IL SUICIDIO DEMOGRAFICO DEL POPOLO ITALIANO

Negli anni anni Novanta il professore Michel Scooyans, coniava il termine “Inverno demografico” per descrivere l’invecchiamento, ovverosia l’aumento dell’età media, della popolazione. Termine poi ripreso abbondantemente da San Giovanni Paolo II, proprio per sottolineare la forte denatalità che stava caratterizzando il vecchio continente europeo. Tutti i sociologi sono convinti che un Paese per rimpiazzare la sua popolazione attuale, ha bisogno di mantenere un tasso di natalità di 2,1 figli per donna.Tuttavia, solo in Europa il tasso di natalità è di 1,3 e si stima che entro il 2030, l’Europa avrà un deficit di 20 milioni di lavoratori. Allo stesso tempo, in Russia si prevede di perdere un terzo della popolazione esistente nei primi anni del 2000 entro il 2050. In pratica la Chiesa da decenni mette in guardia la politica degli Stati europei che rinunciano a fare figli. Ora arriva la matematica certezza, descritta dall’Istat, di questo passo, tra un secolo, sempre secondo gli studiosi, il popolo italico scompare. Attenzione ce lo insegnano gli storici delle civiltà come Arnold Tombye, non muoiono solo le singole persone, ma anche le nazioni. Per la verità che siamo un po’ pochini, non erano necessario attendere i numeri dell’Istat, bastava affacciarsi alla finestra, o fare un giro in un qualsiasi ipermercato per verificare che intorno a noi ci sono solo anziani, pochi bambini e soprattutto molti stranieri, che peraltro figliano eccome, mentre noi al massimo alleviamo un cane. In questi giorni circola in rete su facebook una foto del cantante inglese Elton John con marito e figlioletto in carrozzella, ecco questa credo sia l’icona più coerente che rappresenta la fine della nostra civiltà occidentale. “I dati dell’Istat sono drammatici da anni, ma quello diffuso il 20 febbraio , relativo al 2015, è tragico. Sono nati soltanto 488.000 bambini, il dato più basso dall’unità d’Italia, quando la popolazione era meno della metà dell’attuale, 15.000 in meno dell’anno precedente, che deteneva il precedente primato negativo. Le morti, oltre 650.000, sono aumentate del dieci per cento , e l’indice relativo, superiore al 10, 2 per cento, è tra i più elevati al mondo. Purtroppo, non è dovuto solo all’invecchiamento, ma anche all’aumento della povertà , che non consente a troppi di curarsi adeguatamente”.
Per certi versi ci stiamo avviando verso l’”eutanasia sociale, verso un mondo con poche carrozzine e molte carrozzelle, di nonni senza nipotini”, scrive Giorgio Celsi, grande combattente per la vita e contro l’aborto. Ci stiamo estinguendo e i nostri governi non sanno fare altro che finanziare gli aborti nei nostri Ospedali. Con i soldi pubblici ci permettiamo di sopprimere con l’aborto i bambini che dopo di noi sono chiamati a venire alla luce. Infatti sono stati più di centomila gli aborti chirurgici e chimici – pillola RU486 – solo nel 2015 (senza contare gli innumerevoli aborti causati dalle Pillole Norlevo, Ello One e dalla spirale), e tutto ciò grazie all’iniqua legge 194 che ha trasformato un “Delitto” in un “Diritto”, e che ha permesso l’eliminazione di oltre 6 milioni di bambini nel grembo materno dal 1978, (data della sua entrata in vigore), quasi due generazioni di futuri cittadini.
Il Paese sprofonda demograficamente, e l’impressione è che non si riesca a cogliere a nessun livello, la gravità della situazione. La questione della denatalità dovrebbe essere al primo posto dell’agenda del nostro governo, invece si discute di unioni civili, stepchild adoption, e tante altre amenità. Avere più nascite, fare figli non è una questione di destra, di sinistra o di centro, conviene a tutti, alla politica, alla Chiesa, all’economia. Anche se qui bisogna ricordare che ci sono stati partiti, movimenti culturali, che hanno veicolato certe ideologie che hanno portato all’approvazione di leggi come il divorzio e l’aborto, leggi che a lungo andare hanno creato costume, mentalità. Saranno un po’ pessimistiche le riflessioni di Maurizio Blondet, ma dentro c’è molta verità, “Io – la mia generazione, i baby-boomer – l’abbiamo ereditata, questa società, e come eredi viziati, non siamo stati capaci di mantenerla. Ci siamo lasciti sedurre dalla “rivoluzione culturale”; abbiamo creduto alla “Liberazione sessuale” e alle gioie del “consumismo” e dell’edonismo egoista l’egoismo standard voluto dalla società dei consumi. Abbiamo votato con entusiasmo il divorzio, e poi l’aborto legale: 250 mila bambini in meno l’anno, e dopo quarant’anni, abbiamo il coraggio di stupirci perché ci mancano cinque o se milioni di italiani giovani, e dobbiamo importare giovani dal Nordafrica, come lavoratori di una società in decadenza, che non suscita nei nuovi arrivati nessun orgoglio e nessun desiderio di appartenenza: sfruttati, pagati in nero, certo non ci difenderanno nella guerra prossima ventura. Non sono”I nostri” figli. Non gli abbiamo consegnato alcun mandato”. (Maurizio Blondet, Quella che si estingue è la mia generazione. Tante scuse, 23.2.16, ilcorrieredelleregioni.it)
Comunque sia, senza figli, la società muore, tutto muore, chiedetelo a chi è rimasto in uno di quei tanti piccoli centri collinari, dove ormai si vedono in giro, soltanto dei poveri anziani, nonni, che circolano barcollanti per le viuzze deserte, è una desolazione, che certifica la morte di queste comunità.
Certo non basta mettere al centro della politica di un governo, la famiglia e quindi le nascite, probabilmente occorre fare anche una rivoluzione culturale di segno contrario, a quella che venne fatta nel 68. Tanto per cominciare, non bisogna più credere alle sirene nefaste della cosiddetta liberazione sessiuale della donna, e poi ricominciare a credere a tutti quei valori, certezze, che hanno creato le grandi civiltà. “Ma non si cambierà nulla se i valori di riferimento della maggioranza, quella dei superficiale e dei conformisti, non cambieranno radicalmente. Basta con il denaro misura di tutte le cose, non più l’ideale delle vacanze, dell’eterna giovinezza, di una libertà astratta, da riempire con sensazioni sempre più forti, farla finita con il consumo compulsivo, l’egoismo di chi compete per tutto e sa pronunciare solo la parola io. Basta soprattutto, con un narcisismo che uccide e che non permette di fare qualcosa per l’altro, figurarsi metterlo al mondo.
Scriveva Oriana Fallaci, nella “Lettera ad un bambino mai nato”, che non c’è nulla di più bello di una giovane donna incinta, fecondità, futuro, speranza ed amore tutto insieme”.(Roberto Pecchioli, L’Istat e l’estinzione del popolo italiano, 20.2.16, Ilcorrieredelleregioni.it).
A questo punto in conclusione, vi invito a studiare un altro tema sicuramente correlato a questo. Faccio un breve riferimento. Si tratta de“Gli ultimi giorni. La fine dell’Impero romano d’Occidente”, è il titolo di un interessante articolo uscito sull’ultimo numero della rivista Cristianità (ott.dic. 2015, n.378), scritto da Francesco Pappalardo. Si fa riferimento a un testo, uscito in Francia, di Michel De Jaeghere,“Les derniers jour. La fin de l’empire romain d’Occident”, Les Belles Lettres, Parigi 2014. Lo storico francese parla di un processo, di una prolungata decadenza dell’Impero. Ma sicuramente tra le principali cause della fine dell’Impero Romano c’è il declino demografico. “La crisi economica e l’insicurezza scoraggiano una natalità già debole da tempo e le nascite non riescono a compensare le significative perdite umane dovute alle invasioni e alle guerre, oltre che a varie epidemie […]”. De Jaeghere, parla di “demografia del declino”, dai sessanta milioni di abitanti del secolo II ai trenta milioni del secolo IV. “[…]le famiglie sono fragili e poco feconde, dilagano l’aborto e l’infanticidio, il concubinato resta la regola, sotto l’influsso dei costumi ellenistici il divorzio è sempre più frequente, la mortalità rimane alta e aumenta il numero dei maschi adulti che dichiarano di volere avere esclusivamente relazioni omosessuali”. 

Domenico Bonvegna
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