Dal Salmo 138
Signore, il tuo amore è per sempre
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.
Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.
di Ettore Sentimentale
Come recita l’incipit del nostro testo (che coincide con il primo versetto) il salmo in questione appartiene al genere letterario del “ringraziamento”. L’orante non può fare a meno di fare scaturire dal suo cuore e dalle sue labbra il rendimento di grazie a Dio che ha risposto ad una sua richiesta ben precisa (la liberazione dalla schiavitù babilonese?).
L’autore ci tiene a precisare che rivolge la sua lode a Dio e non agli idoli (a differenza delle persone che lo attorniano, se si dovesse trovare lontano dalla patria) e lo fa “prostrandosi verso il tempio santo”.
Nella rivelazione del primo testamento vi sono altre risonanze che descrivono lo stesso gesto: da Salomone che invita a pregare in direzione del tempio di Gerusalemme (cfr. 1Re 8,48) a Daniele che durante l’esilio babilonese prega in direzione di Gerusalemme (cfr. Dn 6,11).
Il substrato teologico di questa lode è rappresentato da alcuni grandi temi del salterio: l’amore e la fedeltà di Dio che fanno trasparire la sua unicità (a differenza degli idoli) e spronano l’orante a vivere in pienezza l’alleanza sancita da Jahweh con i padri.
Da qui scaturisce la meraviglia che tocca trasversalmente il salmista il quale è fortemente sorpreso dalla sproporzione fra la sua richiesta e la grandezza dell’intervento divino (“hai reso la tua promessa più grande del tuo nome”). In una battuta potremmo dire: troppa grazia! Tale risposta inaspettata e benevola, spiazza l’orante che è quasi costretto ad arricchire di ulteriori elementi la sua lode.
Il primo sembra essere costituito dalla “puntualità” dell’intervento divino: nello stesso giorno della supplica il salmista ha avuto un felice riscontro. Anzi, dal contesto pare che la tempestività divina gli abbia ridato forza. Proprio a lui che socialmente è “l’umile” verso cui Dio ha guardato, a differenza del superbo che viene scartato. Il rimando al cantico di Maria (Lc 1, 51s) è obbligato e immediato: “ha disperso i superbi…ha innalzato gli umili”.
L’epilogo del nostro brano è una supplica particolare, che fa leva unicamente sull’amore eterno di Dio. Provo a parafrasare: “Signore, il tuo amore ha creato (in me) un’opera bellissima…non abbandonarla mai”.