di Ettore Sentimentale
Scrivo nello stesso giorno in cui papa Francesco accoglie a S. Pietro tutti coloro che hanno risposto alla campagna di sensibilizzazione “Rifugiato a casa mia”. Anch’io, a dire il vero, sono stato invitato dalla Caritas diocesana a prendere parte all’udienza papale, ma impegni impellenti legati al servizio in diocesi mi costringono a rinunciare. Ci sarei andato come rappresentante di una comunità che per oltre un anno ha accolto tre giovani che provvidenzialmente hanno trovato lavoro e che rimangono molto legati alla nostra parrocchia.
Colgo l’occasione di questo raduno per invitarvi a non dimenticare il problema dei migranti, “frettolosamente risolto” in questi ultimi mesi – stando a quello che tante agenzie di stampa propinano – dall’interdizione dell’Europa e del nostro governo. Non entro in merito al diritto-dovere di ogni stato di legiferare attraverso “codici” particolari di ostacolare l’approdo di chi scappa da fame, violenze, guerre, sfruttamento delle risorse, miseria … e di rimandare queste persone in prigioni lontane dai loro paesi di provenienza per essere ulteriormente umiliate…Davanti a questo scenario la parola potrebbe risuonare alquanto provocatrice, ma il lemma più consono potrebbe essere “genocidio” o almeno “anticamera di carneficina”.
È per questo che mi corre l’obbligo di ricordare che nella morale cristiana vige l’invito a “trasgredire la legge” per il bene di una comunità. Comunemente questa opzione si chiama “obiezione di coscienza”. Per tanti anni tale espressione è stata osteggiata anche in campo cattolico, basterebbe pensare alla fine “ingloriosa” di don Milani accusato di “apologia di reato” perché difendeva l’obiezione di coscienza davanti al servizio militare…
Voglio però “allargare” il discorso, senza scendere nei particolari, per dire che pur essendo attenti e rispettosi delle leggi, in certi momenti s’impone un’azione di “trasgressione”, parola che suona male alle orecchie di molte persone e forse di moltissimi cristiani.
Cerco di essere più preciso: “trasgredire” nel suo vero senso, significa “andare oltre” le vie convenzionali, comporta un’attenzione a delle situazioni particolari che esigono talvolta delle trasformazioni (non trasformismi) estreme.
Bisogna lottare contro le ingiustizie urlanti per fare progredire il mondo in una nuova direzione che tenga conto di tutte le istanze, ma soprattutto di quelle dei più svantaggiati. Qui ci viene in aiuto don Milani quando affermava: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”.
Questi pensieri – che a tanti potrebbero sembrare elucubrazioni mentali di tarda scuola sessantottina – si innervano nella logica evangelica. Gesù donava fiducia a tutti, aiutava il paralitico a rialzarsi, guariva i malati, andando – se il caso lo richiedeva – contro le leggi esistenti…soprattutto quella che imponeva il sabato (riposo). Il motivo è semplice: la legge, per quanto attenta posa essere, è sempre un po’ in ritardo sulla vita.
L’obiezione di coscienza per portare frutto deve essere “giudiziosa”, vale e dire non può mai essere un pretesto infantile, ma deve proporre con lucidità segmenti di critica costruttiva. Inevitabilmente chi si avventura in tale operazione ha bisogno di molto coraggio per vivere l’isolamento nel quale si verrà a trovare nel confronto con le idee dominanti.
Bisogna chiedere al Signore che dia all’umanità e alla Chiesa dei precursori che preparino – ahimè nell’incomprensione e nel rifiuto – un futuro più giusto e più rispettoso di ciascun uomo.
Come dicevo all’inizio, oggi papa Francesco non solo riceve coloro che in prima linea hanno accolto a casa propria i rifugiati ma lancia pure la campagna che riguarda proprio coloro che scappano per cercare vita sicura e dignitosa “Share the journey” (“Condividiamo il viaggio”).
Se qualcuno pensava che tutto fosse finito, si era sbagliato perché il cristiano è chiamato prendere coscienza delle esigenze del Signore che dice: “Ero straniero. E tu cos hai fatto?”. Se proprio non fossimo capaci di chissà quali grandi cose, facciamo in modo – con la nostra piccola testimonianza – di affermare che prima del denaro viene il diritto e con esso la dignità di tutti gli uomini.