DOPO COLONIA, POSSIAMO DIRE CHE IN OCCIDENTE SI RISPETTA DI PIù LA PERSONA CHE ALTROVE?

Anche se ancora non sono chiare tante cose su quello che è successo nella notte di S. Silvestro a Colonia, a distanza di alcuni giorni sappiamo però che un migliaio di giovani maschi nordafricani, immigrati, mediorientali, certamente di cultura araba musulmana (tutti i fermati dalla polizia provenivano da quei Paesi) hanno aggredito anche con violenza sessuale un centinaio di donne tedesche, che il capo della polizia di Colonia, Wolfgang Albers, ha definito “pesanti delitti sessuali di una dimensione completamente nuova”. Paradossalmente, nonostante l’era di internet, la notizia è stata data dai media con qualche giorno di ritardo, come mai? Forse non ci si era resi conto della gravità del fatto.
Appresa la notizia, la questione si potrebbe risolvere con qualche sbrigativo suggerimento da “bar”: chiudere le frontiere e mandare via tutti indistintamente perchè sono dei potenziali terroristi, criminali e violentatori. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di farsi giustizia da soli, come intende fare quel consigliere della Lega Nord di Biella, in caso di violenza ai propri cari. Ma sappiamo che le soluzioni non possono essere queste, sono più complesse.
Chiaramente la questione oltre ad essere di ordine penale, colpire gli autori del grave reato, è soprattutto una questione culturale, antropologica. Dovremmo chiederci, qual è la cultura, la Weltanschauung che sta dietro a quei giovani uomini che provengono soprattutto da regioni dove si pratica il fondamentalismo islamico. E qui subentra una certa “paura di affrontare lo scenario più ovvio, a partire dal dato di fatto che l’origine di tutte e 31 le persone già identificate dalla polizia a Colonia è araba e nordafricana. E che almeno 18 degli identificati sono immigrati mediorientali richiedenti asilo”. (Stefano Magni, “Violenza in Germania, silenzi colpevoli” 9.1.16, LaNuovaBQ.it). Infatti alcuni per paura di essere definiti razzisti o xenofobi, in particolare certo giornalismo, si auto-censurano cercando di trovare altre risposte sull’accaduto, glissando sul problema vero, inventandosi immaginari complotti di xenofobi tedeschi per screditare la politica del governo Merkel sull’immigrazione. Altri si affrettano a dire che in Germania, anche senza immigrati, vige comunque una “cultura dello stupro” e riportano precedenti di violenze carnali durante l’Oktober Fest, ad opera di tedeschi che hanno alzato troppo il gomito. Poi ci sono stati quelli come il fantomatico “osservatorio antifascista”, che su facebook, hanno addirittura giustificato le violenze dei mille di Colonia, quei giovani erano carenti di affetto.
Ma il problema è un altro, i fautori del buonismo multiculturale, certa sinistra europea che nella notte di capodanno“è stata svegliata dalla secchiata d’acqua gelata della realtà dei fatti. Quei migranti che hanno difeso a spada tratta si sono macchiati del delitto tra i delitti, quello contro le donne. Quello che la sinistra femminista considera il più becero dei crimini. Si sono svegliate solo ora e sono scese in piazza. Presidiano le scale del duomo di Colonia inneggiando alla difesa della donna. Ma perché in passato non hanno alzato la mano, per dire che prima di consegnare permessi di soggiorno a chiunque sarebbe stato necessario chiedere il rispetto delle regole? Perché non hanno preteso una azione governativa per "educare" questi individui al rispetto della donna, così come avviene nel mondo occidentale? Tra loro anche i gruppi anti-razzisti, che pur di negare l’evidenza attaccano la destra, accusandola di voler strumentalizzare le violenze”. (G. De Lorenzo, “Colonia, estremisti in piazza: fermati solo quelli di destra”, 9.1.16, Il Giornale.it)
Di sicuro siamo arrivati impreparati ai fatti di Colonia, lo scrive in un interessantissimo e articolato fondo Anna Bono su LaNuova BQ.it, l’8 gennaio,“I fatti di Colonia dei giorni scorsi dimostrano la serietà dell’emergenza in atto. Dimostrano anche la nostra impreparazione, che molto si deve alle ideologie antioccidentali, al relativismo intellettuale e morale che in tutta l’Europa hanno prevalso e ormai da decenni influenzano governi e istituzioni, rafforzati dalla dignità scientifica conferita loro dall’accademia. Negli atenei italiani capita ancora che si spieghi agli studenti a proposito delle mutilazioni genitali femminili: che, per quanto spaventose ai nostri occhi, non abbiamo il diritto di giudicarle poiché si tratta di istituzioni praticate tradizionalmente da millenni nell’ambito di culture diverse dalla nostra, ma altrettanto valide; e, soprattutto nel caso dell’infibulazione, che la preoccupazione di tutelare bambine e ragazze dal rischio di subire violenza sessuale è uno dei comprensibili motivi per cui si eseguono”.
La giornalista del quotidiano online, fa qualche esempio di consuetudini, caratteristici di questi Paesi a cultura islamica. Sono abitudini che dovrebbero farci riflettere su come viene considerata la persona, dal velo islamico, al prezzo della sposa, ai matrimoni precoci. “È lungo l’elenco – scrive la Bono – delle istituzioni nate nelle società non occidentali che violano la persona umana nella carne e nello spirito e di cui a ogni costo si danno spiegazioni in termini se non altro di buone intenzioni: proteggere, tutelare, difendere”.
In realtà è spontaneo paragonare la nostra cultura, che nonostante tutto è figlia del cristianesimo, con quella di questi Paesi non occidentali. Dobbiamo avere paura di affermare che noi rispettiamo certi valori e loro no? E’ opportuno far parlare la Bono, sul grado di civiltà di certi Paesi. “Quello che non si dice è che, oltre i confini dell’Occidente cristiano, genti e paesi restano in gran parte fedeli a un arcaico modello di società, patriarcale, gerontocratico e autoritario che ignora l’esistenza di diritti inerenti alla persona, quindi inalienabili e universali. I diritti vi dipendono al contrario dallo status sociale di ciascuno che a sua volta si determina in base a fattori principalmente ascritti come il sesso. Donne e bambini nelle società arcaiche non sono soggetti, ma piuttosto beni, risorse, proprietà di cui gli uomini, i capifamiglia hanno il diritto e il dovere di disporre. Né si attribuisce valore assoluto e supremo alla vita umana: gli uomini valgono più delle donne, gli anziani più dei giovani, i membri dei lignaggi e delle caste superiori più di quelli nati in lignaggi e caste inferiori; gli estranei al proprio lignaggio e clan valgono meno dei suoi componenti, gli estranei alla propria tribù non valgono niente e non hanno diritto a nulla. Per capirne le conseguenze: lo stupro di una donna è un affronto non a lei, bensì all’uomo che la possiede; una donna che mostra il proprio corpo, che va in giro da sola e senza un motivo che non sia lavorare e provvedere alle incombenze famigliari, è una donna di nessuno oppure di un uomo debole, privo di autorità, di lei si può abusare”.
Sostanzialmente sono le caratteristiche delle società tribali, che l’Islam ha recepito.
Tutto questo non lo si vuole ammettere, soprattutto da certi studiosi che da tempo“descrivono le popolazioni di Africa, Asia e America Latina come esemplari depositarie di valori umani perduti in Occidente, garanti della dignità e del rispetto dell’uomo, saldi nel resistere alla tentazione di sacrificare uomini e natura al denaro, al profitto e perciò infinitamente più capaci di donare, tollerare, accogliere…e tutto questo grazie a un prezioso lascito di tradizioni tribali”. 

Domenico Bonvegna