragazza di 28 anni, che era presente, il 31 ottobre 2010, nella chiesa di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad, quando “i terroristi spalancano il portone sparando dappertutto, c’è un’esplosione all’altezza dell’abside, uno salta in piedi sull’altare, ringrazia Allah, abbatte il crocefisso. Sono a volte scoperto, giovanissimi, con un filo di barba appena accennato, indossano la divisa della polizia irachena e la cintura esplosiva. Mi butto a terra e cerco di capire da che parte strisciare per proteggermi. Padre Wasim, il confessore, prova a fermarli e un ragazzo gli spara alla pancia […]C’è odore di sangue, mi cola addosso dalla panca sotto cui mi nascondo e si mescola al mio, i vetri delle lampade distrutte dalle bombe a mano mi hanno ferita alla testa e alle gambe […] I terroristi invocano Allahu Akbar, Allah è grande, e ripetono che andranno in paradiso mentre noi bruceremo all’inferno […] Sembrano invasati ma completamente sereni. Uccidono con freddezza, ne vedo uno che probabilmente non ha neppure quindici anni. Continua il racconto Fatima, in realtà uguale a tutti gli altri attentati, penso ai poveri giovani del Bataclan,“Ad un certo punto, al tramonto, si mettono a pregare, alcuni si inginocchiano verso la Mecca mentre gli altri fanno il giro dei corpi per controllare chi respira ancora e dargli il colpo di grazia. Mi fingo morta, devo stare immobile, trattenere il fiato,penso ai miei genitori, ai fratelli, alle sorelle, ai nipotini che mi aspettano a casa, se qualcuno qui si accorge che sono viva non li vedrò mai più”.
Quello di Fatima è un classico attentato terroristico barbaramente perpetrato da uomini che potrebbero far parte di una qualsiasi organizzazione terroristica islamica.
In Iraq prima usavano le auto esplosive, ora entrano dentro le chiese e prendono in ostaggio le persone per fare più morti.
I cristiani, secondo la think tank americana Pew, rappresentano il 70% delle vittime dell’odio religioso, “il Medio Oriente convive con i genocidi dall’VIII secolo, spiegava Herman Vahramian, il grande intellettuale armeno, “secondo l’ipotesi di Vahramian, all’origine della diffusa rassegnazione allo stermino di massa percepibile nella regione ci sarebbe l’immaginario collettivo segnato dalle migliaia di torri di crani umani innalzate da Tamerlano sul suo vastissimo impero”.
La giornalista fa qualche riferimento alle varie e complesse questioni aperte del Medio Oriente, come quella della guerra statunitense al terrorismo, dopo l’attentato dell’11 settembre. Il fondamentalismo islamico non si è fermato, anzi ha ripreso il suo folle progetto di conquista di quei Paesi, che praticamente sono diventati sempre più deboli. In mezzo a questa guerra, i cristiani diventano il capro espiatorio, vengono stritolati, perchè sono i più indifesi. “Ci saranno ancora dei cristiani in Medio Oriente nel terzo millennio?”, si chiedeva il diplomatico francese Jean Pierre Valognes nel voluminoso Vie et mort des chretiens d’Orient, pubblicato nel 1994. Una domanda che a distanza suona profetica. E pensare che i cristiani “erano lì prima dell’islam e hanno plasmato le società arabe, i chirurghi e i medici del califfo erano cristiani…”, ricorda l’islamologo padre Samir Khalil Samir.
Sembrava che con il crollo del Muro di Berlino, la Storia sarebbe finita, mentre la globalizzazione e la democrazia liberale dovevano prevalere nel mondo, invece, secondo Valognes, la vicenda dei cristiani in Medio Oriente,“una delle battaglie più lunghe della Storia è in procinto di essere persa”.
Ma perché tutto questo pessimismo sui cristiani? Rispondo con le parole della giornalista de La Stampa, “L’audience globale, come spesso di fronte a massacri così vicini seppur così lontani, sta a guardare. Se da una parte la circolazione in tempo reale dell’informazione telematica rende impossibile chiudere gli occhi davanti allo smembramento di una civiltà che procede ormai a ritmi serrati, dall’altra produce una certa dose di assuefazione, un’abitudine alla notizia soprattutto se non facilmente catalogabile con un’etichetta ideologica”. Citando lo scrittore francese Renè Guitton, il genocidio dei cristiani in Medio Oriente, viene seguito dall’opinione pubblica europea distrattamente. In realtà questo accade perché “il caso dei cristiani asserragliati al di là del Mediterraneo, [non rientrano] nelle categorie tradizionali destra-sinistra, poveri-ricchi, laici-religiosi. La caccia ai cristiani, insomma, indigna meno di altre ingiustizie”. Intanto sempre Guitton nota: “una doppia dimenticanza. In primo luogo, essendo maggioritario in Occidente, il cristianesimo sembra non poter aspirare allo status di minoranza in Oriente. D’altro canto si obietta che trasformare i cristiani orientali in protetti dell’Occidente potrebbe esporli a rischi ancor più seri”. Per concludere, il risultato di tutta questa faccenda, del resto lo ha sottolineato lo stesso Papa Francesco, è un“groviglio d’indifferenza e sensi di colpa che si dipana quando l’associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) diffonde la cifra shock di cinquanta milioni di cristiani perseguitati nel mondo, per poi riattorcigliarsi e perdersi nelle mille brutte storie del mondo grande e terribile”.
Domenico Bonvegna
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