La Vara e i suoi paradossi

di ANDREA FILLORAMO

Ho ricevuto parecchie email di assenso sul mio articolo del 7 agosto u.s, pubblicato su IMGPress, il cui titolo era: “A Messina ci sarà la Vara”, fra queste particolarmente a me gradita, una di don Ettore Sentimentale, che può essere letta in nota. In tutte si esprime un’aperta condanna degli abusi operati da alcuni preti nelle feste paesane, che più che esprimere un culto ai santi e alle madonne, ripetono vecchie maniere di esteriorizzare una religiosità, la cui origine è rintracciabile nei tempi ormai lontani, tanto da renderle totalmente anacronistiche. Esse, infatti, nascevano quandola commistione di cristianesimo e paganesimo sottendeva il bisogno delle masse subalterne di elaborare forme di riscatto culturale che conferivano loro una dignità sociale altrimenti irraggiungibile. Le feste, i riti e i culti di allora, che si esprimevano in alcune aree del meridione, manifestavano, sì, l’esistenza di residui pagani, ma incarnavano anche l’esigenza, propria soprattutto della cultura contadina, di denunciare la miseria e di soddisfare i bisogni attraverso l’appropriazione di simboli della religione egemone, che veniva così resa aderente alla loro realtà. Oggi siamo, in età postmoderna, e, quindi, quella cultura non ha più ragione d’essere, anzi è da combattere in ogni modo. Ogni tentativo di risuscitare forme di “feticismo religioso”, frammisto a “speculazioni” economiche che non hanno nulla a che vedere con la fede, anzi che tendono a distruggerla, deve essere anch’esso con forza osteggiato. Ricordiamo che il fattore economico-commerciale, apparentemente secondario, è stato sempre e continua a essere un veicolo importante nella trasmissione dei culti. È tradizione», alcuni dicono, «si è fatto sempre così», altri ribadiscono.«È tradizione» è questa l’unica convinzione de comitati organizzativi che vogliono ad ogni costo accontentare la gente per qualche euro donato o per una “cinquantina” da attaccare al santo,purché la statua passi sotto il balcone dei generosi donatori o faccia l’«inchino» al potente di turno.
————————————————————————————-NOTA ( email di don Ettore Sentimentale)
Andrea carissimo, il tuo pezzo sulla processione di S. Antonio e il relativo abominio da te rilevato (carta moneta attaccata con spilli da balia al Santo), purtroppo non è un fatto isolato. Anzi, in questi ultimi anni nella nostra diocesi si è abbassata la guardia su questo tipo di abuso liturgico-pastorale. Tu chiedi: vi sono delle norme che regolamentano le feste religiose? Ti rispondo: certo! Ma quasi sempre sistematicamente aggirate o ignorate. Nel caso della diocesi di Messina vi è un bel documento del 1993 “Le nostre feste religiose”, nel quale mons. Cannavò (arcivescovo pro-tempore) con coraggio e chiarezza ha dato delle indicazioni pratiche e profetiche alla nostra diocesi…Ti allego un articolo apparso all’inizio di giugno del 2014 su IMGPress a mia firma, circa alcuni risvolti della processione della Vara…Troverai citati anche i principali documenti a carattere generale e locale che legiferano in materia… Nel caso specifico da te descritto (grottesco attaccare soldi alle immagini sacre), ti faccio presente che spaziando su internet ho notato che in tutte le diocesi del centro-sud, circa la pratica della pietà popolare, i vescovi impongono tassativamente "il divieto di adornare le immagini sacre durante le processioni con soldi e oggetti preziosi…". Ma, come notavo già, la legge è fatta per non essere osservata oppure – come ebbi modo di sentire una volta in una riunione "tempestosa" fra il parroco e il "comitato" – non potendo trovare dei punti in comune per una dignitosa processione si abbassano i toni e si raggiunge un compromesso fra le parti in causa: "a me date la mia quota (sette milioni di lire in quel momento!) e voi fate quel che volete". Questa soluzione è raccapricciante da qualsiasi lato si osservi la faccenda. Temo che tanti vescovi non sappiano veramente come, da chi e per chi sono gestite le feste religiose. Non oso pensare che per il quieto vivere i presuli facciano finta di non vedere e non sentire per non parlare…