Gv 2,1-11
Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela".
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d’acqua le anfore"; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora".
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
di Ettore Sentimentale
Inizio il breve commento di questa pericope, partendo dalla fine ove S. Giovanni scrive: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù”. L’evangelista non parla di “miracoli” o “prodigi”, ma di “segni”. A tal fine, sarebbe molto interessante leggere almeno la prima parte de “Il vangelo di Giovanni” (Ed. Paideia), un commento monumentale in 4 volumi di Rudolf Schnackenburg, ove “il libro dei segni” diviene la cifra interpretativa del racconto giovanneo.
Il quarto evangelista li chiama “segni” perché sono gesti che rimandano a qualcosa di molto più profondo di ciò che i nostri occhi riescono a vedere. In concreto, i segni che Gesù compie orientano verso la sua persona e permettono di scoprire la sua energia salvifica.
Quanto è accaduto a Cana di Galilea è l’inizio di tutti i segni di salvezza. È il “prototipo” di ciò che Gesù condurrà lungo l’arco della sua esistenza pubblica. Nella “trasformazione dell’acqua in vino” ci viene proposta la chiave “ermeneutica” della trasformazione salvifica che opera Gesù e di ciò che, nel suo nome, potranno “offrire” i suoi discepoli.
Tutto accade durante un matrimonio, allorché si celebra la festa umana per eccellenza, il simbolo più immediato dell’amore, la migliore immagine della tradizione biblica per ricordare la comunione definitiva di Dio con gli uomini. La salvezza di Gesù deve essere intensa e venire offerta dai suoi discepoli come una festa che dona pienezza alle feste umane, spesso banali e insignificanti, “senza vino” e senza alcuna capacità di dare un colore al nostro desiderio di felicità.
Il racconto, tuttavia, dice qualcosa in più. L’acqua può avere “sapore”, come il vino, quando – seguendo le parole di Gesù – viene “estratta” dalle sei giare di pietra, utilizzate dai giudei per le loro purificazioni. Fuori metafora: la religione della legge incisa su tavole di pietra ormai è conclusa; non c’è alcun tipo di acqua capace di purificare l’uomo. Questo tipo di religione deve essere liberata dall’amore e dalla vita che Gesù comunica a tutti.
Non si può evangelizzare in qualsiasi modo. Per comunicare la forza trasformatrice di Gesù non sono sufficienti le parole, sono necessari anche i gesti. Evangelizzare non significa solo parlare, predicare o insegnare e nemmeno giudicare, minacciare o condannare…Oggi purtroppo tanti “evangelizzatori” continuano la loro opera secondo lo stile dei pescatori che vanno a una battuta di costardelle…tra urla concitate e lancio di pietre… (la freddura vorrebbe essere solo una metafora!).
È necessario realizzare, con fedeltà creativa, i segni che Gesù faceva per portare la gioia di Dio rendendo più dignitosa la vita dura dei contadini del suo tempo. A molti nostri contemporanei la parola della Chiesa non provoca alcun effetto. Le nostre celebrazioni li annoiano o li fanno divertire (secondo il genere di “commedie” che mettiamo in scena…). Costoro sono ancora in attesa di conoscere da vicino segni amichevoli da parte della Chiesa per scoprire nei cristiani la capacità di Gesù di alleviare la sofferenza e la durezza della vita.
Chi ascolterà oggi ciò che non si presenta come notizia gioiosa, specialmente se la si aggancia al vangelo con tono autoritario e minaccioso? Gesù è atteso da molti come una forza e uno stimolo per continuare ad esistere senza arrendersi, un percorso per vivere in modo più sensato e gioioso. Se continueranno a conoscere una “religione annacquata” da sovrastrutture asfissianti e appesantita da orpelli vari, non potranno gustare qualcosa della festa trasmessa da Gesù:costoro (e sono molti!!!) continueranno ad allontanarsi…