di Ettore Sentimentale
Poco dopo l’inizio dell’anno pastorale, la Chiesa ci invita a celebrare la Solennità di Tutti i Santi e per tale ricorrenza sottopone alla nostra riflessione la pagina impegnativa delle Beatitudini (Mt 5,1-12). Vorrei prendere spunto dalle provocazioni di questa “magna charta” del cristianesimo per tratteggiare qualche spunto di meditazione sulla “mitezza”, quasi un’eco del “Beati i miti perché avranno in eredità la terra” (Mt 5,5). Mi sembra, fra l’altro, urgente riprendere questo discorso proprio in un momento in cui l’ideologia della violenza (declinata nelle forme più comuni e immediate dal femminicidio al bullismo…) discredita la mitezza presentandola come una debolezza di carattere. Nel contesto socio-religioso contemporaneo di basso profilo, la mitezza viene confusa con le derive peggiori dell’approccio relazionale di cui sono stracolmi i peggiori talk show…Un mondo virtuale, sdolcinato e mellifluo, insipido e fiacco…
I cristiani si trovano dinanzi a una sfida: ristabilire la mitezza considerandola come una virtù dell’uomo “forte” che sa mostrarsi gradevole all’altro uomo. La mitezza è il frutto della bontà, è l’opposto della durezza, della brutalità, della rudezza e della violenza. È sinonimo di “non violenza”.
Gesù stesso si presenta come un uomo “mite e umile di cuore” (Mt 3,29) che alleggerisce coloro che sono soffrono e sono schiacciati dal fardello dell’oppressione.
Fra i maestri di spirito che hanno commentato questa beatitudine, bisogna necessariamente inserire p. Raniero Cantalamessa. Durante la predicazione della Quaresima 2007, rivolta al papa emerito Benedetto XVI e ai membri della Curia, ha affermato: “I Vangeli sono da un capo all’altro, la dimostrazione della mitezza di Cristo, nel suo duplice aspetto di umiltà e pazienza” (…) Ma Gesù ha fatto ben più che darci un esempio di mitezza e pazienza eroica; ha fatto della mitezza e della non violenza il segno della vera grandezza”.
Risalta subito agli occhi come proprio questo passaggio venga continuamente disatteso nella vita quotidiana, soprattutto da coloro che si professano “cristiani”, perché sintonizzati sulla logica dell’avere, del potere, dell’apparire, del comandare…E quante perplessità e immensi smarrimenti fra i credenti (preti compresi), quando papa Francesco invita la Chiesa a vivere l’accoglienza, l’apertura, la condivisione con gli “scarti” prodotti dalla società dei consumi!!!
Continua padre Cantalamessa: “La mitezza ricorda, soprattutto a noi cristiani, che il vangelo non lascia spazio a dubbi. Non ci sono in esso esortazioni alla non violenza, mescolate con esortazioni contrarie. I cristiani possono, in certe epoche, aver tralignato su ciò, ma la fonte è limpida e ad essa la Chiesa può tornare ad ispirarsi a ogni epoca, sicura di non trovarvi che verità e santità”.
Comprendo che si fa presto e bene a dire queste cose, ma serve tutta la testimonianza di una vita a confermare il messaggio evangelico.
Per aiutarci a dare concretezza alla provocazioni che giungono dalle beatitudini, penso sia necessario compiere un altro piccolo passo significativo. Si tratta di chiedere con insistenza al Signore la purificazione del nostro cuore, perché “è dal cuore degli uomini che escono i propositi di male” (Mc 7,21). L’uomo quindi deve dominare le sue passioni dalle quali scaturisce ogni genere di violenza. S. Giacomo (4,1-2), il nostro protettore, si chiede: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra!”.
La conclusione mi sembra ben delineata: se la bontà genera la mitezza, l’odio concepisce la violenza. Bisogna solo prendersi il tempo necessario per decidere da quale parte vogliamo stare. Nel fare questo discernimento dobbiamo tenere a mente anche l’aut –aut della Scrittura: “Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui”. (1 Gv 3,15).
Auguro a tutti di essere testimoni forti e credibili della mitezza evangelica. p. Ettore