di ANDREA FILLORAMO
Sapevo chiaramente, da quando ho cominciato a scrivere su questo giornale, che, dati i miei trascorsi che fanno ormai riferimento a molti anni addietro, date le antipatie o i malintesi inevitabili, allora, con alcuni e, dato anche il mio temperamento, di cui ho curato solo la parte migliore, trascurando forse quel che potrebbe dar fastidio non solo a me ma anche agli altri, che non avrei avuto vita facile, che non tutti avrebbero gradito che “uno come me”, entrasse nel vivo di una categoria di persone, alla quale ancora mi sento affettivamente legato. Mai ho pensato, però, di ricevere lettere anonime, post bellicosi, insulti, accuse di meschinità, come è avvenuto recentemente e ciò per il solo fatto di aver voluto evidenziare il comportamento pastorale del nuovo arcivescovo, di cui sono accusato addirittura di manipolare i discorsi, non si capisce a quale scopo o per quali motivi.
Non si tiene conto che l’arcivescovo i suoi discorsinon li fa, ovviamente nel chiuso di una stanza ma si rivolge a determinati fedeli, appartenenti a una determinata parrocchia, in cui c’è un determinato parroco e diventa noto a tutti quanto egli dice e pensa.
Non ho mai ferito, come sono stato accusato in un post, le persone, né tanto meno quel determinato prete. Ciò non è avvenuto, qualunque sia il pensiero o la convinzione di qualcuno, nel passato e nel presente.
Non posso, inoltre, essere accusato di superficialità se ricevo un’email, che mi dà una notizia, che riporto quasi per intero. Di essa mi accerto sempre della veridicità e se una parte di essa, come è avvenuto nell’ultima, non mi convince, la chiamo non “storia” ma “favola” e la favola, se riportata, serve solo a “dar colore” all’articolo.
Osservo che ogni mio scritto viene prima filtrato da persone diverse da me, viene attentamente letto e vagliato dal Direttore che sarebbe veramente uno stupido, se pubblicasse qualcosa che va “oltre le righe”.
In ogni caso, chiedo scusa a quel parroco se si è sentito offeso.