di Roberto Malini
Nascono sempre più spesso pagine Facebook contro il razzismo: un fenomeno virtuoso che serve a denunciare una delle piaghe più terribili che affliggono le nostre società. Quando però all’intolleranza si oppongono propositi di vendetta, intimidazioni e minacce gravi, allora non si può che riconoscere – desolatamente – che la cura è pericolosa quanto il male e che qualsiasi progetto di civiltà si allontana.
Su una pagina che denuncia il tenore intollerante di una recente manifestazione nel norditalia, in cui residenti ed esponenti della destra chiedevano lo sgombero di un insediamento etnico, si leggono senza alcuna moderazione commenti come questo (da cui ho cancellato gli insulti, irriferibili, che si alternavano alle minacce): "Stasera passerò da casa tua e mi sa che farai una brutta fine. Tu non servi sulla terra, ma sotto terra. Sarai circondata. Ti faccio allo spiedo e ti faccio mangiare dai cani randagi".
Sono fatti gravi, che andrebbero stigmatizzati con decisione e non accettati quali risposte ad atteggiamenti intolleranti. Se è in questo che si sta trasformando l’antirazzismo, è un cambiamento che va ripensato e a cui difensori dei diritti umani e persone di civiltà devono dire no senza esitazione.