di Ettore Sentimentale
Da qualche settimana abbiamo iniziato il 2017, sostenuti da un cambiamento importante: l’ingresso in diocesi del nuovo arcivescovo metropolita Giovanni Accolla.
Mentre ringraziamo il Signore per il dono del pastore di origini aretusee, preghiamo perché lo stesso sia “pastore secondo il cuore di Dio”, come leggiamo in Ger 3,15.
Mi sembra opportuno, in questo momento, rileggere – alla luce della Parola di Dio – lo scorcio di tempo racchiuso fra ottobre 2015 e gennaio 2017. Senza dietrologie, ma con l’animo aperto e accogliente delle sorprese divine. Dico subito che la mia ermeneutica si pone come un contributo, non l’unico e nemmeno con prerogative esaustive, nell’affrontare il periodo suddetto.
Per inoltrarmi in questa “interpretazione teologica” della storia, scelgo una pagina evangelica attorno alla quale intendo articolare le dinamiche vissute in questi ultimi 15 mesi: Mt 14,24-33 ( che vi prego di leggere). Tratta del racconto di come la barca dei discepoli viene scossa dalle onde tempestose mentre naviga sul lago e del rimprovero di Gesù a Pietro, chiamato “uomo di poca fede” perché ha dubitato della presenza del Signore in quel momento critico.
Questa narrazione diventa paradigmatica tutte le volte che noi cristiani siamo invitati (o forse costretti dai fatti) a confermare la nostra fede senza lasciarci soffocare dalle difficoltà.
Anche noi, indubbiamente, nel periodo di transizione abbiamo percepito la solitudine, abbiamo lamentato l’assenza del Signore, mentre – come accaduto ai discepoli – ci trovavamo in un mare di guai, anche la nostra barca sembrava “molto lontana dalla riva” cioè distante parecchio dalla terra ferma e quindi dalla sicurezza … e con il vento contrario. Ci siamo sentiti persi, avvolti dall’incertezza e angustiati per ché non riuscivamo a intravedere la via d’uscita.
Molti cristiani e le relative comunità di appartenenza hanno sperimentato la paura per il futuro incerto e nebuloso; hanno misurato – come Pietro – la fragilità della loro fede.
Eppure il Signore era vicino a noi e il nostro sguardo, invece, proiettava su di lui le proprie illusioni a tal punto da non riconoscerlo, anzi di vedere un fantasma.
È ovvio che le paure comunitarie (sempre contagiose) sono il maggior ostacolo per riconoscere Gesù e a seguirlo come nostro Salvatore, proprio nei momenti critici, perché Lui continua a ripetere il mantra che dovremmo imparare a memoria: “Coraggio. Sono io. Non temete”. Tradotte in una breve parafrasi possono suonare così: “Gesù infonde coraggio seminando speranza nel mondo; è sempre vivo, capace di salvare chiunque; dobbiamo aver sempre fiducia in Lui e imparare a riconoscerlo vicino a noi nei momenti difficili e critici”.
Ripensando a certi passaggi bui, comprendiamo bene adesso che dovevamo “avventurarci” nell’andare verso di lui camminando non sulla terra ferma , ma “sull’acqua” dell’insicurezza, immersi nella debolezza della fede.
Quel che è stato sicuro in mezzo a tanta oscurità, era legato al Suo ripetere: “Vieni”, focalizzando così l’essenza della nostra fede: si trattava (e non può certo adesso cambiare) di osare di “andare verso di Lui”.
Come dicevo prima, non è stato semplice e immediato vivere questa fede “nuda”, perché anche noi abbiamo percepito la forza del vento e presi dal panico pensavamo di affondare.
Purtroppo, in circostanze difficili, la forza del male ha come effetto la “paralisi”, nel cuore prendono il sopravvento le paure e i dubbi, e dopo qualche “annaspamento” si ricomincia ad affondare nel mare della disperazione e dell’incredulità.
In questi casi non resta che gridare, senza ipocrisia: “Signore, salvaci!”. E, come per incanto, spunta la Sua “mano tesa” che ci tira fuori dall’abisso tenebroso.
Sono sicuro che il tempo di prova, di crisi, di “notte oscura” (per dirla con S. Giovanni Della Croce) che il Signore ha permesso, ci ha aiutato a credere con più verità nella salvezza che Lui riserva per i suoi discepoli.
Continuiamo, seppur in modo diverso, a presentare a Gesù le nostre paure e i nostri vacillamenti … Lui ci afferra e non permetterà che veniamo sommersi dalle ode del male.