Dal Sal 65
Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli
Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.
I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!
di Ettore Sentimentale
La liturgia ci propone l’ultima parte (vv.10-14) di questo salmo di ringraziamento, strettamente collegato alla stagione estiva/autunnale nella quale si loda la provvidenza divina per aver concesso un raccolto abbondante. Il nostro stralcio si apre con la presa di coscienza dell’orante, circa la “visita” alla terra “dissetata”, operata dall’intervento celeste: segno della cura con la quale, attraverso le piogge, il “fiume di Dio” prepara e rende fertile il terreno.
Il nostro cantico è risonanza di Is 55,9-10, testo della Prima Lettura nel quale la “parola di Dio” è paragonata alla pioggia che scende dal cielo e vi ritorna solo dopo aver concluso il suo ciclo. In un certo senso il nostro orante nel riprendere questa metafora descrive l’intervento provvidente di Dio alrallenty, sezionando e contemplando ogni fotogramma.
L’idea di fondo è che Dio ha molta cura della terra (a differenza dell’uomo che inesorabilmente la violenta e distrugge non rispettandone l’armonia creativa) nei confronti della quale esercita un intervento delicato: “ammorbidisce” (così la traduzione letterale del v. 11: “con rovesci di pioggia l’ammorbidisci”) il terreno durante la canicola estiva rendendolo fertile per il raccolto autunnale.
Affermare questo dopo essere stati presi nella morsa di vasti e pericolosi incendi, suona un po’ male…ma è pure vero che lo stesso uomo che da alcuni decenni interferisce pesantemente sul clima (per ricavarne benefici economici leciti e illeciti) si trova ad assistere e a piangere distruzioni e catastrofi nelle quali la natura rivendica la sua forza…
La descrizione così armonica del creato, invece, viene cantata con belle metafore, la prima delle quali paragona l’anno (il susseguirsi di tempi e stagioni) a una “corona”, ricca di benefici divini che lasciano il segno sul terreno (i solchi), creando quasi un sentiero, un’orma, sulla quale si posa la pioggia che disseta.
Un’altra metafora è costituita dal racconto – con accenti di festa – del risveglio della natura a primavera: “le colline si cingono di esultanza…i prati e le valli…gridano e cantano di gioia”.
L’orante è testimone, quindi, come la benedizione iniziale (“benedici i suoi germogli”) si manifesta nell’armonica bellezza della terra. Proprio tale “ordine naturale” ogni uomo di buona volontà è chiamato a proteggere e far rispettare, perché il creato è “casa comune”.