E’ vero, l’ictus cerebrale è una patologia correlata all’età in cui sia l’incidenza (cioè il numero di nuovi casi/anno), sia la prevalenza (numero di casi affetti dalla malattia, in un dato momento storico, in una data popolazione) aumentano con l’avanzare dell’età. E’ altrettanto vero, però, che si tratta di una malattia tutt’altro che rara anche nei giovani, di età inferiore a 45 anni. Considerando i soggetti da 0 a 44 anni (circa 32.000.000 in Italia), i dati epidemiologici disponibili danno un tasso atteso di incidenza annua pari a 14,4 per 100.000 soggetti: dobbiamo quindi aspettarci 4.600 nuovi ictus l’anno. Nei soggetti fino a 54 anni, pari a 41.000.000 italiani circa, l’incidenza attesa è del 23,7 per 100.000 quindi il numero aumenta a poco meno di 10.000.
“Abbiamo circa il doppio di nuovi casi di ictus giovanile rispetto, per esempio, ai nuovi casi di sclerosi multipla, nei soggetti di età inferiore a 45 anni, ed un numero di ictus all’incirca eguale rispetto ai casi di epilessia, nei soggetti della stessa fascia d’età – dichiara il Professor Carlo Gandolfo, Professore Ordinario di Neurologia Università di Genova e membro del Comitato Tecnico Scientifico di A.L.I.Ce. Italia Onlus (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale). Questo sensibile aumento di casi nelle fasce più giovani d’età, purtroppo, è da attribuire in gran parte alla maggior diffusione dell’abuso di alcol e droghe, di cui è nota la capacità di determinare l’insorgenza di ictus o di aumentarne il rischio. L’insorgenza di ictus nei giovani-adulti si associa, inoltre, ad una tasso maggiore di mortalità rispetto ai coetanei e, soprattutto, ad un aumento di disabilità permanente, tanto più grave considerando la lunga aspettativa di vita di chi sopravvive all’ictus”.
Vediamo nel dettaglio il legame tra sostanze da abuso e rischio ictus.
• Alcool etilico. L’abuso etilico, molto frequente nei soggetti giovani, è considerato un fattore di rischio per ictus sia ischemico che emorragico; agirebbe sia come fattore di rischio classico, aumentando di 3-4 volte la probabilità di incorrere in un episodio di patologia cerebrovascolare, sia come fattore precipitante, che determina l’insorgenza dell’evento acuto, in occasione di una forte “bevuta” (“binge drinking”).
Il rischio aumenta proporzionalmente alla quantità di alcool assunta; i “forti” bevitori (oltre 3 dosi standard di alcool al giorno) hanno un rischio aumentato, sia di infarto cerebrale sia di emorragia cerebrale. I “modici” bevitori (2 o meno dosi standard al giorno) hanno un rischio invariato, forse leggermente ridotto per l’ictus ischemico.
• Fumo di sigarette. Il fumo è conosciuto da decenni come un potente fattore di rischio per ictus ischemico, agendo, in particolare, come fattore favorente l’insorgenza di aterosclerosi precoce, sia cerebrale, sia cardiaca, sia renale, sia agli arti inferiori, negli uomini come nelle donne. Aumentando il rischio di cardiopatia ischemica, fattore predisponente per fibrillazione atriale, è anche un fattore di rischio per ictus ischemico cardioembolico. E’ sicura la relazione tra fumo ed emorragia sub-aracnoidea, in particolare nelle donne. Il rischio di ictus è correlato linearmente con il numero di sigarette fumate al giorno. L’aumento di rischio è del 40% circa nei modici fumatori (<10 sigarette al giorno) e dell’80% circa nei forti fumatori (>20 sigarette al giorno). L’aumento di rischio è maggiore nei giovani, essendo di circa 3 volte nei soggetti di età inferiore a 55 anni, mentre di solo circa 1,5 volte nei soggetti più anziani.
• Cannabis. Molti lavori scientifici comprovano, poi, la relazione tra ictus ischemico e l’uso di cannabis. Sono segnalati numerosi casi di ictus ischemico, con una stretta relazione temporale tra esposizione alla cannabis ed insorgenza dell’ictus; in alcuni casi sono segnalate recidive di ictus, dopo un primo episodio legato alla cannabis, in occasione di una nuova esposizione alla sostanza. In circa metà dei casi segnalati, peraltro, non si può escludere del tutto il ruolo di cofattori favorenti come il fumo di tabacco e dell’alcool. Questo dato va evidenziato considerando che i derivati della cannabis sono proposti a scopo terapeutico in diverse patologie, anche neurologiche, e sono presenti in molti Stati e nazioni forti spinte volte alla legalizzazione dell’uso di queste sostanze, quando ciò non sia già avvenuto.
• Cocaina. L’uso di cocaina nelle ore precedenti l’insorgenza di un ictus nei soggetti giovani aumenta di 6,4 volte il rischio della malattia; tale aumento di rischio è maggiore (7,9) per il fumo della sostanza (crack) rispetto all’inalazione (3,5). L’aumento di rischio riguarda, in particolare, gli eventi emorragici ma non sono rare neppure le forme ischemiche. L’aumento brusco della pressione arteriosa causerebbe rottura di malformazioni vascolari pre-esistenti o determinerebbe vaso-spasmo e una trombofilia transitoria alla base delle forme ischemiche.
• Metanfetamina. Sono poi descritti molti casi di emorragia cerebrale conseguenti all’uso di metanfetamina o prodotti simili (Ecstasy, Anfetamina, etc.) verosimilmente legati al potente effetto vasopressorio di queste sostanze.
• Oppiacei. Sono segnalati numerosi casi di ictus, sia ischemico che emorragico, associati all’uso di oppiacei (eroina, in particolare). La patologia ischemica può essere legata ad embolia cardiogena dovuta ad endocardite settica (frequente negli eroinomani che usano la via endovenosa); gli emboli settici possono poi erodere vasi intracranici dando anche emorragie cerebrali.
Oltre agli effetti deleteri di queste sostanze sull’insorgenza di ictus, di non minore importanza sono le alterazioni cerebrali generali legate al loro cronico abuso.
Sono ben noti gli effetti neurotossici dell’abuso alcolico o etilico. E’ stato calcolato che oltre il 25% dei giovani siano forti bevitori e in questi sono scientificamente dimostrate alterazioni importanti delle funzioni cognitive, con ridotta performance ai test di attenzione, memoria, memoria di lavoro, memoria spaziale, funzioni esecutive, oltre ad un rendimento scolastico nettamente inferiore rispetto ai non bevitori.
Analoghi dati sono largamente disponibili sui soggetti utilizzatori cronici di cannabis.
Ben noti da molti decenni i deleteri effetti psico-cognitivi dell’uso cronico di oppiacei, con alta frequenza di «overdose», con possibili effetti letali e gravi problemi d’astinenza, dovuti alla forte dipendenza, alla base di comportamenti criminali, marcato aumento di patologie psichiatriche di tipo psicotico e, infine, problemi psico-sociali per disturbi di apprendimento, attenzione, memoria, tono dell’umore, astenia, abulia, apatia, demenza.