Dopo aver letto “Scarde”, mi permetto di esprimere una riflessione.
Lineare, semplice ed efficace il metodo dell’intervista che tende a mettere a nudo la forza e la fragilità di un uomo, la complessità e le incongruenze di una personalità ribelle che cerca spesso di andare oltre, poco incline alle regole e all’obbedienza; la bontà e la generosità di un’anima disposta a sperimentare il bello e a incontrare l’amore anche nella forma più difficile del sacrificio e della gratuità; la solidità di una vocazione che incentra e trae la sua forza nella certezza di Cristo, Dio e uomo. Più volte padre Franco, nel raccontarsi, fa richiamo all’esperienza diretta vissuta con Gesù: “da Lui mi sento cercato, trovato, amato; lo vivo come “persona”, non lontana da me, che gioisce, piange, soffre, gode, sostiene, scuote, sprona …”. Io trovo che vivere la fede in maniera tangibile, sperimentando l’incontro quotidiano con Cristo “amico”, sia un dono che a pochi è concesso, un vero privilegio per l’anima. La descrizione della vita nelle Case di Accoglienza e il desiderio di incrementare e perfezionare lo “spirito di famiglia” trova espressione di rilievo nell’importanza e nel valore che viene riconosciuto a ciascuna persona; non più scarti, “scarde”, ma VITE … Uomini e donne, bambini e ragazzi con un passato spesso difficile, con un presente incerto e precario e con un futuro che si spera insieme di costruire; un futuro che possa essere accettato e condiviso da quella Società che, a torto o a ragione, con assoluta severità, ha decretato i suoi “ margini”.
“E’ tutto in tutti e tutto in ciascuno” questa è per me la frase chiave. Il libro è completato da una serie di lettere, stralci di riflessioni e pensieri di quanti hanno vissuto l’esperienza dell’aiuto, dell’accoglienza, del supporto di padre Franco e dei suoi preziosi collaboratori e volontari.
Mi sono chiesta, perché solo meriti? Perché solo riconoscimenti e ammirazione anche da parte dei confratelli e dei superiori? Perché l’attenzione positiva dei media? E’ davvero tutto così semplice? Padre Franco è davvero un “Santo “vivente?
Mi sono data una risposta. Nel silenzio, nei non detti, nel non documentabile, nel perso, nel vuoto assordante di esiti sconosciuti, in ciò che non si rintraccia, deve essere compreso il fallimento e la delusione di una missione che non può dare sempre i risultati sperati.
Sperimentare l’amore gratuito, o meglio indirettamente corrisposto, nel tempo, richiede una forza e una speranza che forse solo dalla “fede” è possibile attingere.
Padre Franco mi appare un prete “imperfetto”, nel senso più canonico del termine, una figura vera di “prete-uomo e uomo-prete”, una figura vera per una fede e una spiritualità vera, da vivere a dimensione di Dio e dell’uomo. Il grande miracolo dell’Amore concede il privilegio a chi si occupa, in prima linea, di emarginazione sociale di trovare nell’umano, anzi spesso nel “disumano” il valore, il senso, il volto del Trascendente. Ti ringrazio padre Franco per aver reso testimonianza della tua esperienza, anche se sono certa che le emozioni che vivi durante il tuo impegnativo cammino non possono essere descritte neanche dalla penna più abile; le emozioni vere non si possono raccontare!
Giovanna Cardile