Dal Salmo 24
Ecco, viene il Signore, re della gloria.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli, chi non giura a danno del suo prossimo.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.
di Ettore Sentimentale
Il testo del salmo in oggetto (vv. 1-6) costituisce le prime due parti (su tre) di un canto processionale, dal sapore prettamente liturgico che veniva normalmente cantato dagli ebrei in occasione della festa delle Capanne o del Capodanno. Il contesto storico entro cui collocarlo potrebbe essere il periodo post-esilico. Secondo l’interpretazione popolare ebraica questo salmo sarebbe stato eseguito la prima volta in occasione della traslazione dell’Arca nel tempio di Gerusalemme, descritta ampiamente in 2 Sam 6.
Visto il momento liturgico forte in cui il testo viene proposto (IV Dom. di Avvento “A”), vorrei concentrare l’attenzione su un tema molto attuale e dibattuto: la ricerca di Dio.
Alla fine del salmo leggiamo: “Ecco la generazione che lo cerca, / che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe”. In realtà questa espressione è la continuazione della condizione posta qualche versetto prima: “Chi ha mani innocenti e cuore puro, / chi non giura a danno del suo prossimo” (versione un po’ differente dal testo ufficiale, già presente nel testo riportato).
Penso sia ben chiaro che attraverso i riferimenti simbolici delle mani (operatività), del cuore (intenzionalità) e della lingua (comunicazione verbale), il salmista invita tutti noi a vivere in perfetta armonia l’integrazione tra fede e vita.
Molte volte, purtroppo, fra questi componenti basilari scatta un corto circuito, con le relative ricadute disastrose sull’esistenza degli uomini, oppressi dal peso delle sviste sui fondamenti metodologici del vivere.
Penso, tuttavia, che il salmo provochi un’altra pista di riflessione attorno al tema della ricerca di Dio, capace di dare senso alla nostra vita.
In estrema sintesi si tratta del dinamismo interno al Catechismo degli adulti, “Signore da chi andremo?” che nella prima parte sviluppa il percorso “dell’uomo che cerca il senso della vita trova la risposta in Gesù Cristo, perché Gesù è la rivelazione personale di Dio nella storia”.
Tale prospettiva è stata ripresa e ampliata nel 2009 dalla CEI nella “Lettera ai cercatori di Dio”. Le piste di riflessione che derivano da questo documento, a cui rimando, sono molto interessanti e intriganti.
Vorrei restare nello specifico del nostro testo e ricordare che delle condizioni necessarie per vivere bene il culto, la celebrazione eucaristica, ha parlato pure Gesù in Mt 5,23-24: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono”.
Che senso ha celebrare le lodi di Dio se fra noi non circola la fraternità che Gesù ci ha donato? L’aver “mani innocenti, cuore puro e una lingua che non fa danno al prossimo” non può essere scambiato con il “giustizialismo”, maschera orrenda della giustizia che ha fatto e continua a creare solo drammi.