I duellanti

di ANDREA FILLORAMO

Credo che tutti coloro che si accostano alla letteratura inglese e altri ancora conoscano un libro che val la pena leggere. Si tratta de “I duellanti” di Conrad, che parla di due ufficiali degli ussari: D’Hubert e Feraudche si sfidano in una contesa che dura diversi anni. Punto di partenza un malinteso, destinato a perpetuarsi in un lungo, interminabile duello che a più riprese attraversa guerre e disfatte, fino al dissolvimento dell’impero napoleonico. Una storia vera, a quanto pare. I Duellanti è per certi versi la storia di un’amicizia, di un’amicizia al contrario, di una fratellanza cannibale. I due ufficiali non possono fare a meno di rispecchiarsi uno nell’altro, come se il riflesso a cui si trovano di fronte esaltasse la singolarità. Il libro è un gioco al massacro senza vincitori né vinti, dove l’unica ragione per continuare a combattere è il combattimento stesso. Per questo anche la linea temporale degli eventi è ridotta ad un filo sottile: il duello è senza tempo, circoscritto alla presenza dei due avversari, mentre tutto il resto cessa d’esistere; non è mai esistito. Le guerre, l’impero che si espande e che infine declina, le vicende personali; ogni cosa stinge, perde i connotati quando le lame si incrociano e in gioco c’è la vita. E non per metafora.

Ho pensato a questo libro dopo aver seguito con molta attenzione sulla Rete, la storia e la competizione di due vescovi siciliani: Mons.Miccichè, costretto da Papa Benedetto XVI a lasciare il vescovado di Trapani e Mons.Mogavero, attuale vescovo di Mazzara del Vallo, che se le sono date di santa ragione, ma alla fine ambedue sono stati sconfitti dalle situazioni da loro create. Il ‘cattivo’, all’inizio, sembrava Miccichè, ma adesso i cattivi sono due: l’accusato e l’accusatore. Qualcuno li ha definiti i duellanti della Chiesa siciliana. Due vescovi, due uomini di Dio, sospettati di essere dei “ladri” dei disonesti, profittatori, predoni, scassinatori di ingenti risorse, Miccichè sarebbe oggi indagato, stando a quanto leggiamo dalla Stampa, per appropriazione indebita e malversazione di fondi pubblici nell’ambito di un’inchiesta che riguarda i fondi dell’otto per mille, calunnia e stalking e, inoltre, per furto di immobili appartenenti alla Diocesi: dall’albergo ricavato a Valderice in quella che una volta era sede della fondazione di padre Campanile, dalla sede della fondazione Auxilium, sempre di Valderice, e a quanto pare anche da alcune chiese. Tutta roba che, secondo l’accusa, monsignor Miccichè non avrebbe potuto detenere: argenteria, arredi sacri, addirittura una fontana. Il valore è ingente: “Stiamo parlando di cifre con cinque zeri”, dice un investigatore.
Di Mogavero leggiamo su Repubblica: “il Vescovo di Mazara del Vallo indagato, nuove accuse a monsignor Mogavero: C’è un milione di euro del mutuo per la costruzione di tre chiese che non si sa che fine abbia fatto. Ci sono altri 570.000 euro di fondi dell’8 per mille che sarebbero stati destinati a ben altro che alle iniziative benefiche. C’è una moltitudine di conti correnti della Diocesi e una sorta di ‘conto protezione’ nel quale transitano somme destinate a conti correnti privati. Ci sono inspiegabili prestiti per più di 225.000 euro concessi dall’economo della Curia a un sacerdote nel frattempo condannato per tentata violenza sessuale e sospeso a divinis che li avrebbe dissipati ai tavoli da gioco. E ci sono le testimonianze di diversi sacerdoti che hanno confermato ai pm che i bilanci della Diocesi erano in rosso anche a causa di alcune spese folli, come il regalo di 35.000 euro ad un parroco per l’acquisto di una macchina di lusso. Nell’inchiesta dunque c’è molto di più dei 185mila euro contestati all’alto prelato”.
Ci siamo soffermati su questi due vescovi siciliani, dato che il nostro incipit è stato quello dei “duellanti”. Ma se volessimo andare oltre queste due figure e cercare altri vescovi accusati di adorare il denaro più di Dio e di essersi impadroniti dei beni appartenenti ad altri, possiamo ricordare l’Abate di Montecassino.
Di lui si legge: “Vivere nel lusso senza mai badare a spese. Pagare anche 600 euro per una cena, 1.100 euro in profumeria, 7.000 euro per un soggiorno in uno degli hotel più prestigiosi di Londra. Ma soprattutto poter passare da un aereo all’altro, da uno Stato all’altro, trasferirsi dall’Europa ai luoghi esotici del Brasile, con la consapevolezza di avere fondi illimitati a disposizione. Perché a sostenere i costi era la Santa Sede grazie alle provviste accumulate con la donazione dell’8 per mille. E questo consentiva di poter esaudire qualsiasi desiderio, come la vacanza saldata il 3 agosto 2013 all’Hotel Fasano di Rio de Janeiro: 23.090 euro”.
Ci domandiamo: «In Italia ci sono altri vescovi che sono in esercizio o sono diventati emeriti così attaccati al denaro da dimenticare che c’è un comandamento che impegna tutti ma in modo particolare i pastori delle nostre diocesi, che recita: ”Non rubare?”». Sicuramente sì. Perché il Papa, una volta provata la loro disonestà e, conseguentemente la loro indegnità, non li riduce allo stato laicale? Qualcuno malignamente e senz’altro esageratamente, a questa domanda provocatoria risponde: ”in tal caso molti vescovi non sarebbero più vescovi e molte diocesi sarebbero senza un vescovo titolare”. E’ certo che una condanna aprioristica nei confronti di un soggetto o, come nel nostro caso, di un’intera categoria, è inammissibile.
Altre domande, però, sono lecite e, fra queste: “nessuno si accorge che il sistema della scelta dei candidati all’episcopato è un sistema clientelare e – mi si perdoni se dico – massonico, basato sulle raccomandazioni e sulle segnalazioni e su tale sistema si basa la carriera ecclesiastica?E ancora nessuno denuncia, che, stando ai fatti, il modo di scegliere i vescovi e gli altri servizi nella Chiesa, non garantisce sempre almeno l’onestà?”. Vogliamo fare un esempio, partendo appunto da Miccichè? L’ex vescovo di Trapani è stato segnalato e fatto nominare vescovo dal tanto discusso arcivescovo di Monreale, adesso defunto, Mons.Cassisa. Il vescovo Miccichè, prima della sua rimozione, ha segnalato (l’ha affermato lui stesso) e fatto nominare vescovo l’attuale vescovo di Acireale e Amministratore Apostolico di Messina, Mons. Antonino Raspanti, persona sicura e onesta. A questo punto è lecito chiederci, se sono vere le accuse fatte a Miccichè, a Mogavero, all’abate di Montecassino e ad altri vescovi, dove eralo Spirito Santo, il tanto decantato scrutatore dei candidati all’episcopato, nella scelta dell’importante funzione di questi pastori delle diocesi? E’ rimasto attivo solo nella scelta di Raspanti? Molte altre domande si potrebbero fare ancora ma non le facciamo, fidandoci di Papa Francesco che già ha messo mano all’elezione dei vescovi, scegliendoli lui personalmente anche fra i preti di strada, ad esempio quello di Palermo.