di ANDREA FILLORAMO
“Avere la pazienza di Giobbe”. Lo sappiamo tutti, questa frase viene usata nei confronti di coloro che sono molto pazienti, sopportano tutto con rassegnazione. Giobbe, principale personaggio dell’omonimo libro della Bibbia, è la personificazione del giusto che si inchina sempre al volere di Dio, in quanto è convinto che “Dio ha dato, Dio ha tolto”. Per questo motivo la Bibbia ne ha fatto simbolo ed esempio di giustizia e di pazienza. Credo che molti preti dell’arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela, convocati dall’Amministratore Apostolico il giorno 19 febbraio u.s. per avere comunicazione della nomina del successore di Mons. Calogero La Piana, cosi come essi ritenevano e come alcune voci provenienti da Roma asserivano, sono rimasti delusi nel sentirsi dire che, per motivi improvvisi e ignoti, l’elezione dell’arcivescovo non era imminente, anzi si prolungava fino a diventare “sine die”.
Essi, proprio allora, nel volto ieratico di Mons. Raspanti, hanno visto riflesso il volto di Giobbe, un volto anch’esso deluso e rassegnato di chi ancora apprende che per molto tempo si deve sobbarcare a fatiche immani nell’amministrare due diocesi, Messina e Acireale, ma che, tuttavia, si china alla volontà della Santa Sede, dimostrando di avere la pazienza di Giobbe. Raspanti, durante la riunione, è stato, poi, incalzato da diverse domande. Una domanda concerneva la sua presenza a Messina particolarmente nelle più importanti festività religiose, come, per esempio, nella Pasqua imminente. Egli, considerato il fatto di non avere il dono della bilocazione in due sedi, rispondeva pazientemente di aver già preso contatti con vescovi emeriti e fra questi il Card. Romeo, disponibili a presenziare alle liturgie più importanti. Si trattava quasi di un “prenderli in affitto”, dando l’impressione che nella città dello Stretto la figura del vescovo sia solo quella liturgica, facilmente sostituibile, e non quella di pastore che dovrebbe essere insostituibile. Del resto il vescovo di Acireale non poteva comportarsi diversamente. Degne di note sono state le risposte alle altre domande e, fra queste, quelle in cui egli faceva parziali affermazioni circa le “difficoltà economiche” della diocesi. A tal proposito, si rammenta che i giornali di tali difficoltà avevano scritto allorché La Piana si era dimesso, ritenendole “buchi milionari”, mentre il vescovo emerito le definiva “problemi domestici” normali in ogni famiglia o istituzione in momenti di crisi e, per questo definiva i giornalisti “lupi rapaci” e augurava ai giornali il “fallimento”. Adesso il vescovo-amministratore dice che se ci sono i “buchi”, i preti devono ripararli al 30%. Con grande rammarico, perciò, ci chiediamo: “Perché questo enorme ritardo nella nomina dell’arcivescovo?”. E’ vero che – data la penetrabilità nella stessa segretezza vaticana -alcuni vescovi segnalati si sono rifiutati di accettare la nomina di metropolita di un’arcidiocesi prestigiosa come quella di Messina, ma che attualmente non gode di buona fama? E dire che da questo giornale, per più di un anno, molto tempo prima che La Piana decidesse di dimettersi, si chiedeva trasparenza non solo sui fatti economici ma su tutto ciò che accadeva nella diocesi, a partire dai trasferimenti dei preti, alla scelta dei collaboratori, alla Casa del Clero, ai preti pedofili, all’eredità “Bertolami”, della quale si ricostruiva tutto l’iter a partire dal testamento fino al biglietto scritto di proprio pugno dal dottore alcuni giorni prima della morte. Dopo le stesse dimissioni del vescovo emerito, si chiedeva la verità sul suo “abbandono”. Su tutto si sono preferite le bugie, che, però, hanno sempre le gambe corte. Ormai tutti sanno quello che è avvenuto. E adesso? Si spera che un intervento diretto di Papa Francesco sblocchi la situazione. Messina non può attendere a lungo ad avere un vero pastore, che con il suo esempio cancelli un passato che non merita neppure di essere ricordato.