Solo in Dio riposa l’anima mia

Dal Salmo 62
Solo in Dio riposa l’anima mia.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia speranza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare.

In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore.

di Ettore Sentimentale

Il testo in oggetto è uno dei salmi più noti del salterio e spesso viene cantato con grande maestria nei gruppi giovanili. Uno dei canoni più belli di Taizé si ispira proprio a questo componimento di fiducia: “Mon âme se repose en paix sur dieu seul…”.
Il ritornello iniziale ritma l’intera composizione nella quale il tema di fondo è l’abbandono totale in Dio, fonte di serenità e sicurezza.
La forza delle immagini simboliche (roccia, salvezza, riparo, rifugio…) fanno pensare a chi durante la “battaglia” trova un posto sicuro, lontano dai pericoli, certo di non essere attaccato dal “nemico”. Da qui deriva l’esortazione che il salmista, uomo navigato, rivolge ai membri del suo popolo: “confidate nel Signore a aprite il cuore davanti a Lui”.
Riprendo qualche espressione tipica per fare risaltare la forza evocativa della lode. “Dumijjah” (lett. “riposo”) indica anche il “silenzio”, vale a dire la pace totale, l’armonia nei rapporti con Dio, con se stessi e con gli altri. Il motivo è semplice: chi si affida a Dio e alla sua misericordia vive in uno stato di tranquillità permanente. Non perché manchino i problemi, ma per il semplice fatto di aver posto in Dio la sua speranza. Mi vengono subito in mente le parole di un santo prete, p. Giuseppe Merlo, che ripeteva e insegnava a tanti questa semplice ed efficace invocazione: “Cuore di Gesù, pensaci tu e io non ci penso più”.
La fiducia che il salmista accorda al Signore è illimitata, a tal punto da suggerire che una vita lontana da Dio è piena di incertezze e pericoli. Sull’importanza della “vicinanza” al Signore, S. Agostino ha formulato una bellissima supplica, nel primo libro dei “Soliloqui”: “[…] o Dio, dal quale uscire è morire, al quale avviarsi è tornare a vivere, nel quale abitare è vivere […] ormai te solo amo”.
A questo Dio, padre tenero e attento, bisogna “aprire il proprio cuore”, sia per sfogarsi (“davanti a lui sfogo il mio lamento”, Sal 142, 3) sia per “inabissarsi” totalmente in Lui, sempre in ascolto dei suoi figli.