Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori

di ANDREA FILLORAMO

Il presidente della "Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori", voluta da Papa Francesco, per quanto concerne la denuncia degli abusi presunti compiuti da preti su minori, fra l’altro, ha dichiarato che i vescovi hanno l’obbligo di segnalare sospetti abusi sessuali alle autorità civili che hanno il compito di proteggere la nostra società e ha, inoltre, evidenziato quanto affermato da papa Francesco: “i crimini e i peccati degli abusi sessuali sui bambini non devono essere tenuti segreti mai più. Garantisco la zelante vigilanza della Chiesa per proteggere i bambini e la promessa della piena responsabilità per tutti". Se questa è la posizione, molto chiara ed esplicita, della Commissione Pontificia e del Papa, che non lascia ombre sul comportamento che devono avere i vescovi nei confronti dei preti pedofili, ci chiediamo se altrettanto chiara è la posizione della Conferenza Episcopale Italiana, che, nelle "Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici", precisamente là dove si legge di cooperazione con le autorità scrive: "Nell’ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico, salvo il dovere morale di contribuire al bene comune, di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti". I sacerdoti non sono, quindi, obbligati dalla legge a denunciare l’accaduto alle autorità perché "sono esonerati dall’obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero".
Certo che la CEI, come la Chiesa e, particolarmente quella italiana, è obbligata a tener conto delle spaccature interne provocate dai molti casi di pedofilia, che quasi quotidianamente Internet, le Televisioni e la Stampa fanno conoscere. Si tratta – parafrasando Iacopo Scaramuzzi – di spaccature trasversali, profonde, inconciliabili, ben sapendo che c’è chi recita il mea culpa e chi grida al complotto, tra chi percepisce le critiche dell’opinione pubblica, a tratti scomposte e irruenti, chi ne coglie la legittimità o, addirittura, vi intravede l’opportunità di una purificazione. E’ certo che il Papa, nella sua esternazione sopra riportata, ritiene che gli abusi sessuali sui bambini sono, ad un tempo, “crimini” che appartengono al “foro esterno” cioè ai tribunali e quindi reati che, in ogni caso, devono essere denunciati e i peccati appartenenti a quello “interno” cioè alla coscienza sulla quale gravano le responsabilità “morali ed etiche”. La CEI ha tenuto conto di questa distinzione? Non lo so, ma so con certezza (e i vescovi certamente lo sanno meglio di me) che la responsabilità morale si distingue da quella giuridica. Questa risponde (per riparare o eseguire), a quanto stabilito da una codificazione giuridica. Il lecito e l’illecito è stabilito dalla legge che sancisce i comportamenti correlativi e richiede, per la sua competenza, semplicemente la responsabilità esteriore oggettivamente constatabile, che può anche prescindere dalla volontarietà. La responsabilità morale risponde, invece, all’appello dei valori che emergono dalla coscienza personale, coinvolge la libertà fondamentale dell’individuo, le sue motivazioni e intenzionalità più profonde espresse nei gesti esterni che spesso non riescono a rivelare, tra l’altro, completamente tutto il dinamismo della decisione morale interiore. Al peccatore, poi, non resta altro da fare se non rivolgersi alla misericordia di Dio, impegnandosi a non “peccare” più. Da queste brevi considerazioni si evince che nessuno si può esimere dal denunciare all’autorità giudiziaria un prete o un non prete accertato come pedofilo, ponendo, però, molta attenzione alla “caccia alle streghe”, che, in questi ultimi tempi, sembra che sia diventata “divertissiment” anche all’interno della Chiesa. È bene dirlo: oggi assistiamo non soltanto all’imperversare della pedofilia, almeno così la percepiamo attraverso i mezzi di comunicazione ma anche ad errori ai quali può condurre l’ossessione per la pedofilia in generale e per quella dei preti in particolare, alimentata dalla voglia di scoop della stampa. Mi rivolgo, con un certo pudore, nel rispetto della privacy di chi mi legge, prete o laico che sia, a me sconosciuto, e che sente “attrazione” verso i bambini. Se vuol capire quale sia la natura di tale attrazione e se nutre il dubbio di soffrire del disturbo di pedofilia, contatti al più presto (non è mai troppo tardi) uno psicoterapeuta. Rammenti che non esiste una cura “fai da te”. Psicologi, psicoterapeuti e psichiatri sono in grado di aiutare la persona a capire quale sia la natura delle sue pulsioni e qualora fosse necessario predisporre un intervento. Il paziente potrà concordare di seguire un percorso di aiuto e sostegno in cui egli stesso, sotto cure appropriate, potrà risolvere il proprio problema.