Lc 9, 11b-17
In quel tempo Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: "Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta". Gesù disse loro: "Voi stessi date loro da mangiare". Ma essi risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente". C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: "Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa". Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
di Ettore Sentimentale
Oggi celebriamo la Solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore la quale, sebbene affondi le origini storiche nella corrente devozionale, tuttavia ha una grande ricaduta sulla vita della Chiesa. Nel rammentare l’ultima cena di Gesù con i suoi, i primi cristiani ricordavano il desiderio espresso solennemente da Gesù, che la liturgia riprende in ogni celebrazione eucaristica: “Fate questo in memoria di me”. Questa aspirazione del Maestro è stata raccolta soprattutto dall’evangelista Luca e dall’apostolo Paolo, l’evangelizzatore per antonomasia. Le prime generazioni celebravano la cena del Signore per fare memoria di Gesù, per attualizzare la sua presenza viva in mezzo a loro e alimentare la fede in Lui, nel suo messaggio e nella sua vita, quast’ultima consegnata nel dono supremo della morte.
La struttura odierna della Celebrazione eucaristica, riprende queste prospettive e le “ritualizza” nei due momenti essenziali e significativi: la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica; entrambi si rifanno a Lc 24, 13-35 (i discepoli di Emmaus). Si tratta della pagina evangelica nella quale Luca illustra in largo e in lungo come la nuova presenza di Gesù risorto nella comunità si invera nel segno della Parola (spiegata) e nel Pane (che svela l’identità del Signore).
Il racconto che stiamo esaminando, se da una parte non ci narra direttamente l’istituzione eucaristica ma la descrizione delle suericadute nella prassi ecclesiale, dall’altra ci rimanda all’ultima cena attraverso un vocabolario che presenta sostanzialmente le stesse azioni (prese i pani, alzò gli occhi, recitò la benedizione, li spezzò, li diede…).
Il contesto immediato nel quale avviene questa moltiplicazione dei pani e dei pesci, è quello dell’annunzio del regno di Dio “alle folle”, cioè ai lontani, da parte di Gesù. Non è difficile immaginarLo attorniato dai “soliti” poveri, che con la mano stesa aspettano di essere sfamati, non solo con il pane che riempie lo stomaco…
La scena descritta nel vangelo odierno, si ripete ancora oggi seppur con modalità diverse, tutte le volte che facendo memoria dell’ultima cena mangiamo il suo corpo e beviamo il suo sangue. Cosa avviene in realtà in ogni eucaristia? Ci comunichiamo al suo corpo e sangue facendo un atto di fede nella sua morte e risurrezione e aspettando il suo ritorno definitivo; accogliamo Gesù nel nostro cuore e nella nostra vita; compiamo gli stessi gesti di cui parla il vangelo per testimoniare a tutti che quel poco che abbiamo (cinque pani e due pesci) si moltiplica all’infinito quando decidiamo di condividerlo… In questa prospettiva la “povertà” (materiale e spirituale) diventa simbolo del nostro desiderio di comunicare con Lui, di seguire i suoi passi, di vivere animati dal suo spirito e collaborare al Suo progetto di “umanizzazione” del mondo… Allora anche noi potremo rendere presente il “miracolo del pane”, perché contageremo i nostri ambienti del sapore buono e soave di Lui…