di ANDREA FILLORAMO
Da molto tempo, nell’accostarmi ai problemi che vivono i pretie alle situazioni concrete e alle difficoltà che essi incontrano nel loro ministero dei quali sempre mi sono interessato, ho potuto osservare dei casi estremamente difficili, sui quali, dati alcuni ostacoli non dipendenti da loro ma dai loro vescovi o dai loro superiori, entrano in gioco gli aspetti motivazionali della loro vocazione e di discernimento in vista di scelte concrete di reale cambiamento relativo o alla continuazione del ministero o al suo abbandono…Allorché,poi, mi è stata data l’opportunità di essere di aiuto ai preti della mia diocesi d’origine, nella quale vi sono molti miei amici, con i quali ho condiviso una buona parte della mia vita, non mi sono rifiutato di ascoltarli se non sempre “de visu”, almenoattraversoi mezzi tecnologici ormai a disposizione di tutti.Ho incentivato i rapporti con loro quando ho iniziato la mia collaborazione con IMGPress, che mi ha dato la possibilità di dialogare e ragionare sulle difficoltà che incontravano nella loro quotidianità, dipendenti dall’approccio talvolta difficile ma spesso problematico con il loro vescovo, che, incalzato attraverso vari articoli, rispondeva con il silenzio assoluto alla loro richiesta d’aiuto. Ed è stato appunto la noncuranza dimostrata da questo silenzio che ha portato alla luce nella loro corrispondenza con me quelli che loro ritenevano “vizi e difetti” del loro vescovo. Se all’inizio ho ritenuto che le notizie pervenute fossero sgarbi fatti per dispetto, per rivalsa, lentamente e fatti i necessari filtri, e dopo la conferma che quanto da loro raccontato era quasi di dominio pubblico, in vari articoli ho cercato senza mai entrare nei contenuti delle notizie, con prudenza, accompagnata dalla carità, talvolta anche con tono provocatorio, invitare il vescovo, in nome e per conto dei suoi preti che la pretendevano, alla trasparenza. Ritenevo che fosse impossibile, data la diffusione di quelle che potevano essere anche delle bufale, che il vescovo non prendesse delle posizioni chiare e conclusive. Tutto ciò fino a quando improvvisamente il presule si è dimesso. Non era difficile collegare i fatti e ritenere che le notizie fossero arrivate a Roma. Artefice di questa operazione è stato qualcuno dei preti che io conosco? Onestamente devo dire che non lo so. Potrei anche dire che ne sono sicuro ma non posso garantire che tutti si siano attenuti all’invito da me fatto quando ho affermato e scritto che su quanto raccontato del loro vescovo: “oportetsilentiumfacere”.Tutto ciò fino a quando (ed è notizia di questi giorni) il giornalista Fittipaldi, scrive un libro “Lussuria”, dove in un capitolo fa conoscere del vescovo emerito “cose” che “erano tenute nascoste”.Tutto si poteva concludere con la notizia stampa della diocesi, non condivisa da tutti ma al massimo giustificabile, ma non è stato così. Il vescovo emerito, infatti, ha lasciato un’intervista in cui, a parere di quanti conoscono quel che è avvenuto nella diocesi di Messina, capovolge interamente la verità. Su questo argomento, non posso fare a menodi trasmettereuna lunga e articolata email di un prete.
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Invio le mie riflessioni sulla faccenda incresciosa legata alla pubblicazione di coinvolgimenti di Mons. Calogero La Piana in situazioni ambigue con un medico, che lascia perplessi, riferite da Fittipaldi in “Lussuria”. Lo faccio adesso dopo aver letto l’intervista del vescovo emerito, concessa a un giornalista e apparsa su un sito internet; provo solo una reazione di sdegno e rabbia per tutto quello che è successo e per come Mons. La Piana “spari a zero” contro gli altri, calunniando anche dei suoi preti, che egli considera nemici e non si assumi alcuna responsabilità o, meglio, non osservi il silenzio, che in questi casi è necessario, oppure, ancora, che non decida di rivolgersi alla Magistratura o alla Congregazione dei vescovi che è in possesso dei documenti e alla quale Fittipaldi fa esplicito riferimento quando accenna alla loro fonte. A colui che è stato il mio arcivescovo e al quale ho sempre ubbidito anche quando non era facile per me accettare le sue deliberazioni o quando ascoltavo quello che allora ritenevo chiacchiere sul suo conto, vorrei ancora suggerire: “Eccellenza, scendiamo tutti dal pero. Se Fittipaldi ha avuto tutto da più «corvi» o direttamente dalla Congregazione dei vescovi, sicuramente le accuse e gli accusatori, i documenti ivi giacenti e i fatti, lei non solo li conosce ma sicuramente la stessa Congregazione gliel’ha notificati. La Santa Sede li ha creduti validi? Se sì, sono spiegate le sue dimissioni per non giungere alla rimozione. Se no, sono spiegate le dimissioni per motivi di salute. In tal caso parlare di salute non significa problema fisico ma disagio, incapacità di continuare etc.”. Ma il vescovo ha continuato per molto tempo nel tipico atteggiamento, come è avvenuto anche nella conferenza stampa subito dopo le sue dimissioni, quando il suo vicario generale, volendo costruire attorno al suo capo una “barriera” per non giungere a trattare proprio quel che fa conoscere Fittipaldi, rivolgendosi ai giornalisti disse: “Non si aprano quei files. Se li aprite vi denuncerò e farò chiudere i giornali”: piccolo uomo dalla grande furbizia, tu sapevi tutto! Bastava allora poco per spegnere quello che era solo un “focarello” se anche il vescovo emerito non avesse parlato di “giornalisti fabbricatori di fango”. L’Ecc.mo, quindi, nell’intervista che ho rintracciato in un sito, non chiarisce nessuna delle accuse fatte e dimostra di essere un allenato “costruttore” di bugie, come del resto era riconosciuto da molti preti, panzane facilmente smontabili da chi conosce la situazione della diocesi o che, altresì, conosce il modo come egli ha l’ha amministrato per ben nove anni. Per quanto concerne la situazione debitoria delladiocesi, La Piana continua ancora a nascondere quello che ormai conoscono tutti, sostenendo ma non dimostrando, che non ha lasciato alcuna situazione debitoria, ma egli sa bene che il vescovo Raspanti, amministratore apostolico, ha chiuso tutte le pendenze debitorie con le banche lasciate da lui e le ha convogliate in un unico filone attraverso un accordo con l’ICSC, il quale recupererà il credito sottraendo le somme pattuite dal contributo dell’otto per mille che ogni anno versa alla diocesi? Del resto quei soldi che pagano i cittadini italiani con il 730 che dovrebbero essere destinati alle necessità ecclesiali serviranno anche – e questo è il vero scandalo – per ripianare i debiti diocesani. A questi si aggiungono quelli con cui viene assicurato uno stipendio all’ex arcivescovo di Messina, anche se dimissionario. Sull’articolo prima dell’Espresso e poi sul capitolo del Libro “Lussuria” di Fittipaldi, osservo quanto segue: dei fatti che sono emersi, a Messina tutti parlavano e di ciò il vescovo probabilmente era stato avvertito. Ma egli riteneva che i fatti denunciati apparivano così incredibili da essere facilmente smontabili e non avrebbero, quindi, interrotto il suo governo della diocesi, sostenendo, poco prima delle dimissioni, davanti a suoi amici: “So che ci sono dei preti che mi vogliono cacciare, ma dovranno sopportarmi ancora per dodici anni”. La domanda è d’obbligo: Pensava il vescovo ancora che alla Santa Sede ci fossero dei “Santi in paradiso”? Forse il riferimento ai preti che volevano cacciarlo, è da collegare al gruppo di preti e segnatamente a due di loro che dice nell’intervista sopra menzionata, di aver sanzionato (suppongo per gravi motivi)? Mi chiedo: “perché egli non è andato allora o non va adesso a denunciare i suoi denigratori e così queste beghe finiscono? Un’ulteriore domanda vorrei fare al vescovo che dice di essere stato calunniato: “se sa e lo sapeva anche prima chi sono questi preti, che lui ha sanzionato, preti diciamolo pure talmente “delinquenti”, tali da costruire addirittura un falso per denigrarlo, capaci quindi di vendicarsi in un modo così volgare perché non è corso ai ripari? E dire che il vescovo conosceva bene e sapeva come utilizzare i raffinati “strumenti penitenziali” per quelli che riteneva i suoi creduti nemici. Quale sarà lo sviluppo di questa situazione incresciosa? Certamente l’arcidiocesi non ha aiutato a risolvere i nodi che ancora non danno adito a soluzioni equilibrate, per cui è lecito chiedersi: “Non sarebbe stato forse meglio, per la diocesi, invece di fare un comunicato stampa pieno di contraddizioni, rifarsi alla formula del vescovo di Padova, che trovandosi di fronte ad accuse gravi nei confronti di un prete disse: «…ci vergogniamo perché abbiamo guadagnatosolamente la commiserazione di molti, l’ironia e la beffa di molti altri», aggiungendo: Fatti salvi i diritti di tutte le parti coinvolte…”? Per finire: mi dispiace molto raccontare quanto mi è successo; tre giorni fa ho sentito un giovane scandalizzato dal repentino cambiamento di umore di un suo amico prete, il quale, circa un anno addietro aveva definito il vescovo uscente “un gay con vari compagni di merenda” mentre ora è pienamente solidale con la “vittima della fabbrica del fango”. La gente cosa deve pensare di questi improvvisi cambi di casacca? Mi auguro che la gogna (mediatica e non) finisca qui. Concludo parafrasando un passaggio di mons Cipolla: davanti a questa chiesa peloritana seppur offesa e umiliata c’è da togliersi i calzari, perché questa terra è santa… ricordando tanti vescovi, preti, diaconi e fedeli che “hanno sacrificato la vita nella coerenza, con umiltà e fedeltà”.
S.G.